15 aprile – II Domenica di Pasqua

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Commento al Vangelo – 2ª Domenica di Pasqua

 

"La pace sia con voi"
È per il nostro beneficio che gli Apostoli hanno visto Gesù risorto, hanno creduto nella Risurrezione e di essa hanno dato testimonianza: affinché noi, credendo, otteniamo la vita eterna.

 

di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
fondatore degli Evangeli Praecones
courtesy of
http://www.salvamiregina.it

 

 

[19] La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". [20] Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. [21] Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". [22] Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; [23] a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". [24] Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. [25] Gli dissero allora gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò". [26] Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". [27] Poi disse a Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!". [28] Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". [29] Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!".[30] Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. [31] Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. (Gv 20, 19-31).

 

I – "Mentre erano chiuse le porte"

[19] La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".

Per vari motivi, la redazione dei Vangeli, malgrado sia di una precisione insuperabile, è sintetica. Per un sapiente soffio dello Spirito Santo, i suoi autori scelgono non soltanto i termini ideali, ma anche gli aspetti essenziali e più importanti degli episodi narrati per trasmettere ai fedeli il messaggio ispirato. Vediamo, per esempio, come è ricca di significato questa succinta affermazione: "Mentre erano chiuse le porte".

Paura e insicurezza degli Apostoli

Molti sono i commentatori che mettono in risalto questo particolare. Beda mostra che il motivo della dispersione degli Apostoli, in occasione della Passione – il timore dei giudei -, è lo stesso che li mantiene poi riuniti e con le porte chiuse. Secondo Crisostomo, la paura avrebbe dovuto aumentare di intensità, in loro, al cadere della sera. E, realmente, è probabile che l’insicurezza abbia pervaso le anime di tutti a partire dal momento in cui fu comunicato da Maddalena e constatato da Pietro e Giovanni, che il Corpo del Divino Maestro era scomparso dal sepolcro. Sicuramente il Sinedrio avrebbe preso misure di rappresaglia una volta informato dalle guardia di quanto successo.

La paura è spesso un fattore di aggregazione, e alle volte di dispersione. Quest’ultima già si era verificata. In quel momento, erano tormentati nelle loro coscienze dal dolore e da un senso di disorientamento totale. Soltanto riunendosi avrebbero potuto ottenere un sicuro sostegno morale. L’istinto di socialità esigeva (questa) il ricongiungimento di tutti di fronte alla grande perplessità causata dai tragici avvenimenti di quei giorni.

Questi sono gli aspetti di ordine naturale e psicologico che spiegano quella situazione. Comunque, di maggiore rilevanza sono i disegni di Dio.

 

Dimostrazione irrefutabile della Risurrezione

La paura che, per una efficace azione della grazia, non aveva colpito il cuore di Maria Maddalena né quello dei Discepoli di Emmaus, penetra invece nel cuore degli Apostoli, mescolandosi con le angosce causate da tanta sofferenza accumulata. Quale la ragione di tutto questo? Se agli uni la Provvidenza aveva riservato prove di grande consolazione e affetto, agli altri era destinata la dimostrazione di una irrefutabile e autentica risurrezione. Porte sprangate e invalicabili rendevano evidenti le qualità del glorioso stato del corpo del Salvatore. Questa opinione è condivisa da autori di grande prestigio come, per esempio, da Teofilo, che fa notare come Gesù sia penetrato in quel recinto (recinto significa "spazio circondato da uno steccato". Secondo me va meglio luogo) fermamente sprangato usando la stessa capacità grazie alla quale era uscito dal sepolcro. Sant’Agostino fa un accostamento tra la nascita del Divino Bambino, che ha lasciato il ventre materno di Maria Santissima senza ledere la sua Verginità, e questa penetrazione nell’ambiente degli Apostoli, affermando che niente potrebbe impedire il passaggio di un corpo abitato dalla Divinità.

