APPELLO A SOSTEGNO DEL PAPA CHE RIPORTA LA LIBERTA’ E L’ANTICA LITURGIA CATTOLICA !!!
Sul Foglio di Giuliano Ferrara, il 16 dicembre 2006, ho pubblicato questo Articolo-manifesto…
del Papa che liberalizzerà la celebrazione della messa in latino secondo il messale di San Pio V è prossima”.
Si tratta di un evento straordinariamente importante per la Chiesa e anche per la cultura e la storia della nostra civiltà. Storicamente furono proprio gli intellettuali laici a percepire di più e meglio il disastro, lo scempio anche culturale, rappresentato dalla “proibizione” della liturgia di san Pio V e la sparizione del latino come lingua sacra della Chiesa Cattolica. Quando 40 anni fa – contravvenendo ai documenti del Concilio – fu imposta la proibizione dell’antica liturgia della Chiesa (quella peraltro con cui si era celebrato anche durante il Concilio) vi fu una grande e meritoria protesta degli intellettuali più rappresentativi che consideravano questa decisione come un taglio alle radici della nostra civiltà cristiana (la liturgia è stata da sempre centro e sorgente dell’arte più sublime).
Due appelli furono pubblicati in difesa della Messa di s. Pio V, nel 1966 e nel 1971. Ecco alcuni dei nomi che li sottoscrissero: Jeorge Luis Borges, Giorgio De Chirico, Elena Croce, W. H. Auden, i registi Bresson e Dreyer, Augusto Del Noce, Julien Green, Jacques Maritain (che pure era l’intellettuale prediletto di Paolo VI, colui a cui il Papa consegnò, alla fine del Concilio, il documento agli intellettuali), Eugenio Montale, Cristina Campo, Francois Mauriac, Salvatore Quasimodo, Evelyn Waugh, Maria Zambrano, Elémire Zolla, Gabriel Marcel, Salvador De Madariaga, Gianfranco Contini, Giacomo Devoto, Giovanni Macchia, Massimo Pallottino, Ettore Paratore, Giorgio Bassani, Mario Luzi, Guido Piovene, Andrés Segovia, Harold Acton, Agatha Christie, Graham Greene e molti altri fino al famoso direttore del “Times”, William Rees-Mogg.
Si tratta perlopiù di intellettuali laici perché il valore culturale e spirituale dell’antica liturgia latina è un patrimonio di tutti, come lo è la Cappella Sistina, come lo è il Gregoriano, come lo sono le grandi cattedrali, la scultura gotica, la Basilica di San Pietro. Tanto più oggi che tutta la nostra civiltà europea rischia drammaticamente di recidere e rinnegare le proprie radici.
Curiosamente proprio i “cattolici progressisti”, che facevano del dialogo col mondo e con la cultura moderna la loro bandiera, non ne tennero alcun conto e s’impuntarono per 40 anni per mantenere questa incredibile proibizione. Un arbitrio senza precedenti. Nell’aprile 2005, alla vigilia dell’elezioni di Benedetto XVI, sulla Repubblica, fu uno scrittore laico, Guido Ceronetti che scrisse una lettera aperta al nuovo papa nella quale chiedeva “che sia tolto il sinistro bavaglio soffocatore della voce latina della messa”.
Questa aspettativa del mondo della cultura (e dei credenti) non poteva trovare interlocutore migliore di Ratzinger, che prima di essere papa è stato (ed è) uno dei più grandi intellettuali del nostro tempo, un uomo veramente illuminato, un autentico paladino della libertà del pensiero (fu lui a scrivere lo storico discorso con cui il cardinale Frings, al Concilio, demolì l’antica Inquisizione). Già da cardinale Ratzinger dichiarò apertamente che la proibizione della Messa di S. Pio V era senza precedenti: “Nel corso della sua storia la Chiesa non ha mai abolito o proibito forme ortodosse di liturgia, perché ciò sarebbe estraneo allo spirito stesso della Chiesa”.
In un suo volume raccontò con drammaticità come assistette alla “pubblicazione del messale di Paolo VI, con il divieto quasi completo del messale precedente”. Ratzinger ricordava: “Rimasi sbigottito per il divieto del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata in tutta la storia della liturgia. Si diede l’impressione che questo fosse del tutto normale”, ma, scriveva Ratzinger “la promulgazione del divieto del messale che si era sviluppato nel corso dei secoli, fin dal tempo dei sacramentali dell’antica Chiesa, ha comportato una rottura nella storia della liturgia, le cui conseguenze potevano essere solo tragiche… si fece a pezzi l’edificio antico e se ne costruì un altro”.
Gli effetti furono disastrosi. Si aprì la strada ad abusi incredibili nella liturgia. Ratzinger scrisse: “Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia, che talvolta viene addirittura concepita ‘etsi Deus non daretur’: come se in essa non importasse più se Dio c’è e se ci parla e ci ascolta. Ma se nella liturgia non appare più la comunione della fede, l’unità universale della Chiesa e della sua storia, il mistero di Cristo vivente, dov’è che la Chiesa appare ancora nella sua sostanza spirituale?”.
Per volere della Provvidenza è proprio Ratzinger, oggi papa Benedetto XVI, che si prepara a cancellare l’ingiusta proibizione dell’antica liturgia, a riportare libertà e a restituire alla Chiesa e alla civiltà umana questo immenso tesoro. Joseph Ratzinger si conferma l’uomo più illuminato del nostro tempo. L’opposizione illiberale e intollerante che probabilmente si scatenerà contro di lui dentro la Chiesa (già preannunciata dai vescovi frencesi) merita una risposta dal mondo della cultura che già 40 anni fa fece sentire la sua voce. Per questo chiedo agli intellettuali laici e a chiunque lo voglia di esprimere pubblicamente il proprio plauso alla illuminata decisione di Benedetto XVI di restituire alla vita della Chiesa e all’umanità un grande patrimonio spirituale e culturale.
Ecco il sintetico manifesto che propongo di sottoscrivere:
Esprimiamo il nostro plauso per la decisione di Benedetto XVI di cancellare la proibizione dell’antica messa in latino secondo il messale di San Pio V, grande patrimonio della nostra cultura da salvare e riscoprire.
Antonio Socci
Il testo dell’appello insieme a me è stato sottoscritto da un gruppo di grandi intellettuali: René Girard, Vittorio Strada, Franco Zeffirelli e Guido Ceronetti.
Chi volesse esprimiere un analogo appoggio alla decisione del Papa (avversato dal mondo catto-progressista) può farlo sapere anche al Foglio che ha gentilmente ospitato l’Appello, scrivendo all’indirizzo lettere@ilfoglio.it.