POLEMICHE IN VENEZUELA
Dure le reazioni del governo alle critiche. Il presidente parla di «bugiardi» e «manipolatori» Ma cresce il timore tra la gente
Caracas, i vescovi sfidano Chavez e la «rivoluzione»
I
presuli sono preoccupati della deriva dittatoriale che il leader sta
imponendo con le riforme costituzionali, prima fra tutte la possibilità
di prolungare il suo mandato
Di Michela Coricelli
Hugo Chavez ha avviato il Venezuela verso una «dittatura». La
drammatica denuncia dell’arcivescovo di Mérida, monsignor Baltazar
Porras, era arrivata da Cuba, dove si è svolta la XXXI Assemblea
generale del Celam (il Consiglio episcopale latinoamericano).
Particolarmente significative le parole di Porras, che giungono da
un’isola comunista continuamente invocata da Chavez come esempio. In
Venezuela è un refrain costante: si ripete continuamente che «la
società verso la quale camminare è la cubana, o quella della Corea del
Nord o l’Iran», ricorda l’arcivescovo. «Tutti modelli molto criticati
dalla società internazionale, oggi», ma non da Caracas. «A partire
dalle elezioni di dicembre è stato accelerato il processo
rivoluzionario», attraverso «il sequestro di tutti i poteri pubblici da
parte dell’esecutivo». Attualmente, in Venezuela, «tutte le istituzioni
o le persone che non sono inquadrate nel processo rivoluzionario sono
considerate nemiche». Questa svolta ha portato un «clima di enorme
tensione e di esclusione, nel quale rientra anche la Chiesa». Verso chi
la pensa differentemente, non ci sono «solo critiche, ma anche
insulti». Non basta. Chavez sta anche cercando di «sequestrare il
linguaggio religioso comune», parlando della sua fede cristiana e
citando le frasi del Vangelo. Negli ultimi giorni le relazioni fra
Chavez e la Conferenza episcopale venezuelana (Cev) sono nuovamente
molto tese.
Il dialogo non è mai stato particolarmente fluido: fin dalla prima
elezione dell’ex paracadutista, nel 1999, il rapporto è sempre stato
difficile. Nell’ultimo anno la relazione era migliorata, ma il disgelo
è durato ben poco. Al governo non è piaciuto affatto il documento
pubblicato dalla Conferenza episcopale sabato scorso, al termine della
plenaria. I vescovi venezuelani accusano il governo di dirigersi verso
«un sistema socialista fondato sulla teoria e la pratica del
marxismo-leninismo» e criticano lo slogan «patria, socialismo o morte»
scelto da Chavez. Ma s
oprattutto la Cev boccia la prossima modifica della Costituzione che il
presidente ha avviato senza coinvolgere tutta la società venezuelana,
in nome di quello che definisce «socialismo del XXI secolo».
Con la riforma della Carta Magna, Chavez punta alla possibile
rielezione presidenziale indefinita (l’incarico oggi è permesso un
massimo di due volte), alla ristrutturazione del modello territoriale e
alla trasformazione socialista del paese sudamericano. Ma per ora
nessuno sa realmente cos’altro contiene la riforma, perché la sua
elaborazione è stata affidata ad una commissione ad hoc che ha lavorato
in modo «confidenziale» (ovvero ermetico). La prima bozza è stata
consegnata a Chavez, che potrebbe presentarla al Parlamento nei
prossimi giorni, una volta conclusa la Coppa America di calcio.
Dopo il documento della Cev, il ministro degli Esteri Nicolás Maduro ha
accusato i vescovi di comportarsi come «inquisitori politici», seguendo
un «manuale da Guerra fredda». Durissime anche le parole di Chavez, che
ha definito i membri della Conferenza dei «bugiardi» e dei
«manipolatori».
Ma le critiche dei vescovi – fanno notare molti osservatori –
riflettono pienamente le inquietudini e i timori di buona parte della
società venezuelana.
Avvenire 14 luglio 2007