(Avvenire) Guareschi e l’intuizione del ‘nodo’ bioetico

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«Guareschi aveva intuito i problemi già negli anni ’50»

Giovannino Guareschi, il geniale creatore di Peppone e
don Camillo, aveva intuito già negli anni ’50 che di lì
a poco tempo l’umanità sarebbe andata incontro a una
profonda crisi d’identità.
Ciò si sarebbe materializzato in tutta la sua drammatica
evidenza proprio sul terreno della bioetica.
È probabile che a Guareschi non sarebbe andata a genio
questa parola astrusa, «bioetica».
Tuttavia, questo non ha impedito allo scrittore di
occuparsi in più riprese, e con accenti che non esitiamo
a definire profetici, di questioni di bioetica. Una delle prove più clamorose è un racconto del 1967,
inedito perché il giornale cui fu inviato preferì non
darlo alle stampe.
Quando Giovannino scrive, in Italia l’aborto è ancora un
reato.
Mette al centro della narrazione un embrione, e gli lascia
la parola affinché possa difendere i suoi diritti traditi.
Come spunto un fatto di cronaca nera: un delitto d’onore.

D’improvviso, l’attenzione del lettore viene rapita da un
nuovo personaggio, quasi «fatto d’aria»: è il bambino che
l’Esterina, la vittima, portava in grembo; egli dialoga
con un magistrato.
«Io sono il figlio dell’Esterina. Ammazzando mia madre, mio
padre ha ammazzato anche me. E di questo si doveva pure
tener conto!».
«No, ragazzino. Non si può uccidere chi non è nato. Se un
individuo non è nato, legalmente non esiste… Tu non hai
nessun diritto perché non sei una persona fisica».
«Però sono morto!»
«E come può morire chi non è nato?»….
Il vecchio scosse il capo: «Che gioventù! Non sono ancora
nati è già accampano dei diritti!»…

Guareschi illumina con amara ironia il drammatico scenario
del rapporto fra la vita umana prenatale e la società
moderna.
Scenari per i quali aveva già trovato una risposta decisa,
inoppugnabile, espressa in quella frase ironica che
contiene una verità rovesciata.
Sembrano fatti d’aria anche oggi, quei bambini, perché il
mondo non riesce a vederli, a coglierne la presenza.
Quasi che fossero una verità di fede, un dogma cattolico.
E non una faccenda di carne e di sangue, di muscoli e di
tendini, un cuore pulsante.

Giovannino aveva dimostrato di percepire la presenza di
questi piccoli uomini che sono i nascituri già diversi
anni prima.
Accanto ai due figli Alberto e Carlotta, in casa Guareschi
sarebbe dovuto arrivare un altro fratellino, che purtroppo
non ce l’aveva fatta.
Guareschi… lo presenta ai lettori all’interno del «Diario
clandestino».

«Giovannino.. è solo, ma non è solo. La vita gli diede tre
figli, ma il secondo non ebbe niente dalla vita… perché
quando nacque già la morte l’aveva agghiacciato. Ma egli
ravvivò la bocca muta con un soffio del suo respiro; accese
gli occhi spenti con un po’ di luce dei suoi occhi, e gli
fece un nome con un pezzettino del suo cuore: Ci.
E Ci – non nato – visse.
E fu sempre con suo padre, e anche ora è qui con lui, e
nessuno lo sa… Ha tre figli: due sono il legame fra lui
e la vita; Ci è il legame fra lui e la morte.
Due gli fanno dolce la vita; Ci gli fa dolce la morte».

Tutti ricordano il romanzo di George Orwell «1984», utopia
rovesciata che descrive un mondo in cui ogni persona è
controllata in tutta la sua esistenza, tradotta in Italia
nel 1950.
Qualche anno prima, Guareschi scrive un breve racconto
che anticipa il canovaccio di Orwell: «Il mondo non è
rotondo».
«Sommi Turisti girarono il mondo.. poi si riunirono a
congresso per riferire (…)
«Io – disse il secondo – ho trovato il paese dove le
macchine hanno preso il posto degli uomini…
E l’uomo si trovò un bel giorno prigioniero del suo
capolavoro. (…) è sorvegliato continuamente da
invisibili raggi che registrano ogni suo gesto, che
controllano perfettamente il funzionamento del suo
organismo…
L’uomo deve fare soltanto quel che gli dicono le macchine.
Niente altro».
«Questo mi sembra molto bello – osservò il presidente –
L’uomo così non può sbagliare mai. E quegli uomini sono
contenti».
«No, anzi cercano di sfuggire: ma vengono ripresi
immancabilmente.. Tutto, in fondo, è matematica».

Vi è in queste parole la fotografia del riduzionismo che
ha colpito la scienza moderna, il pensiero filosofico di
questo secolo.
Tutto può essere misurato, tutto può essere ridotto a
numero, a calcolo.
L’anima dell’uomo e l’infinito cielo stellato costretti
dentro le anonime cifre di un’equazione.
La ragione paralizzata e mortificata dal razionalismo.
Gli uomini del paese descritto da Guareschi, come il
protagonista di «1984», hanno però un ultimo, disperato,
sussulto: «Compongono poesie.
Però a memoria, clandestinamente: la macchina permette di
scrivere poesie solo a coloro che dalle radiazioni
magnetiche risultino atti».

Mario Palmaro
* Filosofo del diritto, Università Regina Apostolorum

(C) Avvenire-Bologna7, 20 luglio 2003