Mons. Sanguineti (PV): La “lezione” di Vincent Lambert

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Lo scorso 11 luglio 2019, nel silenzio e nell’indifferenza di molti, è morto nell’ospedale di Reims in Francia Vincent Lambert, tetraplegico in stato di minima coscienza, a seguito di un incidente stradale avvenuto nel 2008. Era un paziente clinicamente stabilizzato, niente affatto in fin di vita, né soggetto a sofferenze insopportabili: in condizioni come le sue, vivono molte persone accudite in strutture di cura o talvolta nelle case, con amore e consistente aggravio di risorse, da famiglie spesso lasciate sole o con sostegni insufficienti da parte dello Stato.

Vincent è morto non per cause naturali o per sospensione di cure sproporzionate ed eccessive, tali da configurare una sorta di “accanimento terapeutico”; è morto perché, per atto intenzionale del personale medico, avallato da una sentenza inappellabile della Cassazione, è stato tolto l’apporto di fluidi e di sostanze alimentari, sedando il paziente per alleviare le inevitabili sofferenze, durate dieci giorni, di un organismo privato degli alimenti essenziali per vivere.

[…] da una parte l’Europa è e resta un continente caratterizzato da una cultura dei diritti e della dignità del soggetto
[…] Dall’altra parte, ci sono segni oscuri e gravi di […]
– una crisi della famiglia, talvolta considerata un retaggio culturale del passato, con un crollo della natalità che sta pregiudicando il futuro,
– con la pratica ormai divenuta “normale” dell’aborto che sopprime migliaia di vite umane innocenti […]
– con la diffusione di pratiche eutanasiche, che, in alcuni paesi europei, sono ormai prassi regolate dalla legge, opzioni possibili e in crescita.

[…] La vicenda di Vincent Lambert: una provocazione grande per noi cristiani

Allora fatti come la vicenda di Vincent Lambert, come altre sfide dei nostri giorni, sono una provocazione grande per noi cristiani, per vivere innanzitutto la fede come possibilità di un’esperienza pienamente umana, per dare il nostro contributo, di testimonianza e d’idee, nel confronto con altri soggetti, nella vita sociale e politica, nel dibattito culturale e giuridico, rendendo presente l’umanesimo originale e integrale che deriva dalla concezione cristiana della vita e che può essere condiviso e riconosciuto, nella sua bellezza e ragionevolezza, anche da chi non vive espressamente la fede in Cristo e l’appartenenza alla sua Chiesa.

[…] L’11 luglio ricorreva anche la festa di San Benedetto abate, proclamato “patrono principale dell’intera Europa” da San Paolo VI cinquantacinque anni fa, il 24 ottobre 1964. Un uomo che «con la croce, con il libro e con l’aratro» (S. Paolo VI) seppe dare forma, attraverso l’opera dei suoi discepoli e dei suoi monaci, all’Europa cristiana, risorta sulle rovine dell’impero romano.

Anche oggi, nei nostri tempi, nelle nostre terre, abbiamo bisogno di presenze che, come San Benedetto, possano realizzare forme di vita nelle quali sia evidente a tutti la “convenienza” umana della fede, la sua bellezza e la sua verità:
«Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo.
(…) Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini. Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia il quale, in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare e a fondare Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo» (J. Ratzinger, “L’Europa nella crisi delle culture”, Subiaco, 1° aprile 2005).  […]

Mons. Corrado Sanguineti
(Vescovo di Pavia)

fonte: http://www.diocesi.pavia.it/2019/07/19/civilta-dello-scarto-o-civilta-dellamore/

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