“Avvenire”, 9.10.2002
Il bilancio di Ratzinger a dieci anni di distanza dalla pubblicazione
da Roma Salvatore Mazza
Un’attualità che è quella «della verità nuovamente detta e nuovamente
pensata». Che resterà tale «ben al di là dei mormorii dei suoi critici».
Così, alla fine, è inevitabile che resti «deluso» chiunque cerchi nel
Catechismo della Chiesa cattolica «un nuovo sistema teologico o nuove
sorprendenti ipotesi», proprio in quanto «questo tipo di attualità non è
preoccupazione» del testo pubblicato dieci anni orsono. Esso, infatti,
offre, attingendola alla Sacra Scrittura e alla ricchezza complessiva della
tradizione… una visione organica della totalità della fede cattolica, che
è bella proprio come totalità, di una bellezza nella quale riluce lo
splendore della verità».
Non ha celebrato solamente un doppio anniversario, il cardinale Joseph
Ratzinger, aprendo ieri mattina nell’Aula del Sinodo in Vaticano i lavori
del Congresso catechistico internazionale, organizzato dalle Congregazioni
vaticane per il Clero e per la Dottrina della fede per commemorare i dieci
anni dalla nuova edizione del Catechismo e i cinque da quella del Direttorio
generale per la catechesi. Nella sua relazione il prefetto del dicastero
dottrinale della Santa Sede ha infatti tirato il bilancio di questi due
lustri a partire dal «muro di scetticismo, anzi di rifiuto in parti del
mondo intellettuale cattolico», con il quale il nuovo Catechismo si scontrò
fin dalla sua preparazione.
Eppure, ha rilevato il porporato, nella Chiesa era viva la coscienza che
«dopo la svolta epocale del Concilio gli strumenti fino ad allora utilizzati
apparivano come insufficienti». Ma se una parte di essa attendeva con ansia
un nuovo testo di riferimento, un’altra parte «vi era contraria per il
comprensibile desiderio dell’intellettuale di poter sperimentare il più
possibile in uno spazio libero». «Ma la fede – ha osservato Ratzinger – non
è innanzitutto un materiale per esperimenti intellettuali, ma il solido
fondamento sul quale possiamo vivere o morire. E come la scienza non è
intralciata dalle certezze raggiunte, ma anzi le certezze raggiunte sono la
condizione del suo progresso, così anche le certezze che la fede ci dona
aprono sempre nuovi orizzonti, mentre il continuo girare su se stessi della
riflessione sperimentale finisce per annoiare».
Il Catechismo, insomma, come solido punto di riferimento attraverso il quale
si possa «esprimere verbalmente anche in un modo a tutti comune, ciò che
crediamo». «Se ciò non fosse possibile – ha aggiunto Ratzinger – l’unità
della Chiesa, l’unità della fede, l’unità dell’umanità, sarebbe una
finzione». Il cardinale ha quindi analizzato in questa chiave le diverse
sezioni del testo – l’uso della Bibbia, la dottrina dei sacramenti e la
dottrina morale cristiana – rilevando a riguardo di questa terza sezione che
essa «fu certamente la parte più difficile nella elaborazione del libro».
Punto di partenza di questa parte, ha spiegato Ratzinger, è «la
presentazione della dignità dell’uomo, che è allo stesso tempo la sua
grandezza e anche il motivo del suo impegno morale». «La morale per il
Catechismo – ha sottolineato – in continuità con i padri, è la dottrina
delle vita riuscita, l’illustrazione per così dire delle regole per la
felicità», in quanto «impulso primordiale dell’uomo, che nessuno può negare
e al quale ultimamente nessuno si oppone è il suo desiderio di felicità, di
una vita riuscita».
Introducendo i lavori del Congresso, che durerà fino a venerdì e al quale
partecipano circa 200 specialisti di tutto il mondo, il prefetto della
Congregazione per il Clero cardinale Dario Castrillon Hoyos, ha accennato ai
problemi collegati all’«invecchiamento del gruppo dei dirigenti della
catechesi in molte diocesi» e all’«insufficiente ricambio con le nuove
leve».