Il Papa: 4 principi fondamentali
per fare un mondo più giusto
Dignità della persona umana,
bene comune, sussidiarietà, solidarietà. Sono i quattro «principi fondamentali
della dottrina sociale cattolica», da riaffermare per affrontare «gli
imperativi dell’umanità all’alba del XXI secolo». È quanto ha ribadito ieri
Benedetto XVI, nel discorso rivolto ai partecipanti alla Sessione plenaria della
Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, del quale pubblichiamo di seguito
ampi stralci.
Nella
scelta del tema «Perseguire il bene comune: come solidarietà e sussidiarietà
possono operare insieme» avete deciso di esaminare l’interrelazione fra quattro
principi fondamentali della dottrina sociale cattolica (…). Queste realtà
chiave, che emergono dal contatto diretto fra il Vangelo e le concrete
circostanze sociali, costituiscono una base per individuare e affrontare gli
imperativi dell’umanità all’alba del XXI secolo, come la riduzione delle
ineguaglianze nella distribuzione dei beni, l’estensione delle opportunità di
educazione, la promozione di una crescita e di uno sviluppo sostenibili
e la tutela
dell’ambiente. I n che modo la solidarietà e la
sussidiarietà possono operare insieme nella ricerca del bene comune in un modo
che non solo rispetti la dignità umana, ma le permetta anche di prosperare?
Questo è il fulcro del problema che vi interessa. Come hanno già dimostrato i
vostri dibattiti preliminari, una risposta soddisfacente potrà emergere solo
dopo un attento esame del significato dei termini (cfr Compendio della Dottrina Sociale
della Chiesa, capitolo 4). La dignità umana è un
valore intrinseco della persona creata a immagine e somiglianza di Dio e redenta
in Cristo. L’insieme delle condizioni sociali che permettono alle persone di
realizzarsi collettivamente e individualmente è il bene comune. La solidarietà
è la virtù che permette alla famiglia umana di condividere in pie- nezza il tesoro dei
beni materiali e spirituali e la sussidiarietà è il coordinamento delle
attività della società a sostegno della vita interna delle comunità
locali.
T uttavia, queste definizioni non
sono che l’inizio e possono essere comprese adeguatamente solo se vengono
collegate organicamente le une alle altre e considerate di sostegno reciproco.
All’inizio possiamo tratteggiare le interconnessioni fra questi quattro principi
ponendo la dignità della persona nel punto di intersezione di due assi, uno orizzontale,
che rappresenta la «solidarietà » e la «sussidiarietà», e uno verticale, che
rappresenta il «bene comune». Ciò crea un campo su cui possiamo tracciare i vari
punti della dottrina sociale cattolica che formano il bene comune.
S ebbene questa analogia
grafica ci offra un’immagine approssimativa di come questi principi siano
imprescindibili gli uni dagli altri e necessariamente interconnessi, sappiamo
che la realtà è più complessa. Infatti, le profondità insondabili della
persona umana e la meravigliosa capacità dell’umanità di comunione spirituale,
realtà queste pienamente dischiuse solo attraverso la rivelazione divina,
superano di molto la possibilità di rappresentazione schematica. In
ogni caso, la solidarietà che unisce la famiglia umana e i livelli di
sussidiarietà che la rafforzano dal di dentro devono essere posti sempre entro
l’orizzonte della vita misteriosa del Dio Uno e Trino (cfr Gv
A 5, 26; 6, 57) (…)
mici, vi invito a permettere a questa verità fondamentale di permeare le
vostre riflessioni: non solo nel senso che i principi di solidarietà e di
sussidiarietà sono indubbiamente arricchiti dal nostro credere nella Trinità, ma
in parti-
colare nel senso che tali principi hanno la potenzialità di porre uomini e
donne lungo il cammino che conduce alla scoperta del loro destino ultimo e
soprannaturale (…) Q uando esaminiamo i principi di
solidarietà e di sussidiarietà alla luce del Vangelo, comprendiamo che non
sono semplicemente «orizzontali»: entrambi possiedono un’essenziale
dimensione verticale. Gesù ci esorta a fare agli altri ciò che vorremmo fosse
fatto a noi (cfr Lc 6, 31), ad amare il nostro prossimo
come noi stessi (cfr Mt 22, 35). Questi
comandamenti sono iscritti dal Creatore nella natura stessa umana
(cfr
Deus caritas est, n. 31). Gesù insegna che questo
amore ci esorta a dedicare la nostra vita al bene degli altri (cfr Gv 15, 12-13). In questo
senso la solidarietà autentica, sebbene cominci con il riconoscimento del pari
valore dell’altro, si compie solo quando metto volontariamente la mia vita al
servizio dell’altro (cfr Ef 6, 21). Questa è la dimensione
«verticale» della solidarietà: sono spinto a farmi meno dell’altro per
soddisfare le sue necessità (cfr Gv 13, 14-15), proprio come
Gesù ‘si è umiliato’ per permettere agli uomini e alle donne di partecipare alla
sua vita divina con il Padre e lo Spirito (cfr Fil 2, 8; Mt 23, 12).
