AsiaNews 10/07/2009 09:03 CINA
Moschee chiuse a Urumqi mentre la Cina combatte il “terrorismo”
I luoghi di culto e le strade principali della città sono controllati da decine di migliaia di soldati. Il Politburo ha annunciato la linea dura contro “estremisti, separatisti, terroristi”.
Urumqi (AsiaNews/Agenzie) – Il governo dello Xinjiang ha ordinato la chiusura delle moschee per la preghiera del venerdì. Il motivo ufficiale è per la sicurezza degli abitanti, ancora timorosi di potere trovarsi in mezzo fra gruppi di cinesi han o uiguri belligeranti, ma in realtà il sospetto è che i luoghi di preghiera vengano usati per istigare alla rivolta.
Le moschee di Urumqi sono controllate da soldati e sugli edifici vi sono cartelli che invitano ad andare a pregare a casa. Nonostante ciò, un portavoce del governo dello Xinjiang ha dichiarato che “tutte le attività religiose dovrebbero andare avanti normalmente”.
La città è tranquilla, ma è presidiata da decine di migliaia di soldati armati. Il motivo è “per il controllo del traffico”, ma in realtà lo spiegamento di forze è per prevenire ancora manifestazioni e disordini come è avvenuto negli ultimi giorni, con scontri fra migliaia di uiguri e polizia e violenze fra gruppi han e musulmani uiguri.
La situazione è così tesa che il presidente Hu Jintao è ritornato in fretta in Cina, abbandonando il G8 in Italia. Il conflitto interetnico, che potrebbe diffondersi in altre regioni del Paese, spinge la leadership verso la linea dura. Ieri si è avuta comunicazione di un incontro di emergenza del Politburo del partito comunista, presieduto da Hu Jintao. In esso si è detto che “i pianificatori dell’incidente, gli organizzatori, i membri chiave e i criminali violenti saranno puniti severamente”. In precedenza il segretario del Partito nello Xinjiang ha minacciato la pena di morte per tutti coloro che si sono resi responsabili per uccisioni nei giorni scorsi.
Dopo gli incidenti di questi giorni, che hanno causato la morte di 156 persone e il ferimento di quasi mille, vi sono stati almeno 1400 arresti.
Mentre le linee telefoniche sono interrotte e internet non funziona, i media cinesi continuano a proclamare che le sommosse a Urumqi e in altre città dello Xinjiang sono parte di un progetto eversivo dell’estremismo islamico. Ieri Qin Gang, portavoce del ministero degli esteri ha dichiarato che vi sono “molte prove” che alcuni di quelli implicati nelle violenze “sono stati addestrati da gruppi terroristi compreso al Qaeda”. Qin non ha citato alcuna prova in particolare, ma ha detto che i gruppi sono “strettamente legati con tre forze malvagie all’estero”.
Le “tre forze” sono gli estremisti, i separatisti e i terroristi.
Fra gli uiguri vi sono gruppi che si ispirano all’estremismo islamico, ma la maggior parte di loro chiede solo una maggiore autonomia e libertà religiosa davanti alla colonizzazione forzata della regione. Per combattere il “terrorismo” Pechino controlla ogni aspetto della vita degli uiguri e della loro religione.
Ogni venerdì mattina, giorno sacro musulmano, gli imam devono andare al locale Ufficio per gli affari religiosi per spiegare il testo del sermone che terranno e ricevere "indicazioni generali". Ogni gruppo religioso deve essere registrato presso il comitato religioso nazionale e la nomina dei leader va approvata dalle autorità. E’ vietato dare un’educazione religiosa ai figli. Ai minori di 18 anni è proibito frequentare le moschee. Durante il mese di digiuno del Ramadan, a scuola le autorità forzano gli studenti e i professori musulmani a mangiare rompendo il digiuno. In molte città – anche sulla spinta della modernizzazione – moschee, case e scuole islamiche sono state espropriate e distrutte per far posto a banche, palazzi, uffici.