Gran Bretagna, trattamenti di fertilità gratuiti in cambio di cellule uovo Cosa non farebbero i tecnoscienziati per ottenere ovociti a buon mercato Solo le donne possono ribellarsi a questa autentica Eugenia Roccella
«rapina» e custodire la sacralità della vita
Ufficialmente, l’unico scopo di tecniche come la fecondazione in vitro sarebbe quello di aiutare le coppie infertili ad avere figli. Durante la campagna referendaria contro la legge 40, la propaganda sulla procreazione assistita è stata sempre focalizzata sulla generosità della scienza medica, votata ad un compito di disinteressato sostegno alla maternità. L’obiettivo di tutti i medici e gli scienziati che volevano abbattere i limiti posti dalla legge italiana sembrava essere solo quello di ottenere più bambini. Alle obiezioni di chi temeva gli eccessi di stimolazioni ormonali necessari per produrre più ovociti, e voleva evitare la produzione indiscriminata di embrioni sovrannumerari, si rispondeva che in questo modo si sarebbero avute meno nascite.
Ad oltre un anno dall’approvazione della legge, abbiamo visto che le nascite non sono affatto diminuite, e la pratica di impiantare un solo embrione è ormai quella più consigliata. Ma si è anche chiarito il motivo dell’insistenza di tanti scienziati per ottenere la sovrapproduzione di ovociti, oltre che di embrioni. Ovuli ed embrioni sono infatti il petrolio della ricerca biomedica, la rara materia prima senza la quale tutto si blocca. L’altro ieri la Human fertilisation and embriology authority, l’ente nazionale inglese di bioetica, ha stabilito: alle donne che donano una parte di ovociti alla ricerca verrà garantita la possibilità di accedere gratuitamente ai trattamenti di fertilità. In questo modo si spera che gli scienziati possano avere un buon numero di ovociti per la creazione di embrioni da laboratorio (destinati cioè ad essere distrutti). Negli Usa, invece, il mese scorso gli scienziati di Harvard hanno lanciato un disperato appello alle giovani donne «fertili e in buona salute» perché offrano ovuli per gli esperimenti di clonazione terapeutica: gli ovociti che provengono dalle pazienti infertili che si sottopongono alle tecniche di procreazione assistita sono considerati infatti di scarsa qualità, poco adat ti alla ricerca avanzata. Uova di seconda scelta, insomma.
Non riusciamo ormai a reprimere il sospetto che l’insistenza di tanti medici e ricercatori nel voler abrogare con il referendum i paletti imposti dalla legge 40, non fosse dovuta a una disinteressata vocazione a incrementare le nascite e ad esaudire i desideri di maternità delle donne, bensì a quella che le autrici del libro “Madri selvagge”, Paola Tavella e Alessandra Di Pietro, hanno definito «la rapina delle uova». Più che come potenziali madri, le donne sono viste come fabbriche di ovuli, materia essenziale per la creazione della vita, che i laboratori non sono ancora riusciti a produrre in proprio.
Il potere di generare, che è stato finora amministrato con secolare sapienza materna dalle donne, e che la tecnoscienza vorrebbe per sé, è affidato a quest’ultimo baluardo naturale, la misteriosa e preziosa cellula uovo.
Se non riusciranno a penetrarne il mistero, i nostri Frankestein della manipolazione genetica dovranno fermarsi, e lasciare alle donne la custodia della sacralità della vita.
Avvenire 30-7-2006