21/11/2008 11:21
INDIA – PRO ORANTIBUS
Da indù a carmelitana: “Prego e soffro per il mondo, anche per l’Orissa”
di Sr Mary Joseph Krishnan
Nella Giornata Pro orantibus, dedicata alle persone consacrate nella clausura, la testimonianza di una carmelitana indiana, proveniente da una famiglia indù di alta casta. La sua vita quotidiana è piena della preghiera per ogni fatto di cronaca, per la Chiesa perseguitata, per i giovani.
Mumbai (AsiaNews) – La signora Radha Krishnan, una bramina indù che è stata mia insegnante di inglese e scienze sociali negli anni ’70, si è convertita al cattolicesimo e ora è una carmelitana scalza. Tutti i giorni offre la sua vita e le sue sofferenze “per il mondo”.
Radha Krishnan è la quarta figlia di una devota famiglia indù della casta dei bramini degli “Iyengar”. Ha una sorella maggiore e tre fratelli, tutti indù. Quando insegnava al Canossa convent di Mahim (Mumbai) nel 1971-72, era amata da tutti perché era giovane, carina, amichevole. Era l’invidia di tutte le ragazze perché aveva bellissimi capelli neri, molto lunghi, raccolti a treccia.
Nei due anni di insegnamento, a contatto con le suore canossiane, Radha ha percepito una forte e incessante chiamata a donare la vita a Gesù. Dopo la sua conversione è entrata fra le suore canossiane, ma anche là ha sentito di essere chiamata a vivere in profondità la comunione col Signore.
Ho incontrato pochi giorni fa la mia antica insegnante. Ora non si chiama più Radha, ma suor Mary Joseph e da oltre 30 anni vive nel monastero delle carmelitane scalze di Mumbai, ad Andheri East.
Suor Mary Joseph trasuda gioia in ogni parola o gesto; la gioia la rende così luminosa da farla sembrare molto più giovane dei suoi 61 anni. Trascrivo qui cosa mi ha raccontato. NC.
All’età di 24 anni, dopo la mia laurea, ho cominciato ad insegnare inglese e scienze sociali al convento delle Canossiane. Qui, tutti i giorni sono stata a contatto con le suore, proprio all’età in cui la maggior parte delle mie amiche si preparavano al matrimonio.
Ho cominciato a percepire una chiamata urgente e incessante a incontrarmi con Gesù e il mio amore per Lui ha iniziato a crescere. Sentivo un profondo desiderio di conoscerlo, amarlo, servirlo. Amavo il mio lavoro, insegnare a quelle giovani ragazze, ma questa chiamata di essere con Gesù non diminuiva di intensità. A un certo punto sono scappata di casa e ho chiesto il battesimo. Divenuta Radha Maria Krishnan, sono entrata nell’ordine delle suore canossiane.
All’inizio la mia famiglia è rimasta abbattuta dalla mia scelta, gettando vergogna e imbarazzo su di loro. I miei familiari hanno dovuto soffrire umiliazioni dagli altri parenti, essendo di una casta alta di bramini Iyengar, molto tradizionale. La mia conversione al cattolicesimo è stata un affronto all’orgoglio di famiglia. I miei genitori hanno sofferto molto; mia sorella, già sposata, ha dovuto anche lei subire i tormenti dei parenti del marito. Sua suocera era una persona molto religiosa; la sua vita cominciava all’alba con i riti religiosi indù e dedicava il pomeriggio a leggere le scritture sacre dell’induismo.
Ma Gesù non ha mai smesso di amarli. Con gli anni, i miei genitori, e soprattutto mia madre, si è tranquillizzata con la mia vocazione. Mio padre e mia madre sono già morti, ma entrambi si sono riconciliati con la mia scelta. Anche i miei fratelli e mia sorella ora sono riconciliati con il mio essere una religiosa. Talvolta vengono anche a farmi visita al monastero con i loro bambini. Per me è un’occasione di grandissima gioia, perché è il segno che Cristo si è preso cura anche dei miei affetti familiari. Tutti loro sono ancora indù.
Entrata nel convento delle canossiane, sono stata mandata a perfezionare gli studi per ottenere un dottorato. Ma gli studi accademici mi lasciavano molto poco tempo per pregare e questo mi faceva sentire non completa, inquieta. Avevo un profondo desiderio di spendere il giorno e la notte per essere con Gesù, pregando, meditando, condividendo, facendo tutto insieme a Lui. Tutto questo mi riempiva di grande nostalgia.
Dopo un periodo di discernimento, è stato chiaro che ero chiamata alla vita claustrale e nel maggio 1977 sono entrata fra le carmelitane scalze. Questi 31 anni sono stati i più felici e gioiosi della mia vita.
Una volta, durante la ricreazione, ho domandato di poter leggere il giornale quotidiano. Nel monastero non abbiamo strumenti come la Tivù, la radio, o altri media. Ricevuto il permesso, adesso tutti i giorni leggo il giornale e io vivo e prego per i fatti del presente.
Le mie ore di preghiera sono spese mettendo davanti al Signore i fatti del giorno, le tensioni della nostra società contemporanea. Offro le mie preghiere e la mia sofferenza per il mondo.
Con la mia preghiera soffro per la Chiesa perseguitata; per i problemi morali ed etici del mondo; per gli attacchi contro la vita; per i giovani, perché siano forti contro le tentazioni quali droga, pornografia, e altri mali; per gli sposi uniti e per le famiglie divise.
Anche l’Orissa è vicina al mio cuore, come ogni altro piccolo luogo dove si cerca di derubare le persone dei diritti umani fondamentali e della libertà religiosa.
La storia della Chiesa ci mostra che la persecuzione rafforza la fede. Nell’India di oggi si cerca di difendere la religione rinchiudendosi nell’autodifesa. Ma noi cristiani abbiamo bisogno di vivere la nostra vita in modo tale da attrarre gli altri. Dobbiamo vivere il Vangelo in maniera radicale, amando Dio e amando il nostro prossimo. Ho grande speranze per l’India. L’amore per Gesù vince tutto.