Molte recenti vicende di cronaca minorile ci hanno colpito in profondità perché hanno rivelato casi di inganno e violenza sistematica contro i nostri figli e un odio sistematico contro la famiglia.
Il Forteto, Bibbiano, le ingenti risorse all’educazione gender da parte del Comune di Milano, riduzione Lgbt tramite Paperino… hanno fatto emergere il problema della sicurezza dei nostri bambini, ragazzi e giovani agli educatori, agli operatori dei servizi sociali, ai giudici per i minori, agli “esperti”, agli animatori… alle “istituzioni”.
Un tempo l’esistenza di una diffusa etica pubblica garantiva i genitori.
Nella società c’era una comune valutazione dell’importanza del capitale sociale da formare ad alcuni valori ritenuti fondamentali.
L’onestà nel comportamento, il rispetto tra i sessi, la centralità dei genitori nell’educazione, l’aiuto delle istituzioni verso la famiglia naturale, una condivisa religiosità che abituava alla coscienza del bene e del male e del rapporto di alcuni nostri comportamenti con l’Assoluto, permettevano ai genitori una certa tranquillità quando mandavano il figlio in gita, in “colonia” al mare, al campo-scuola, perfino quando lo mandavano in strada o in piazza a giocare a pallone, o dal bottegaio a fare la spesa.
Non parliamo poi di quando lo mandavamo a scuola.
I servizi sociali allora erano marginali.
Vigilanza
Oggi non è più così.
Come Pastore, ritengo che genitori e famiglia dovrebbero tenere maggiormente presenti alcuni aspetti nuovi e pericolosi del modo in cui la nostra società tratta i nostri figli, soprattutto perché la loro manipolazione è organizzata, pianificata e istituzionalizzata.
Il caso di Bibbiano lo dimostra ampiamente.
Dietro c’era una precisa ideologia che mirava a distruggere la famiglia.
In questo caso erano operative molteplici complicità, legate tra loro non solo da interessi economici ma anche da quelli ideologici.
Il salto di qualità (in senso negativo) è qui evidente: non si tratta di abusi o violenze condotte da individui disturbati o avidi, ma di una pianificazione tra servizi sociali, ambienti giudiziari, educatori e malviventi (con connivenze anche politiche).
Le nostre famiglie non sono abituate a tenere presenti queste reti di collaborazioni per un fine malvagio.
Qualcosa di analogo lo avevamo del resto già verificato nel mondo della scuola pubblica a proposito dell’implementazione dell’agenda educativa ispirata al gender.
Già in questo caso si era visto che esiste un legame stretto tra funzionari degli enti pubblici (per esempio di Un Comune per le scuole materne da esso dipendenti), dirigenti scolastici, insegnanti e associazioni LGBT cui venivano appaltati i progetti educativi omosessualisti.
Già allora si era parlato di “istituzionalizzazione” della deformazione educativa dei nostri bambini.
Le cose nel frattempo si sono purtroppo evolute.
Oggi è richiesto l’impegno
Queste considerazioni conducono certamente ad aumentare la sorveglianza, ad esaminare i programmi e i progetti, a verificare la qualità umana e morale degli educatori ad unirsi tra genitori e famiglie per darsi informazioni sui servizi pubblici rivolti ai bambini e ai giovani.
Portano però anche più in là, ossia alla decisione di mettersi a gestire in proprio molte attività educative o ludiche o di recupero relative ai nostri figli.
Spingono a creare forme organizzate di solidarietà tra famiglie, affinché quelle in difficoltà non siano solo nelle mani di interventi istituzionali.
Non c’è solo da aprire gli occhi e da denunciare, c’è anche da impegnarsi in prima linea per dare una chiara connotazione umana e cattolica alle iniziative verso i giovani, ragazzi e famiglie.
Le scuole parentali sono un primo esempio di un impegno di questo genere.
I genitori sanno chi sono gli insegnanti dei propri figli e cosa insegneranno loro.
Ma anche tante altre attività possono essere gestite direttamente e in proprio da famiglie cattoliche, unite tra loro anche in forma di associazione o di cooperativa: campi scuola, vacanze all’estero, campi-lavoro di solidarietà, incontri culturali adatti a giovani e ragazzi, feste in famiglia… fino a forme di affido dei minori come Dio comanda.
+ Giampaolo Crepaldi
Arcivescovo di Trieste
Tratto da: Il Timone, settembre 2019: http://www.iltimone.org/prodotto/timone-187-settembre-2019/
Abstract: Un tempo c’era una diffusa etica pubblica che garantiva una certa tranquillità nell’affidare i figli alle istituzioni. Oggi occorre molta attenzione e capacità di costruire alternative.