“Avvenire”, 25.10.2002
STORIA
Uno studio di Lucetta Scaraffia e Anna Maria Isastia scruta le origini del fenomeno: il problema dei diritti del gentil sesso, le élites borghesi e la questione sociale; ma anche certe spinte spiritualiste Fino a oggi gli storici avevano privilegiato le ragioni politiche, ora emerge anche un fondo culturale condizionato dalla «libera muratoria» Vi furono anche influssi dai gruppi cattolici meno conservatori, segnati dall’esperienza del «modernismo»
Di Marco Roncalli
Due anni fa, Lucetta Scaraffia, recensendo su questo stesso giornale l’edizione dei diari dell’intellettuale Isabella Grassi, auspicava un maggior approfondimento dei rapporti tra le femministe “spiritualiste” cui la Grassi apparteneva – ma anche delle femministe “scienziate” come Maria Montessori – e gli ambienti e le dottrine teosofiche. L’inizio di questo approfondimento, in tutte le sue implicazioni con la cultura italiana tra fine Ottocento e primo Novecento, e allargato agli intrecci tra donne e religione, donne e politica, donne e lavoro, si traduce ora in un volume – da domani in libreria – che la stessa Scaraffia ha scritto con Anna Maria Isastia: Donne ottimiste. Femminismo e associazioni borghesi nell’Otto e Novecento (pagine 312, euro 19, il Mulino). Non un libro a quattro mani, bensì un’opera che si regge sostanzialmente su due parti, due corposi saggi, dal timbro differente e con una loro individuale organicità, che forse potevano essere e diti anche singolarmente.
Nella prima parte Lucetta Scaraffia intraprende una rivisitazione storica che ha lo scopo di recuperare nella loro interezza e complessità le più nascoste radici ideologiche del movimento emancipazionista femminile. E le ritrova scavando nelle vicende di tutto un universo femminile elitario, animato via via da profetesse, teosofe, massoni, moderniste, cattoliche, liberali, futuriste…, paladine della parità, ma non solo di questa. Donne protagoniste: fra loro lontane, ma anche vicine, e fiduciose in una nuova era. Donne anelanti diverse forme di emancipazione, eppure unite nell’ansia di una rigenerazione spirituale e morale vissuta come risposta a chi le teneva ai margini del processo di modernizzazione.
Nella seconda parte Anna Maria Isastia ripercorre invece, dalle origini ai giorni nostri, la storia emblematica del Soroptimist (da “sorores optimae”), che con l’Aidda (L’Associa zione Imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda) è l’unica organizzazione femminile (dagli anni Sessanta aperta anche alle professioniste cattoliche) le cui radici, cadute nell’oblio ma rintracciabili in rituali ancor praticati e affini a quelli massonici, affondano nella spiritualità laica del primo femminismo.
A prescindere dalle vicende riguardanti queste ultime lobby di amiche emancipate nel segno del successo professionale, o dalle descrizioni che ne rivelano tipologia delle socie, vita dei club in Italia o nel mondo, impegno umanitario, credo democratico, visione ottimistica del progresso, del capitalismo, ecc. (si tratta comunque di reti femminili trascurate anche negli studi storici di settore), è più interessante in questa sede soffermarsi sul femminismo delle origini e sottolineare la rilettura che la prima parte di Donne ottimiste offre a proposito della vena esoterico-spiritualista caratterizzante le élites sino all’alba del Novecento. Anche questo un tema trascurato (o rimosso) negli studi sulla storia del femminismo, che, in Italia, hanno generalmente privilegiato aspetti politici, battaglie sull’identità sessuale, sulla trasformazione dei ruoli, ecc.
Eppure, forse non è un caso se, il primo congresso internazionale dei diritti delle donne, a Parigi nel 1878, si tenne nella sala del Grande Oriente di Francia, preparato dai primi fondatori della massoneria mista Maria Deraismes e Léon Richet. Il femminismo, sostiene Scaraffia «non può essere considerato figlio soltanto della democrazia e dell’individualismo borghese, né delle dottrine socialiste». A sostegno della sua tesi ecco passati in rassegna e rivalutati nel loro peso tutti gli influssi che, prima l’ideologia sansimoniana e degli intellettuali romantici, poi le teorie massonico-esoteriche (in particolare quelle propagate dalla leadership della società teosofica con Hélène Blavatskij e Annie Besant), hanno segnato sui primi movimenti. Influssi abbastanza documentati per il femminismo italiano di matrice democratico-mazziniana, ma dai quali non furono esenti neppure piccole frange cattoliche, quello di stampo cattolico meno conservatore o, meglio, legate al modernismo.
Al di là delle distinzioni, degli obiettivi comuni o singoli, a ben vedere, tutte queste donne, talora dai percorsi originalissimi tra tradizione e modernità, più che pedine da spostare sulla scacchiera di questo o quel movimento con la sua carica di utopia o di pragmatismo, si palesano veri e propri nodi di una fitta trama di rapporti umani, sociali, artistici, letterari, politici, dove per un lungo periodo ha contato molto lo spirito accanto alla materia, molto la vita interiore accanto all’attivismo, molto il cuore accanto alla ragione.