Quanto costa mantenere una famiglia? Ormai la domanda ha il retrogusto amaro della pura retorica. I nostri politici concordano nell’affermare che la famiglia è importante, che la famiglia va sostenuta, tutelata, promossa.
Si dice anche che il riconoscimento legale delle convivenze non ne intaccherà i diritti.
Eppure, anche senza una legge sulle coppie di fatto, già oggi grava sulla famiglia un’ingente pressione fiscale tanto che in molti casi risulta più vantaggioso convivere che sposarsi.
Ma in pratica, in cosa consistono queste “discriminazioni” nei confronti della famiglia?
Lo abbiamo chiesto ad Alberto Sodini, dottore commercialista a Roma.
Dottor Sodini, la finanziaria che detrazioni prevede per i figli a carico?
Attualmente dall’imposta lorda si può detrarre per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati, l’importo di 800 euro. Tale importo aumenta a 900 euro per ciascun figlio di età inferiore a tre anni. Inoltre sono previste ulteriori detrazioni per figli portatori di handicap. Tuttavia, nella pratica, questi vantaggi si rivelano puramente teorici.
In che senso?
La detrazione non è riconosciuta per la semplice presenza di un figlio a carico, ma deve essere calcolata in base al reddito. Quindi nella pratica il beneficio dipende da calcoli matematici che sono determinati dal reddito del contribuente e dal numero di figli a carico. Per questo motivo nella maggior parte dei casi il vantaggio si rivela poco significativo.
Quali sono le altre novità che potrebbero interessare le famiglie?
Una novità assoluta e decisamente rilevante riguarda la ripartizione tra i genitori delle detrazioni per i figli a carico. A differenza di quanto previsto in precedenza, da quest’anno i coniugi non potranno più suddividere liberamente tra loro le detrazioni per la prole a carico, solitamente effettuata in base alla convenienza economica. Prima consigliavo ai miei clienti di porre il figlio a carico del coniuge più debole, in modo che potessero fruire di maggiori detrazioni. Oggi per legge c’è l’obbligo per i coniugi di ripartire al 50% le detrazioni per ciascun coniuge. L’unica deroga è prevista nella sola ipotesi in cui i genitori si accordino per attribuire l’intera detrazione al genitore che possieda il reddito complessivo di ammontare più elevato, cosa che nella pratica si rivela assai poco conveniente per il nucleo familiare. In tal modo si è così impedito di mettere in pratica la più elementare delle manovre di pianificazione finanziaria familiare, normalmente attuata in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Anche i conviventi sono soggetti a questa previsione?
No, perché nel silenzio della legge, tali disposizioni non si applicano alle ipotesi di coppie di fatto o di semplici conviventi, che quindi possono scegliere la soluzione più conveniente, ad esempio decidendo di attribuire l’intera detrazione al genitore con il reddito più basso.
Ci sono altre ipotesi in cui è più conveniente non essere legalmente coniugati?
Premettendo che nessuno intende negare il giusto sostegno rispetto ai servizi essenziali che spetta, ad esempio, ad una madre titolare di unico reddito e con figli a carico, non si può fare a meno di rilevare che in alcuni casi c’è una vera e propria discriminazione per le famiglie. Ad esempio, le graduatorie per l’inserimento dei figli all’asilo nido sono calcolate in base al reddito di ciascun nucleo familiare, con conseguente riduzione delle possibilità di iscrizione all’aumentare del reddito complessivo della famiglia. In altre parole, il cumulo dei redditi e le limitazioni che ne conseguono, se da un lato risultano applicabili per le coppie unite legalmente, dall’altro non operano per le coppie di fatto, che in tal modo, possono conseguire maggiori benefici. Questa situazione si verifica in diverse altre ipotesi, come la possibilità di ottenere l’esenzione dei ticket sui farmaci, che viene riconosciuta in base al reddito familiare complessivo. E così per molti altri servizi, come la scuola, la mensa…
Insomma, in tutte queste ipotesi non conviene essere sposati?
A livello fiscale direi proprio di no, purtroppo ho sentito dire che alcune coppie di coniugi sono giunte a separarsi fittiziamente ai danni dell’erario, pur di conseguire maggiori benefici fiscali, visto che, ad esempio, l’assegno periodico di mantenimento dei figli corrisposto al coniuge in conseguenza della separazione legale è detraibile dal reddito imponibile dal soggetto che lo versa.
Ilaria Nava
(C) Avvenire, 27-4-2007