Sulla vertenza Dico pittoresca espressione di Maria Laura Rodotà Il vezzo di insultare i «pirla» che qualche argomento lo portano Francesco D’Agostino
Maria Laura Rodotà riconosce di essere stata maleducata. Rispondendo a un messaggio sul forum Avanti Pop del “Corriere.it”, ha scritto che tutte queste polemiche sui Dico «hanno dato la stura ai pirla». Poi, su “Io-donna” del 24 febbraio, si è pentita, ma a modo suo: «Me ne scuso. Però lo penso».
Dato che pretendo di essere inserito da Maria Laura Rodotà (ma probabilmente lo sono stato già) tra i «pirla», «irrispettosi verso la vita personale e sociale e verso i sentimenti più profondi di molta gente», penso di poter dire anch’io «come la penso». E la penso in modo semplicissimo: quando l’argomentazione è sostituita dall’insulto o dall’invettiva, c’è poco da stare allegri. Perché questa è la situazione del dibattito italiano attuale sulla famiglia e sulle convivenze: da una parte c’è chi insulta, poi si scusa e poi torna ad insultare («però lo penso»), dall’altra (quella dei «pirla») c’è chi con pazienza riflette ed argomenta.
Quando si riflette sul serio sulla realtà della famiglia, si scoprono alla fine inevitabili convergenze su alcuni punti fermi: la famiglia non è una “invenzione” storico-sociale, attribuibile a una cultura e a una determinata epoca, bensì una struttura antropologica fondamentale; l’uomo, così come è l’unico animale che parla, l’unico animale che ride (e, purtroppo, anche l’unico animale che fa ridere), l’unico animale che seppellisce i propri morti, è l’unico animale che si sposa; le determinazioni giuridiche della famiglia variano nei secoli e secondo le diverse culture, ma la sua funzione antropologica – garantire l’ordine delle generazioni – resta costante; questa che chiamiamo garanzia dell’ordine delle generazioni non si appoggia ad impulsi istintuali o biologici, ma si determina a partire da una specifica volontà, quella di un uomo e una donna di essere pubblicamente riconosciuti marito e moglie; nelle prospettive religiose e filosofiche più profonde, questa volontà è b en compresa come specificamente etica: di qui l’esigenza che la volontà sia matura, consapevole, libera, che esprima cioè la piena intenzione di un soggetto di unirsi per tutte le dimensioni della sua vita personale al coniuge, per costruire quel luogo di comunicazione totale (secondo l’espressione del sociologo Niklas Luhmann) che è la comunità familiare.
Studiando da anni la famiglia, sono giunto a pensarla in tal modo. Sarò quindi un «pirla», secondo la pittoresca espressione della Rodotà, ma almeno (spero che questo mi venga riconosciuto) uno dei tanti pirla che portano qualche argomento (e non si limitano a fare “proclami”) e che sarebbero felicissimi, invece di essere insultati, di ascoltare almeno una volta, da parte di chi non è d’accordo con loro, argomenti veramente alternativi, dotati di consistenza. Non basta, per andare a fondo sul problema della legalizzazione delle convivenze, parlare di «diritti che nell’Europa avanzata sono acquisiti da tempo», o fare l’elogio di Tony Blair che ha da poco vietato alle agenzie cattoliche per l’adozione di discriminare le coppie gay. Vogliamo ascoltare argomenti consistenti, non essere esortati ad imitare gli errori altrui. Vogliamo che tutti, proprio tutti, si mettano a pensare: insultare può essere divertente, ma non può sostituire il buon uso dell’intelligenza.
27-2-2007