 

Caratteristiche del corpo glorioso

In effetti, la Teologia ci insegna che la gloria del corpo trova la sua causa nella gloria dell’anima, dunque, essendo l’uomo una creatura mista, è indispensabile che tanto il corpo quanto l’anima siano oggetto della glorificazione celeste; pertanto è essenziale che quando l’anima è glorificata, anche il corpo lo sia. Questa è la dottrina chiaramente sostenuta da San Tommaso d’Aquino:

"Vediamo che quattro cose provengono al corpo dall’anima, e tanto più perfettamente quanto più vigorosa è l’anima. Per prima cosa gli dà l’essere; pertanto, quando l’anima raggiunge il sommo della perfezione, gli darà un essere spirituale. In secondo luogo, lo preserva dalla corruzione (…); quindi, quando essa sarà perfettissima, conserverà il corpo interamente impassibile. In terzo luogo, gli darà bellezza e splendore (…);e quando arriverà alla somma perfezione, renderà il corpo luminoso e splendente. In quarto luogo, gli dà movimento, e tanto più leggero sarà il corpo quanto più potente sarà il vigore dell’anima su lui. Per questo, quando l’anima ormai sarà all’estremo della sua perfezione, darà al corpo agilità"

Ecco dunque il risultato di questa profonda unione, nella quale l’anima è la forma del corpo. In questo stato di prova in cui ci troviamo, quasi sempre il corpo è una zavorra e un ostacolo per i voli dell’anima, proprio come ci dice il Vangelo: "Lo spirito è pronto, ma la carne è debole" (Mt 26, 41). Ma, nella beatitudine eterna, il corpo spiritualizzato sarà pienamente armonizzato con l’anima, che avrà un dominio assoluto su tutti i movimenti corporei (,) ed in questo consisterà la sua agilità. Gli stessi sensi fisici, nell’ambito della loro stessa natura, potranno essere usati dall’anima a suo piacimento. Per questo, dopo la nostra risurrezione, potremo passeggiare per gli astri e per le stelle senza l’ausilio di nessuna nave spaziale; e, all’estremo opposto, ci sarà facilissimo contemplare le molecole o gli atomi costitutivi di una bella pietra preziosa.

Lasciando da parte le altre caratteristiche dei corpi gloriosi – del resto, anch’esse straordinariamente meravigliose -, per incantarci basterebbe che noi considerassimo solo questa: la sottilezza, utilizzata dal Salvatore, per entrare nel recinto/luogo del Cenacolo attraverso le "porte chiuse". San Tommaso ci spiega che i corpi gloriosi avranno "ogni volta e sempre che lo vogliano", la facoltà di passare, o no, attraverso altri corpi . Cita a questo proposito precisamente l’uscita di Gesù risorto dal Santo Sepolcro, come pure il suo ingresso nel Cenacolo a porte chiuse, oggetto ora della nostra analisi, oltre che la sua Nascita .

 

Gesù li saluta augurando loro la pace

Gli Apostoli erano sprofondati in uno stato estremamente doloroso per l’incommensurabile perdita e Gesù provava compassione per la grande sofferenza che quella circostanza aveva determinato in loro, per questo non lascia terminare il giorno senza mostrarSi ancora una volta a quegli uomini. In precedenza si era fatto vedere dalle sante donne, da Pietro e dai discepoli di Emmaus. Questa volta, di notte, si presenta agli Apostoli riuniti, "mentre erano chiuse le porte", e così rende manifesta la sua miracolosa risurrezione.

Gesù ha approfittato del sopraggiungere della notte, poiché era il momento in cui tutti sarebbero stati insieme (,) e Si è collocato in mezzo a loro, per poter così essere meglio contemplato da tutti.

Secondo un bel commento di San Gregorio Nazianzeno, Gesù li saluta augurando loro la pace – il che, del resto, era comune tra i giudei – non solo perché sarebbe stato riconosciuto da loro immediatamente, ma anche per servire a noi da esempio. Soltanto a coloro che chiudono le porte dell’anima alle deleterie influenze del mondo, Cristo appare offrendo la consolazione della vera pace.

