Musica nuova in Vaticano, non solo in segreteria di stato
Bertone prende il posto di Sodano. Ma una svolta importante avviene anche nella musica liturgica. Un concerto col papa nella Cappella Sistina, diretto dal maestro Bartolucci, ha indicato la strada
di Sandro Magister ROMA, 27 giugno 2006 – Passo dopo passo, Benedetto XVI sta imprimendo una nuova forma e un nuovo stile al governo della Chiesa universale.
Nei giorni scorsi ha fatto colpo l’annuncio del cambio del segretario di stato: da Angelo Sodano a Tarcisio Bertone.
Ma un non meno importante segnale di cambiamento è stato un altro atto voluto da papa Joseph Ratzinger: il concerto diretto nella Cappella Sistina, sabato 24 giugno, dal maestro monsignor Domenico Bartolucci.
Con questo concerto, Benedetto XVI ha restituito simbolicamente la Sistina al suo vero titolare. Perchè la celebre Cappella non è solo il luogo sacro affrescato da Michelangelo, ma dà anche il nome al coro che da secoli accompagna le liturgie pontificie.
Il maestro Bartolucci fu nominato direttore “perpetuo”, a vita, della Cappella Sistina nel 1956 da Pio XII. Con questo e con i papi successivi fu grandissimo interprete della musica liturgica incardinata sul canto gregoriano e sulla polifonia sacra. Ma dopo essere stato a lungo osteggiato, nel 1997 fu cacciato e sostituito da un maestro di coro ritenuto più adatto di lui alla musica “popolare” cara a Giovanni Paolo II.
La sostituzione di Bartolucci fu l’atto conclusivo della quasi eliminazione del gregoriano e della polifonia voluta dagli artefici della riforma liturgica postconciliare.
Nel 1997, il regista della rimozione di Bartolucci fu il maestro delle cerimonie pontificie, Piero Marini, tutt’ora in servizio con Benedetto XVI anche se ormai vicino al congedo. Alla direzione della Cappella Sistina Marini portò monsignor Giuseppe Liberto, da lui notato e apprezzato come direttore di canti nel corso di viaggi in Sicilia di Giovanni Paolo II. Fu facile ottenere da papa Karol Wojtyla il consenso all’operazione.
All’epoca, l’unico dirigente di rilievo della curia romana che prese le difese di Bartolucci fu Ratzinger, per ragioni musicali e liturgiche insieme, da lui esposte in saggi e libri.
Le sue posizioni erano allora isolate. Ma da quando è divenuto papa, Ratzinger ha subito mostrato di voler procedere, in campo liturgico e musicale, a quella da lui chiamata “la riforma della riforma”.
Lo si è capito fin dalla messa inaugurale del suo pontificato, in piazza San Pietro, improntata a una classicità celebrativa che s’era offuscata nei riti di massa del predecessore.
Lo si è capito dalla rieducazione di vescovi, preti e fedeli al mistero genuino dell’eucaristia, cui Benedetto XVI si è dedicato in più occasioni.
Lo si è capito da uno dei suoi primi cambiamenti nella curia romana, quando ha sostituito il segretario della congregazione vaticana per il culto divino.
Nella liturgia e nella musica liturgica Benedetto XVI sa che i decreti d’autorità non bastano. Il suo intento è di rieducare più che di emettere ordini. Il concerto del maestro Bartolucci nella Cappella Sistina è uno di questi atti di magistero che il papa vuole lascino il segno.
Nel concerto, Bartolucci ha magistralmente eseguito un offertorio, due mottetti e un “Credo” di Giovanni Pierluigi da Palestrina, principe della musica sacra polifonica romana e maestro della stessa Cappella Sistina alla fine del Cinquecento.
Ma ha anche eseguito opere proprie: tre mottetti, un’antifona, un inno e un “Oremus pro Pontifice nostro Benedicto” composto nel 2005 dopo l’elezione di Ratzinger a papa.
L’accostamento tra polifonia antica e moderna non era casuale. Prendendo la parola al termine del concerto, Benedetto XVI l’ha fatto notare:
“Tutti i brani ascoltati – e soprattutto il loro insieme, dove stanno in parallelo i secoli XVI e XX – concorrono a confermare la convinzione che la polifonia sacra, in particolare quella della cosiddetta ‘scuola romana’, costituisce un’eredità da conservare con cura, da tenere viva e da far conoscere, a beneficio non solo degli studiosi e dei cultori, ma della comunità ecclesiale nel suo insieme. […] Un autentico aggiornamento della musica sacra non può avvenire che nel solco della grande tradizione del passato, del canto gregoriano e della polifonia sacra”.
In precedenza, così il maestro Bartolucci si era rivolto a Benedetto XVI:
“Beatissimo Padre, tutti conoscono l’amore grandissimo di Vostra Santità per la liturgia e quindi per la musica sacra. L’arte musicale è quella che più di tutte ha beneficiato della liturgia della Chiesa: le cantorie hanno reppresentato la sua culla, grazie alla quale essa ha potuto formare il linguaggio che oggi ammiriamo. Gli esempi più belli che la fede dei secoli passati ci ha consegnato e che dobbiamo mantenere vivi sono proprio il canto gregoriano e la polifonia: di essi occorre una pratica costante che possa vivificare e animare degnamente il culto divino”.
Mescolati ai prelati della curia romana presenti al concerto c’erano anche Marini e Liberto. Ma l’attenzione di Benedetto XVI era tutta per il maestro Bartolucci – 89 anni compiuti in pieno vigore, – per il suo coro e per l’altissima qualità delle loro esecuzioni.
Che il papa ha definito “veicolo di evangelizzazione”, ma vuole non restino materia di soli concerti, bensì tornino ad animare e a rendere belle le liturgie. A cominciare da quelle pontificie.
Questa è la strada. Restituendo la Cappella Sistina al maestro Bartolucci, Benedetto XVI l’ha indicata in modo inconfondibile.