P arimenti, la
sussidiarietà, che incoraggia uomini e donne a instaurare liberamente rapporti
donatori di vita con quanti sono loro più vicini e dai quali sono più
direttamente dipendenti, e che esige dalle più alte autorità il rispetto di tali
rapporti, manifesta una dimensione «verticale» rivolta al Creatore dell’ordine
sociale (cfr Rm 12, 16, 18). Una società che onora
il principio di sussidiarietà libera le persone dal senso di sconforto e di
disperazione, garantendo loro la libertà di impegnarsi reciprocamente nelle
sfere del commercio, della politica e della cultura (cfr Quadragesimo
anno,
n. 80). Quando i responsabili del bene comune rispettano il naturale desiderio
umano di autogoverno basato sulla sussidiarietà, lasciano spazio alla
responsabilità e all’iniziativa individuali, ma, soprattutto, lasciano spazio
all’amore (cfr Rm 13, 8; Deus caritas
est, n.
28), che resta sempre la «via migliore di tutte» ( 1 Cor 12,
31).
N el
rivelare l’amore del Padre, Gesù ci ha insegnato non solo come vivere da
fratelli e sorelle qui, sulla terra, ma anche che egli stesso è la via verso la
comunione perfetta fra noi e con Dio nel mondo che verrà (…). Mentre vi
adoperate per elaborare modi in cui uomini e donne possano promuovere al
meglio il bene comune, vi incoraggio a sondare le dimensioni «verticale » e
«orizzontale» della solidarietà e della sussidiarietà. In tal modo, potrete
proporre modalità più efficaci per risolvere i molteplici problemi che
affliggono l’umanità alla soglia del terzo millennio, testimoniando anche il
primato dell’amore, che trascende e realizza la giustizia in quanto orienta
l’umanità verso la vita autentica di Dio (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale
della Pace 2004).
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«Promuoviamo l’agape, cultura del dono
disinteressato»
DA ROMA LUIGI DELL’AGLIO
L a cultura del dono
disinteressato e reciproco può essere la via per realizzare il bene comune e
rendere più giusta l’economia. La Pontificia Accademia delle Scienze Sociali,
in sessione plenaria in Vaticano, tocca due punti chiave della questione. La
dottrina sociale della Chiesa contiene fra i suoi principi basilari proprio la
più profonda etica del dono e della solidarietà. Inoltre, alcune iniziative
dimostrano che la cultura del dono è molto efficace. Marcelo Sanchez Sorondo,
cancelliere dell’Accademia, ha rilevato che, per un autentico cristiano, la
cultura del dono disinteressato è connaturale. «Nei confronti del prossimo,
anche se si tratta di un nemico, ognuno di noi ha sempre un debito d’amore.
Perché tutti i principi sociali sono condensati in un comandamento: ‘Devi amare
il tuo prossimo come te stesso’. Li riassume tutti perché l’amore per il
prossimo comprende l’amore divino, quando noi amiamo
il nostro
prossimo per amore di Dio».
Sanchez Sorondo cita Soren Kierkegaard che si
rifà a san Paolo: l’amore è ciò che costruisce, compiere un atto d’amore
significa edificare. Nell’intervento del cancelliere dell’Accademia, c’è una
parola che riassume in sé tutti i significati e tutte le forme del dono e della
generosità per il prossimo. La parola – Agape (dal greco ‘agàpe’:
amore) – identifica il convito presso i primi cristiani, più in generale designa
la comunità unita da vincoli di amore fraterno e, infine, indica la carità.
Dio accorda all’essere umano di partecipare alla natura divina, all’amore che
il Creatore prova per le creature.
Da queste premesse Sanchez Sorondo fa
scaturire la natura speciale dell’Agape, della carità, cioè del dono
disinteressato che non si aspetta nulla in cambio. «E nonostante i suoi
difetti, la globalizzazione può favorire, con le comunicazioni e con la
conoscenza, nuovi modi di reciproca
solidarietà».
Grande attenzione ha manifestato il convegno anche quando
sono state illustrate iniziative che rappresentano concreti esempi di
solidarietà e sussidiarietà realizzate. A Salvador Bahia (Brasile), la
fondazione Avsi, che opera in 39 Paesi con 111 progetti di cooperazione, ha
portato a termine un programma di sviluppo nel campo dell’educazione
coinvolgendo 500 mila abitanti delle favelas. Come ha spiegato il
segretario
generale Alberto Piatti, il punto di partenza è stato l’aiuto alle famiglie di
Novos Alagados, un terzo delle quali trovava riparo dalle intemperie in case
costruite su palafitte. «Tanti giovani che vivevano in un contesto di
precarietà, emarginazione e violenza sono entrati, grazie allo studio, in
un’altra dimensione di vita, scoprendo la loro dignità di persone e il gusto di
disegnare il loro futuro».
Una formula che riscuote successo è anche quella
dei Banchi alimentari. In Italia, quasi il 5% delle famiglie non riesce ad
acquistare il cibo necessario. Si tratta di anziani soli e di famiglie con un
solo genitore o con due o più figli. Giorgio Vittadini, presidente della
Fondazione per la Sussidiarietà, racconta come è nato il Banco alimentare in
Italia. La prima idea l’aveva avuta, nel 1967 a Phoenix (Arizona), John Van
Hengel, fondatore dell’America’s Second Harvest (il ‘secondo raccolto’, quello
prodotto dalla generosità), procurandosi eccedenze
alimentari.
Nel 1989 la formula viene
trapiantata in Italia e oggi la rete della Fondazione è imponente: il ‘secondo
raccolto’ tocca le 58 mila tonnellate, ingente il numero di magazzini, celle
frigorifere e furgoni. Ora che aumenta la domanda di prodotti agricoli da
trasformare in biocombustibili, dice Vittadini, le eccedenze diminuiscono e
allora bisognerà cambiare strategia, con acquisti diretti dalle
imprese.
Avvenire 4-5-2008