II – Gesù invia gli Apostoli

[20] Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

Tutto porta a credere che vi fossero dieci Apostoli nel Cenacolo, e, come in precedenza abbiamo osservato, una forte paura dominava ognuno. Sebbene Giovanni ometta l’affermazione di Luca: "Credevano di vedere in quel momento uno spirito", la domanda che Gesù rivolge loro mostra lo stato d’animo in cui si trovavano: "Perché vi turbate? (24, 37-38). Si comprende il timore di tutti, nel vedere il Signore entrare quando erano ben chiuse porte e finestre, poiché non conoscevano ancora l’insegnamento teologico riguardo le caratteristiche dei corpi gloriosi (,) e neppure passava loro per la mente una considerazione che sarebbe stata formulata da Sant’Agostino nei seguenti termini: "Le porte chiuse non potevano impedire il passaggio a un corpo nel quale abitava la Divinità; così è potuto penetrare attraverso le porte Colui che, nel nascere, lasciò immacolata sua Madre" .

 

"Mostrò loro le mani e il costato"

Questa è la ragione per cui Egli richiama l’attenzione degli Apostoli sulle sue piaghe, per rendere cioè manifesto che si trattava di Colui che era stato crocifisso, che era morto e che era risuscitato. Gli autori sono unanimi a proposito di questa osservazione, come, per esempio, Sant’Agostino: "I chiodi avevano trapassato le mani, la lancia aveva aperto il costato, e le ferite erano state conservate per guarire il cuore di coloro che dubitavano".

Tre questioni emergono da questo versetto:

A questo risponde Sant’Agostino: "Si deve credere che il chiarore attraverso cui, come il sole, risplenderanno i giusti nella loro resurrezione, fu velata nel corpo di Cristo risorto agli occhi dei discepoli, perché la debolezza dello sguardo umano non l’avrebbe potuta sopportare, ed era necessario che essi Lo riconoscessero e lo udissero".

Gli autori si sono espressi nei modi più svariati a questo proposito, ma sono tutti concordi nell’osservare che si tratta di cicatrici di trionfo e, pertanto, gloriose e non difettive. Nel Cielo, tutti i martiri faranno mostra delle loro cicatrici come simbolo trionfante della loro testimonianza, proprio come fanno sulla terra i soldati vincitori nelle loro battaglie.

  1. Come fu possibile agli Apostoli contemplare la gloria di Gesù risorto, quando sul Tabor tre di loro non avevano sopportato di vederLo nella sua trasfigurazione?
  2. Essendo le cicatrici una imperfezione prodotta da ferimenti, come si sono potute conservare nel Sacro Corpo del Signore?
  3. Gli Apostoli videro soltanto le piaghe, o anche le toccarono? Tommaso sarà stato l’unico a toccare le cicatrici del Signore?

L’Evangelista Giovanni afferma soltanto che Gesù mostrò le sue piaghe. Luca va più in là: "Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho" (24. 39).

Intanto, quanto detto da San Giovanni nella sua prima Epistola: "Ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita" (1, 1) (,) e la condizione posta da San Tommaso per dare la sua adesione di fede: "Se non vedrò nelle sue mani…se non metterò la mia mano (v.25), portano gli autori alla conclusione che, di fatto, non solo Tommaso, ma anche gli altri, toccarono le Sante Piaghe di Gesù.

Quale non deve essere stata la consolazione degli Apostoli nel toccare il Sacro Corpo del Salvatore? Noi oggi abbiamo la grazia, non di toccarLo, ma, molto di più, di riceverLo in comunione.

O sacrosante piaghe, fonte di ogni santità, quanti doni hanno ricevuto gli Apostoli toccandole!

Senza dubbio, il fatto che Gesù le abbia mostrate in questa occasione non significa che Egli debba sempre ostentare i segni della sua Passione. È apparso come un pellegrino ai discepoli di Emmaus (,) e, alla fede salda di Maddalena, non solo Si è presentato senza le piaghe, ma anche non le ha permesso di toccarLo, per non diminuire i suoi meriti. Quanto agli Apostoli, li invita a toccarle per ragioni didattiche. Il modo in cui si presenta dipende dalla Sua volontà e convenienza.

