(AsiaNews) Il martirio degli armeni non deve rimaner vano

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 Riconoscere il genocidio armeno,
una necessità per la democrazia turca



In occasione del 90° anniversario dello sterminio di un milione e mezzo di armeni, i sopravvissuti chiedono di non dimenticare. Nel governo e nella società turca qualcosa si muove.



Mavi Zambak


AsiaNews 22 Aprile 2005

TURCHIA




Antiochia (AsiaNews) – “Riconoscere il genocidio armeno rappresenterebbe per la Turchia un passo importante verso la completa democratizzazione del paese ed un guadagno di prestigio a livello internazionale”. Lo ha detto Ghagik Bagdassarian, ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia, che come tutti gli armeni a distanza di decenni continua a chiedere alla Turchia – autrice dello sterminio – di ammettere le sue responsabilità e al mondo di non dimenticare.


Il prossimo 24 aprile ricorre il 90° anniversario dell’inizio dello sterminio di oltre un milione e mezzo di armeni tra il 1915 e il 1923. La Turchia non accetta la denominazione di “sterminio”: per Ankara, infatti, 300 mila armeni e migliaia di turchi furono uccisi in una “rivolta civile” durante la prima guerra mondiale, quando i primi si ribellarono al potere ottomano. Le accuse di pulizia etnica sono definite dal governo turco un'”invenzione per indebolire la nazione”.


Di recente il fronte della negazione ostinata ha fatto apparire alcune crepe e anche in Turchia si comincia a parlare di una “questione armena”. In previsione del futuro ingresso della Turchia nell’Unione Europea, ad Ankara sono giunte ripetute esortazioni da parte dei parlamenti di Francia, Canada e Svizzera per arrivare ad un riconoscimento ufficiale del genocidio.


Recep Tayyp Erdogan, premier turco, ha esortato gli storici ad esaminare gli archivi del suo paese per stabilire la verità. ”Gruppi di storici delle due parti possono condurre studi sui nostri documenti di allora – ha detto il primo ministro riferendosi a turchi e armeni – non vogliamo che le future generazioni vivano sotto l’ombra dell’odio e del risentimento”. Nel frattempo è scoppiata un’accesa polemica sui media nazionali per convincere l’opinione pubblica che questa indagine, voluta dall’Europa, è un ricatto per assecondare le pretese e le rivendicazioni infondate degli armeni.


Un piccolo gruppo d’intellettuali turchi ha cominciato a mettere in dubbio la versione del governo, ma la cosa non è stata gradita. Il celebre scrittore turco Orhan Pamuk dopo aver ammesso ad un giornale tedesco che ”un milione di armeni vennero uccisi in Turchia”, ha ricevuto minacce di morte.


Ghagik Bagdassarian, ha detto invece che il giudizio storico “va circoscritto a chi effettivamente fu responsabile dello sterminio” (i governanti turchi di quel periodo storico) e che gli armeni non hanno intenzioni di “colpevolizzare il popolo turco”.


Gli armeni, soprattutto quelli che vivono ancora in territorio turco (solo 80 mila), non pretendono altro se non che il genocidio del loro popolo smetta di essere “un crimine senza nome”, ma venga riconosciuto come una profonda ferita per tutta l’umanità.


Come sottolineano alcuni sopravvissuti “90 anni non sono tanti, sono pochissimi se la tragica lezione della storia non è servita, se quel genocidio fu la prova di orchestra per altre stragi, per altri olocausti”. “Non sono niente – continuano – se, ancora oggi, c’è chi fa finta di non ricordare, chi antepone gli interessi economici o politici ai principi di verità e giustizia. Non vale nulla il sacrifico di quei martiri se sui libri di storia neppure una riga è dedicata a loro, se la ricorrenza passa sotto silenzio, se si giustifica e si diventa complici dei criminali di allora”.