Con occhi nuovi. La storia della mia conversione

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ALESSANDRA BORGHESE, Con occhi nuovi. La storia della mia conversione, Piemme, Casale Monferrato, 2004, pp. 174, € 9,90

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Donna Alessandra Romana dei principi Borghese: è il nome che le hanno lasciato i secoli. L’autrice, vaticanista di Panorama, è infatti erede di una delle più importanti famiglie della nobiltà papalina (la cosiddetta «aristocrazia nera»), il cui esponente più noto, Camillo Borghese, nel XVII secolo, salì al soglio pontificio con il nome di Paolo V. Una famiglia, dunque, la cui storia è strettamente legata alla storia della Chiesa, e il cui nome è talmente importante da campeggiare sulla facciata della basilica vaticana.
«Sono consapevole del privilegio e delle responsabilità di avere alle spalle tanta storia. E non sono così superficiale o così demagoga da considerarlo irrilevante.
In queste pagine, però, chi parla è solo Alessandra: ogni differenza di casato e di censo diventa risibile davanti al Mistero nel quale ogni vita è immersa. La vita di un’anonima e quella di una principessa. Non abbiamo, tutti, che un Padre». Il libro racconta l’itinerario che l’ha portata alla scoperta di quel Padre, in cui non aveva mai perso del tutto la fede, ma di cui non le importava più granché.
Nel prologo (pp. 9-24), l’autrice descrive in poche pagine gli eventi – casuali? provvidenziali? – che l’hanno condotta a vedere la vita, appunto, «con occhi nuovi». Ordinariamente Dio salva l’uomo per mezzo dell’uomo, e in questo caso si è servito della principessa Gloria Thurn und Taxis, già compagna di vita mondana, ritrovata nel 1998 dopo circa una decina d’anni. Alessandra è stupita nel vedere l’importanza della Messa nella vita dell’amica, che inoltre invita – «un gentile ma deciso invito» – gli ospiti a partecipare. Si rende conto infatti che per Gloria non è uno dei tanti «riti» di qualche protocollo nobiliare, ma un evento vissuto con naturalezza e gioia. 
La stessa Gloria le farà conoscere monsignor Michael Schmitz, dell’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote di Gricigliano, vicino Firenze. Un nuovo colpo incrina i suoi pregiudizi: il prete non è un vecchio bigotto e musone, ma un giovane bello, curato, «capace di tener compagnia con disinvoltura ad una donna giovane, un po’ altera e un po’ viziata come ero io allora». Monsignor Schmitz d’ora in poi avrà un ruolo di primo piano: si rincontreranno, i discorsi arriveranno al cuore del problema e sarà lui a tracciare il fatidico segno di croce con le parole «Io ti assolvo». Per la prima volta dai tempi della scuola.
«Come ero giunta fino a quel momento? Come era stata la mia vita prima di quell’appuntamento con Dio su un lago bavarese e poi sulle colline toscane di Gricigliano?». Nella prima parte (pp. 25-70) l’autrice prende le mosse dai giochi attorno alla statua in bronzo di Camillo Borghese, descrivendo anni spensierati tra l’affetto della famiglia, la scuola e le vacanze, con una vitalità unita alla fierezza di portare un nome onnipresente per le strade di Roma.
La spensieratezza finisce in maniera tragica a sedici anni con il suicidio del suo primo amore. Da quel momento in poi il suo unico obiettivo è allontanarsi da tutto ciò che le possa ricordare la vita precedente. Si laurea velocemente e si trasferisce a New York. Si immerge nel lavoro e nella vita mondana. L’educazione cattolica ricevuta appartiene ormai al passato, i valori sono diventati ben altri. «Credevo di essere forte e sicura nelle mie scelte. Invece ero fragile, confusa, sostanzialmente sola, come tutti coloro che, consciamente o inconsciamente, escludono Dio dalla loro vita. Avrei avuto modo di capirlo di lì a poco». Il breve e tormentato matrimonio con Constantine Niarchos infligge una nuova grave ferita nella vita di Alessandra, che decide di tornare a Roma.
Nella capitale si riaccende la passione per l’arte, e Alessandra Borghese organizzerà una serie di grandi mostre a tema: il futurismo, la seduzione, il Messico. Tuttavia anche questo intenso lavoro culturale, certo molto entusiasmante, in cui lei getta tutta la sua dinamicità, inizia a non bastare. Ma è ormai alle porte il fatidico 1998…