La gioia che essi provano in quest’occasione, è il compimento della promessa fatta dallo stesso Salvatore: "Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà" (Gv 16, 22).

 

Gesù dà loro lo Spirito Santo

[21] Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi".

Gesù augura loro nuovamente la pace. Egli li vuole sereni e fiduciosi al momento di ricevere la grande missione che affiderà loro. Con la stessa autorità con la quale il Padre ha inviato il Figlio, questi invia i suoi discepoli. Questa autorità risiede in Lui in quanto Uomo. "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra" (Mt 28, 18), e in quanto Dio, Egli la possiede per natura. Gli Apostoli sono "inviati", pertanto, possiedono un potere per delega.

[22] Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo"

L’esegesi è incline a interpretare questo passaggio nel senso che Cristo non soffiò su ognuno degli Apostoli, ma lo fece solamente in modo generico, il che era sufficiente per tutti, incluso lo stesso Tommaso, assente in quel momento.

Come intendere la precedente affermazione di Gesù: "È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò" (Gv 16, 7)?

È necessario distinguere tra "inviare" e "dare". Nel presente versetto, Gesù "dà" agli Apostoli lo Spirito Santo con l’unico obiettivo – come vedremo in seguito – di conferire loro il potere di perdonare i peccati, uno dei vari doni dello stesso Spirito. A Pentecoste, sì, fu "inviato" su Maria e le altre persone riunite nel Cenacolo, lo Spirito Santo, con i suoi doni.

A questo proposito Sant’Agostino afferma: "Il soffio corporale proveniente dalla bocca [di Cristo] non è stato la sostanza dello Spirito Santo, ma una conveniente dimostrazione che lo Spirito Santo non procede soltanto dal Padre, ma anche dal Figlio".

E San Gregorio Magno aggiunge: "Per qual ragione Egli Lo dà ai suoi discepoli,una prima volta quando ancora è sulla terra, per poi inviarlo dal Cielo? Perché sono due i precetti della carità: quello dell’amore a Dio e quello dell’amore al prossimo. Sulla terra è stato dato lo Spirito di amore al prossimo, e dal Cielo lo Spirito di amore a Dio; (…) perché l’amore al prossimo ci insegna come possiamo giungere all’amore a Dio".

 

Il Sacramento della Riconciliazione

[23] "A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi".

Quando si realizza un’ordinazione sacerdotale, il vescovo ordinante proferisce le parole di questi due versetti (22 e 23), per le quali i sacerdoti sono costituiti ministri del Sacramento della Penitenza e giudici dei peccati, con la facoltà di rimetterli o non rimetterli. Ministero di indicibile elevazione, ma che esige lumi, prudenza, purezza di cuore e, soprattutto, zelo per le anime. "Noblesse oblige!", dicono i francesi. E questo a tal punto che San Giovanni Crisostomo arriva a dare questa opinione: "Un sacerdote che conducesse una vita ben ordinata, ma non si prendesse diligentemente cura di quella degli altri, sarebbe condannato insieme ai reprobi".

D’altra parte, questo ministero pervade di consolazione il cuore dei fedeli, poiché, oltre a rendere loro possibile la confessione, conferisce a loro la certezza del perdono. E anche se dovesse non rimettere qualche peccato, il sacerdote procederà così per il miglior profitto del penitente, quando, nel futuro, quest’ultimo verrà perdonato. Noi oggi consideriamo come del tutto naturale questo incommensurabile dono di avere a nostra disposizione il Sacramento della Riconciliazione, ma esso è così tanto straordinario che la nostra limitata intelligenza non riesce ad abbracciarlo nella sua interezza.

 

III – L’Apostolo incredulo

[24] Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. [25] Gli dissero allora gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò".

