(Avvenire) L’amore coniugale come via della santità

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Gianna, nozze d’oro tra il Cielo e Magenta

Nella stessa chiesa in cui nel ’55 la santa Beretta Molla
pronunciò il suo sì nuziale oggi l’ingegner Pietro e la comunità ricorderanno la grazia di quel sacramento che li ha uniti oltre la morte


Di Luciano Moia



La mattina del 24 settembre 1955 le campane della basilica di San Martino in Magenta suonarono a festa. Era un sabato, proprio come oggi. La lunga navata della chiesa era un trionfo di fiori candidi. Tra i banchi centinaia di giovani di Ac. Quando Gianna si presentò all’ingresso del tempio con il suo vestito luminoso di seta bianca e l’ampio velo, esplosero gli applausi. Uno scroscio lungo, affettuoso, senza interruzione, che l’accompagnò passo dopo passo. Lei, un po’turbata, ma con il cuore raggiante, al braccio del fratello Francesco, sorrideva a tutti. Quando finalmente arrivò all’altare, mentre i battimani delle “sue” ragazze di Ac non accennavano a placarsi, incontrò lo sguardo di Pietro. Fu un lampo d’affettuosa, intensa complicità, mentre le tornavano alla mente le parole scritte qualche giorno prima delle nozze: «È proprio vero che l’amore è il sentimento più bello che il Signore ha posto nell’animo degli uomini. E noi ci vorremo sempre bene come ora, mio caro Pietro».
Di amore parlò anche, nella sua omelia, don Giuseppe Beretta, fratello di Gianna, che celebrava la Messa nuziale. «Siete chiamati a farvi santi nel matrimonio che, come tutte le vocazioni volute da Dio, è una chiamata alla santità».
Sono trascorsi cinquant’anni. Stamattina, nella stessa chiesa, sullo stesso altare, don Giuseppe Beretta, 85 anni, ricorderà quelle parole dense di richiami profetici, nella celebrazione che la comunità di Magenta ha voluto dedicare alla sua santa, nel giorno delle nozze d’oro. Ricorrenza straordinaria, carica di significati inediti nella storia della santità e nella teologia nuziale. Perché lei, proclamata santa da Giovanni Paolo II il 16 maggio 2004, è già nella gloria dei cieli. Lui, 93 anni, sarà invece nel primo banco della basilica per pregare e rendere grazie della straordinaria condizione vissuta in questo mezzo secolo di nuzialità, prima concreta, poi spirituale, comunque piena e appagante. Insieme all’ingegner Pietro Molla, che leggerà anche u n breve ricordo personale (vedi box a fianco) ci saranno la sorella di Gianna, suor Virginia, e i figli Pierluigi, Laura e Gianna Emanuela. Doni di un matrimonio che, nella luce della fede, continua ad essere fecondo cammino spirituale, vita a due di intensa e gioiosa reciprocità, scambio di sensazioni condivise, di preghiera comune, di ascesi senza fine.
Unione di anime, quella di Gianna e di Pietro, e quindi vita nello Spirito, al di là del tempo e dello spazio. Quasi a far risuonare quel «già e non ancora» che nell’esperienza di due sposi, ancora più “uniti” dalla morte di uno dei due, assume risvolti gravidi di promesse eterne. Lei lo scriveva alla vigilia delle nozze, durante il triduo di preghiera deciso da entrambi per prepararsi degnamente al giorno solenne: «La Madonna unirà le nostre preghiere, i nostri desideri e poiché l’unione fa la forza, Gesù non può non ascoltarci e aiutarci».
Ricorda oggi il fratello don Giuseppe: «Fu un giorno meraviglioso quello delle loro nozze anche perché si erano preparati molto bene. Erano davvero intenzionati, come poi avvenne realmente, a trasformare la loro casa in un piccolo cenacolo per fare la volontà del Signore». C’è uno scritto illuminante di Gianna, tratto da una delle sue conferenze alle giovani di Ac, in cui spiega che «vivendo l’amore coniugale si realizza il disegno di Dio e si costruisce la virtù del matrimonio». Ecco perché è sbagliato pensare a Gianna soltanto come alla “santa mamma”, come alla donna che ha scelto di donare la vita per la figlia che aveva in grembo. Non è stato soltanto quel gesto, sicuramente eroico e coraggioso, ad aprirle le porte del paradiso. Le fondamenta della sua santità poggiano nei sette anni di vita coniugale trascorsi accanto a Pietro e ai figli. Santità incarnata nella concretezza del matrimonio e della famiglia. Cammino di quotidianità in cui anche le incombenze più umili e più ordinarie, diventavano alta preghiera. «Sì, pregava perché il Signore le concedesse i figli che ta nto desiderava – continua il sacerdote – pregava per essere una moglie perfetta, pregava per i pazienti affidati alle sue cure». Aveva pregato tanto anche prima delle nozze che lei stessa aveva voluto celebrare nella basilica di Magenta. «Pietro aveva proposto un piccolo santuario a Courmayeur – riprende don Giuseppe Beretta – ma Gianna era stata irremovibile: voleva pronunciare il suo “sì” nella chiesa del suo battesimo e della sua intensa attività di apostolato tra le fila dell’Ac. Anche questa una grande prova d’amore». Mezzo secolo dopo quell’amore senza distinguo è diventato testimonianza eloquente per i nostri anni stanchi e indifferenti. Solo chi ha il coraggio di donarsi interamente a Dio e all’uomo realizza pienamente se stesso.

Avvenire 24-9-2005