Da quella liberante, e al contempo sofferta confessione prende avvio la seconda parte (pp. 71-126) del libro, ma anche la «seconda parte» della vita di Alessandra. Se la prima parte è stata prevalentemente descrittiva, una serie di eventi prima belli, poi tragici, adesso l’autrice si lascia andare a riflessioni più serene ma proprio per questo più «vitali», alla luce di quello sguardo nuovo con cui ora vede la vita, quella passata e quella presente, distinte e insieme unite da quel «miracolo» che è la conversione di una persona, che finalmente può dissetarsi alla «sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv, 4, 14).
Non nasconde le difficoltà, le tentazioni e le cadute, le scelte difficili, ma ora sa dove trarre luce e forza: la preghiera, che non è più una occasionale richiesta di favori, ma un confidarsi con Dio, di cui ci si riconosce creature; la lettura della Parola di Dio alla luce della tradizione della Chiesa; il santo sacrificio della Messa, una volta vissuto con indifferenza e che ora invece le fa dire: «Grazie per la fede che mi fa fermamente credere che, davvero, attraverso le parole del sacerdote su quel pane e su quel vino, essi sono realmente divenuti quello stesso corpo di Gesù che è morto sì sul Calvario, ma che è al contempo risorto e ora è nella gloria»; il sacramento della Confessione – quanto di più anticonformista sia rimasto a questo mondo…- che dona una insospettabile pace e una continua purificazione del cuore. E, oltre ai mezzi, l’ottima compagnia dei santi e delle persone a cui è stata legata, che non sono perse nel nulla, ma sono ancora più vicine.
Infine si pone qualche domanda sul dono ricevuto: cos’è il Cristianesimo? E soprattutto, cosa non è? Dove e come si può incontrare Cristo anche oggi, senza limitarsi a ricordarlo? Cosa si cela dietro l’apparente rigidità della morale cattolica? È davvero così moderno lasciare da parte Dio?
La terza parte (pp. 127-172) è dedicata a due luoghi del cuore, molto importanti per la sua conversione. Lourdes, dove Cristo si vede e si tocca nel corpo del malato, alter Christus; dove ha scoperto la preghiera del santo Rosario e l’abbandono fiducioso in Maria. L’autrice si lascia andare qui ad una bella digressione sulla femminilità, una femminilità di cui Maria è modello e compimento. L’altro luogo è Gricigliano, con la solenne bellezza della liturgia in latino e del gregoriano, e l’amore per la tradizione della Chiesa, a cominciare dall’uso dell’abito talare – l’abito non fa il monaco, si suol dire oggi… però un buon monaco non si traveste! -, tutti aspetti che rivelano una Chiesa conscia della grandezza del Mistero che vive e celebra, e che pertanto non si abbandona alle varie sciatterie di moda. La lettura di queste pagine riporta alla mente Joris-Karl Huysmans, che si convertì proprio grazie alla bellezza della liturgia cattolica.
Un brevissimo epilogo (pp. 173-174) conclude il libro con una passeggiata a Villa Borghese.
Si fa presto a considerare vaghe o pubblicitarie le annunciate conversioni di personaggi famosi. Se ciò talvolta è anche vero, non è questo il caso. L’autrice stessa è consapevole che parlarne può risultare difficile e rischioso, ma su tutto questo prevale l’umile riconoscimento del grande dono ricevuto e l’ansia di comunicarlo, non per ostentazione, ma perché anche altri possano «aprirsi alla Speranza che ora alberga nel mio cuore».
Infine questo libro inconsapevolmente sfata un diffuso pregiudizio, secondo il quale chi nasce ricco e famoso sia ipso facto felice. In realtà quando manca la vera ricchezza non ci sono beni materiali che tengano di fronte alle tragedie e alle sofferenze. La vera «opzione per gli ultimi», cavallo di battaglia di tanta predicazione, è soprattutto quella per i veri pauperes, quelli – siano ricchi o poveri – che sono privi del bene più grande: Gesù Cristo. Non possiamo dunque che concludere questa breve digressione con le parole di S. Agostino: Inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te!

Stefano Chiappalone