Sebbene non ci sia una espressa indicazione nei Vangeli, si deduce dai fatti narrati che gli Apostoli si dispersero durante la Passione. Oltretutto, pare che non vivessero insieme a Gerusalemme fino all’ordine dato dal Signore in occasione dell’Ascensione . La terribile accusa di violatori del Santo Sepolcro – una delle azioni più criminose, punita con pene pesanti -, lanciata dal Sinedrio contro di loro, li portò a cercare forme di sicurezza personale, estremamente prudenti. Per queste ragioni, si riunivano soltanto in occasioni sporadiche. In concreto, con San Tommaso, accadde che non cercò gli altri e neanche venne a sapere le notizie sulle diverse apparizioni, per puro timore delle persecuzioni. A questo si deve la sua assenza durante la prima apparizione di Gesù agli Apostoli.

San Tommaso non aveva nessun motivo valido per non credere in così numerose e attendibili testimonianze. Si intuisce in lui una immaginazione fertile, accompagnata da una forte ostinazione, che gli creava difficoltà per qualsiasi conclusione, per quanto ovvia essa fosse. Oltre a questo bisogna notare la sua presunzione, poiché colloca come condizione per la sua fede "se non vedrò…se non metterò il mio dito … e non metterò la mia mano." È una vera temerarietà. Tommaso determina quali devono essere i percorsi di Dio (,) e, se non saranno osservate le condizioni da lui imposte, non crederà. Il Signore dovrà sottomettersi alla sua volontà.

 

Nel modo di trattare Tommaso, risplende l’estrema bontà di Gesù

[26] Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".

In mancanza di resoconti, possiamo immaginare il proliferare di commenti e lo scambio delle più svariate impressioni e ipotesi, durante la settimana che intercorse tra le due apparizioni. Tommaso, trovandosi sommerso di questi, avrà udito in silenzio le manifestazioni di incontenibile euforia dei suoi fratelli di vocazione. Il fondo della sua anima era buono, non c’era alcuna malizia nel suo dubbio, ma semplice debolezza. Questi otto giorni di ansiosa attesa furono, per divina didattica, certamente benefici per tutti.

Era necessario che essi si trovassero riuniti in consesso plenario e la prima occasione (,) si ebbe soltanto nella settimana successiva. Alcuni autori sollevano l’ipotesi che Gesù volesse cominciare la sostituzione del sabato giudaico con la domenica cattolica. Altri applicano a Tommaso la sentenza di Paolo: "Quelli poi che risultino colpevoli riprendili alla presenza di tutti, perché anche gli altri ne abbiano timore" (1 Tm 5, 20). E, pertanto, era bene che, chi davanti a tutti aveva peccato di mancanza di fede, fosse corretto davanti ai testimoni del suo peccato.

Abbiano o no ragione, certo è che Gesù, (ripetendo tutto il suo) ripresentandosi esattamente come nella sua prima apparizione, usò estrema bontà nei confronti di Tommaso. Così manifestava all’Apostolo incredulo il suo completo perdono.

Non ci è difficile immaginare la sorpresa di San Tommaso nell’incontrare di nuovo il Signore. Questa sarà la situazione per la quale passeremo tutti noi quando lasceremo le soglie del tempo e penetreremo nell’illimitatezza dell’eternità…Quale sarà il grado di fede che ci accompagnerà in questa occasione?

[27] Poi disse a Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!"

Gesù non aspetta l’iniziativa di Tommaso, a lui si rivolge, ripetendo le stesse parole condizionali del discepolo incredulo. E qui vediamo quanto è meglio essere amato che amare: in questo amore che scende dal Sacro Cuore, le nostre colpe sono consumate e noi veniamo affettuosamente corretti. In questo versetto si può notare un’ulteriore dimostrazione della divinità di Gesù, il quale, senza aver presenziato alle affermazioni di incredulità di Tommaso, le conosceva perfettamente.

Gli esegeti discutono se Tommaso abbia toccato le sante piaghe o se gli sia stato sufficiente rivedere il Salvatore. Come anche, se gli era possibile, o no, toccare un corpo glorioso. Prevale l’opinione della maggioranza, secondo la quale Gesù, nella sua infinita bontà, abbia fatto in modo che le sue adorabili cicatrici fossero toccate da quell’Apostolo colpevole di mancanza di fede. Se l’orlo del suo manto, e persino la sua ombra, guarivano le più terribili infermità, che cosa dire del suo Corpo?

