PROVE DI GMG
La carica dei Papa-boys travolge la fredda Berna
«Aiutaci tu a rialzare le sorti dell’umanità». «Siamo prigionieri di regole e schemi che rischiano di soffocarci. Ma noi vogliamo vivere». Le richieste dei giovani che ieri hanno affollato la «BerArena» per accogliere la proposta del Pontefice
Dal Nostro Inviato A Berna Luigi Geninazzi
Rudi ha un motivo in più per essere felice questa sera. Ha vinto la scommessa che aveva fatto nel 2002 durante la Gmg di Toronto. «Giovanni Paolo II verrà all’incontro coi giovani a Berna», aveva detto con grande convinzione ai suoi amici che l’avevano preso in giro. Figurarsi, il Papa riduce i viaggi e poi se ne va in Svizzera per incontrare qualche migliaio di ragazzi? «Va bene, scommettiamo» fu il rilancio di Rudi Palmieri, ticinese di Bellinzona. E adesso eccolo qui, nel palazzo del ghiaccio del Bern Arena, che per una sera si è riempito di calore e di entusiasmo giovanile per la presenza di un anziano Pontefice che non finisce di sorprendere. Si è rimesso in cammino, non per incontrare leaders politici o ecclesiali, ma per rispondere ad un invito spontaneo dei giovani. «All’inizio la cosa sembrava un po’ goliardica – racconta Cristina Fronzun del comitato organizzatore – L’idea è nata mentre eravamo a Toronto. Si discutevano i preparativi del primo incontro nazionale dei giovani cattolici svizzeri e si pensò d’invitare il Papa. L’assenso dei vescovi arrivò in un secondo momento.
E, a dire il vero, c’è sempre stata grande incertezza fino a pochi mesi fa».
Sono arrivati in 12 mila, più del previsto. Ed il loro boato fragoroso accoglie Giovanni Paolo II qunado fa il suo ingresso sulla pedana mobile nell’Arena, in mezzo alle alabarde delle guardie svizzere.
È una standig ovation che sembra non finire mai, tra bandiere di varie nazioni, palloncini e astucci colorati che abbracciano la bianca figura del Papa, visibilmente commosso. «Steh auf», Alzati, è il motto evangelico che campeggia sui manifesti e costituisce il tema conduttore dell’incontro. Sembra un paradosso: c’è un anziano costretto all’immobilità che esorta i giovani a mettersi in piedi. Ma è proprio per questo che si è rimesso in viaggio, sfidando la vecchiaia e la malattia.
«Aiutaci tu, dicci come è possibile rialzare l’umanità ferita dei nostri giorni» chiede una ragazza di Ginevra. «Siamo prigionieri di regole e di schemi che rischiano di soffocarci. Ma noi vogliamo vivere» è l’appello di un giovane di Lugano. Che conclude il suo intervento dicendo: «Santità, tu sei uno di noi».
Per ascoltarlo e stargli vicino sono arrivati da ogni angolo della Confederazione, con 17 treni speciali. Il più lungo è partito dal Ticino, 14 vagoni con 1500 ragazzi, tre volte più di quanto avevano preventivato gli organizzatori. Circa 4.000 arrivano dai Cantoni francofoni.
Poco più di 2.000 dalla Svizzera tedesca, quella che vanta il maggior numero di abitanti ma che vede la Chiesa in forte crisi. C’è stato un grande sforzo per mettere insieme gruppi diversi, dalle parrocchie ai movimenti. Focolari, Cl, Opus Dei, Neocatecumenali, Jugend 2000, l’intera galassia dei movimenti ecclesiali ha portato a Berna migliaia di aderenti. Più tiepide le associazioni istituzionali come la Jungwacht che sulla carta vanta 30 mila iscritti ma che all’incontro di Berna ha inviato soltanto poche centinaia di ragazzi. Moltissimi invece gli stranieri delle Missioni cattoliche in Svizzera. È un concentrato di nazionalità: kosovari da Sant Gallen, portoghesi e brasiliani da Ginevra, spagnoli da Friburgo ai quali si sono aggiunti gruppi dall’Italia, dalla Germania e, immancabilmente, dalla Polonia.
Fin dalla mattinata la fredda ed elegante capitale elvetica è attraversata da lunghi cortei di ragazzi, magliette sudate, zaini in spalla ed occhi al cielo dove si staglia un arcobaleno benaugurante dopo tanti giorni di pioggia. In Baerenplatz, la piazza centrale che sorge davanti al palazzo federale, la gente che s’attarda alle bancarelle del mercato li guarda come fossero marziani. Chi l’avrebbe detto: Berna, «tanto lontana da Roma« (così ha titolato il quotidiano Bund) invasa dai Papa-boys! È una nuova generazione che rompe il vecchio stereotipo della Svizzera indifferente e anti-papista. La prima canta festosa per le strade della città, la seconda ha evitato di affiggere anche un solo manifesto di benvenuto a Giovanni Paolo II. È la Svizzera dei soldi. «Perchè bisogna pagare 40 franchi per vedere il Papa?» è la domanda provocatoria che mi rivolge il taxista. Inutilmente cerco di spiegargli che quella somma, poco meno di 30 euro, è richiesta per il vitto e l’alloggio, non per l’incontro al Palaghiaccio. È la Svizzera dei sondaggi che, non potendo più contare sulle proteste dei «cattolici di base», come avvenne durante la visita del Papa nel 1984, si affida alle indagini d’opinione dove emerge che il 70 % dei cattolici vuole che il Papa dia le dimissioni, l’89 % pensa che i preti si debbano sposare e il 76 % che il sacerdozio sia allargato alle donne.
Giovanni Paolo Ii va oltre, guarda più lontano, punta sui giovani.
Intende sostenere un nuovo modo di essere Chiesa, giovanile, festoso e pieno di speranza, contro un modo grigio, crepuscolare e ripiegato su se stesso. Non a caso si rivolge ai giovani contrapponendo «il mesto corteo» chi chi va verso la morte e «il gruppo festoso» di chi segue Cristo. È la fotografia del cattolicesimo europeo. Per questo, dice, «la Chiesa ha bisogno delle vostre energie». È la scommessa dell’anziano Pontefice sui giovani. Più difficile di quella vinta da Rudi. Ma val la pena puntarci.
6-6-2004 Avvenire