Myanmar: «Oppositori vivi nei forni crematori»
Testimoni raccontano di esecuzioni brutali La Ue: sanzioni al regime al via da lunedì
Avvenire 8-10-2007 I l regime birmano stringe la morsa sulla comunità monastica. Nel fine settimana sono stati convocati gli abati dei maggiori monasteri del Paese e imposto il trasferimento di un gran numero di religiosi per prevenire nuove proteste. «Siamo preoccupati per la sorte di questi monaci – dicono a Yangon fonti riprese dall’agenzia di stampa AsiaNews – non sappiamo di cosa vivranno fuori dalle città, dove sarà difficile raccogliere le elemosine, su cui si basa la loro sussistenza». Secondo gli organi d’informazione ufficiali, nelle perquisizioni in templi e monasteri sarebbero state trovate armi da fuoco, munizioni e coltelli, che giustificherebbero le decine di nuovi arresti del fine settimana. Il governo ha annunciato che userà il pugno di ferro con «i monaci che non rispettano le leggi di Buddha e del governo», sollevando una serie di nuove reazioni internazionali proprio mentre l’Unione europea si prepara, lunedì prossimo, a varare una serie di sanzioni che dovrebbero incrementare l’isolamento del regime.
Ovviamente la repressione non si ferma ai monaci. Sarebbero migliaia gli oppositori scomparsi di cui la dissidenza cerca di ricostruire le vicende. «Non pensiate che le uccisioni e le torture di siano fermate – si legge su un appello uscito dal Paese –. Le atrocità del regime proseguono in località isolate, lontano da occhi indiscreti e dai mass media, nella notte e tra solide mura. Ci sono tuttavia testimonianze e fotografie di come dopo avere torturato gente comune e studenti, le unità investigative e gli uomini dei servizi segreti li carichino su camion nel mezzo della notte e li portino su strade isolate. Qui i prigionieri – a volte ancora vivi – vengono gettati sulla strada e allineati per poi fargli passare sopra autocisterne. I corpi resi irriconoscibili sono gettati in fosse scavate dagli stessi aguzzini, che così fanno scomparire gli oppositori una volta per tutte. Un regime folle ora mostra la sua faccia più bestiale e le sua atrocità peggiorano di giorno in giorno».
Sempre fonti locali riprese da AsiaNews
confermano l’esistenza di un forno crematorio alla periferia di Yangon, dove i militari gettano, oltre ai cadaveri degli oppositori anche i detenuti feriti gravemente e arrestati durante le dimostrazioni antiregime di queste settimane.
Appare però evidente che non tutto è sotto controllo come il regime vorrebbe far credere. E la repressione non basta. Il quotidiano ufficiale Nuova Luce di Myanmar ieri ha comunicato che il governo sta distribuendo cibo, generi di prima necessità e denaro per un totale di 8.000 dollari a una cinquantina di monasteri e luoghi di culto nella parte settentrionale dell’ex capitale. Le donazioni, pagate dalla giunta vengono fatte a nome dei singoli soldati o delle loro famiglie. Secondo il giornale, sarebbero accettate volentieri dai monaci che nelle scorse settimane avevano minacciato di non accettare più l’elemosina dai militari, in questo modo impedendo loro di guadagnare meriti spirituali.
Intanto un coinvolgimento della signora Aung San Suu Kyi nel processo di pacificazione e democratizzazione nazionale, come richiesto dall’inviato Onu Ibrahim Gambari durante la visita nel paese, rischia di restare una semplice speranza. Secondo la televisione di Stato, il generale Than Shwe, alla guida del regime, ha scelto il vice ministro del Lavoro «per continuare le relazioni con Daw Aung San Suu Kyi nel futuro», ha comunicato la rete televisiva, utilizzando un termine onorifico per mostrare rispetto nei confronti del premio Nobel per la Pace. Tuttavia, se colloqui ci saranno, non comporteranno comunque una maggiore libertà di azione della signora Suu Kyi, che – è stato specificato – resterà agli arresti domiciliari sino a quando una nuova costituzione non verrà approvata. Ci sono voluti 13 anni affinché un’Assemblea costituente boicottata dalle forze democratiche stilasse la bozza di una costituzione, presentata nei giorni scorsi, che ha ancora davanti a sé un lungo cammino prima di diventare esecutiva.