E quale fu la reazione di Tommaso?

[28] Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!".

Tra i Padri della Chiesa, Teofilo è uno di quelli che meglio commentano questo passaggio: "Colui che prima si era mostrato infedele si è convertito nel miglior teologo, dopo aver toccato il costato del Signore, poiché ha dissertato sulle due nature di Cristo in una sola Persona; perché dicendo ‘Signore mio’, ha confessato la natura umana, e dicendo ‘mio Dio’, ha confessato quella divina, e un solo Dio e Signore".

Altri autori mettono in risalto il potere della grazia su certe anime, capace di portarle da una situazione di male estremo a una opposta di virtù estrema, e fanno un’accostamento tra la conversione di Paolo e la buona attitudine finale di Tommaso.

 

Testimoni preparati per beneficiarci in futuro

[29] Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!".

Con molta chiarezza, obiettività e discernimento, Fra’ Manuel de Tuya OP (di cui conservo un grato ricordo) ci spiega questo versetto. Egli evidenzia che l’intenzione di Gesù non è quella di recriminare "i motivi razionali della fede", né le persone a cui Si era mostrato. Era, invece, di benedire "i fedeli futuri che avessero accettato, per tradizione continua, la fede di coloro che Dio ‘aveva scelto’ per essere ‘testimoni ufficiali’ della sua risurrezione e per trasmetterla agli altri. È quello che Cristo ha chiesto nella ‘Preghiera Sacerdotale? ( c’è davvero un punto interrogativo?): Non prego solo per questi [gli Apostoli], ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me’ (Gv 17, 20)" .

[30] Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. [31] Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Di fronte allo scandalo della Crocifissione, gli Apostoli avevano bisogno di questo aiuto. Dopo aver comprovato i maggiori miracoli effettuati dal Divino Maestro, Lo hanno visto catturato, flagellato, abbandonato per un Barabba, sollevato sulla Croce tra due criminali e ucciso nella ripulsa generale. Costoro, eletti dal Padre per essere gli araldi non solo della Passione, ma anche della Risurrezione, avevano bisogno di vedere il Messia nel suo Sacro Corpo glorificato. La loro incredulità, colpevole o no, deve essere considerata come estremamente vantaggiosa per noi: "affinché crediate". Nella sua saggezza eterna e infinita, la Provvidenza Divina ha concepito questi insuperabili testimoni, questi primissimi araldi del Vangelo. Per noi essi sono venuti, per noi essi sono stati messi alla prova, per noi essi hanno creduto, per noi essi hanno scritto. Ed ora è arrivato il nostro turno di dare la nostra testimonianza e, se non crediamo, non avremo scuse. Siamo destinati alla beatitudine di credere senza aver visto, per entrare così, nella vita eterna.

 

* * *

 

In questo mondo ateo, relativista e pervaso di egoismo, rivolgiamo il nostro sguardo a Colei che non ha mai vacillato nella fede (,) o in qualsiasi altra virtù, e imploriamo la sua potente intercessione per ottenere da suo Figlio risorto grazie efficaci e sovrabbondanti affinché pratichiamo al grado eroico le virtù teologali e cardinali. In altre parole, affinché possiamo raggiungere una piena santità di profilo mariano.

 

San Tommaso d’Aquino, Super Epistolas S. Pauli lectura, t. 1: Super primam Epistolam ad Corinthios lectura, cap. 15, 1. 6.

San Tommaso d’Aquino, Summa Teologica, Suppl, q. 83, a. 2, ad. 4.

Idem, ad. 1.

Apud San Tommaso d’Aquino, Catena Aurea.

Ibidem.

Ibidem.

Ibidem.

Ibidem.

Apud San Tommaso d’Aquino, Catena Aurea.

Cfr. Lc 24, 49 e At 1, 4.

Apud San Tommaso d’Aquino, Catena Aurea.

Biblia Comentada, BAC Madrid, 1964, vol.II, par. 1316.