Vescovi coraggiosi: Mons. C. Chaput di Filadelfia

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Il Sinodo dei Giovani aumenta la confusione nella Chiesa.
Un Sinodo “taroccato” da qualcuno
(perchè la testimonianza fede di tanti giovani è stata fatta sparire),
per dare spazio all’ennesima calata di brache davanti agli LGBT.

Le profonde considerazioni dell’arcivescovo Charles Chaput di Filadelfia, che nel primo giorno del sinodo ha detto apertamente che l’espressione LGBT dovrebbe essere evitata nei documenti ufficiali della Santa Sede, perché la Chiesa non classifica le persone in base ai rispettivi orientamenti sessuali.
Ecco perché, ha spiegato, non esiste e non può esistere un «cattolico LGBTQ» (la Q sta per Questioning, ovvero incerto, che si interroga) o un «cattolico transgender», così come non si parla di «cattolico eterosessuale». L’orientamento sessuale, di per sé, non è sufficiente per definire chi siamo.

Pubblicato da Catholic Herald (http://www.catholicherald.co.uk/news/2018/10/04/archbishop-chaput-tells-synod-lgbtq-should-not-be-used-in-documents/) l’intervento di Chaput merita di essere conosciuto, anche perché è facile immaginare che la grande stampa non ne parlerà. Eccone dunque una sintesi fatta dal vaticanista Aldo Maria Valli.

Chi siamo come creature, che cosa significa essere umani, perché dovremmo immaginare di avere una dignità speciale: queste le domande eterne, alla base di tutte le nostre ansie e conflitti. La risposta non si troverà nelle ideologie o nelle scienze sociali, ma solo nella persona di Gesù Cristo, redentore dell’uomo. Significa, naturalmente, che in primo luogo dobbiamo capire, in profondità, perché dobbiamo essere redenti.

Se ci manca la fiducia necessaria per predicare Gesù Cristo, senza esitazioni o scuse, ad ogni generazione, specialmente ai giovani, la Chiesa è solo un altro fornitore di devozioni etiche di cui il mondo non ha bisogno.

In questa luce, ho letto il capitolo IV dell’Instrumentum, paragrafi 51-63, con vivo interesse. Il capitolo fa un buon lavoro di descrizione delle sfide antropologiche e culturali affrontate dai nostri giovani. La descrizione dei problemi di oggi, e la necessità di accompagnare i giovani nel farvi fronte, sono i punti di forza dell’Instrumentum nel suo complesso.

Ma credo che il paragrafo 51 sia fuorviante quando parla dei giovani come «guardiani e sismografi di ogni età».
Si tratta di false lusinghe, che mascherano una perdita di fiducia degli adulti nell’eterna bellezza e potenza delle credenze che abbiamo ricevuto.

In realtà, i giovani sono troppo spesso prodotti dell’epoca, formati in parte dalle parole, dall’amore, dalla fiducia e dalla testimonianza dei genitori e degli insegnanti, ma più profondamente, oggi, da una cultura che è allo stesso tempo molto attraente ed essenzialmente atea.

Gli anziani della comunità di fede hanno il compito di trasmettere la verità del Vangelo di generazione in generazione, senza che essa sia danneggiata da compromessi o deformazioni.  Eppure troppo spesso la mia generazione di leaders, nelle nostre famiglie e nella Chiesa, ha abdicato a questa responsabilità per una combinazione di ignoranza, codardia e pigrizia nel formare i giovani alla capacità di portare la fede nel futuro. Di fronte a una cultura ostile, formare le giovani vite è un lavoro duro.

Lungo la mia vita ho visto che la crisi degli abusi sessuali nel clero è proprio il risultato dell’autoindulgenza e della confusione, presenti anche tra coloro che hanno il compito di insegnare e guidare. E i minori – i nostri giovani – ne hanno pagato il prezzo.

Infine, ciò che la Chiesa ritiene vero sulla sessualità umana non è un ostacolo.
È l’unico vero cammino verso la gioia e l’integrità. Non esiste una cosa come un «cattolico LGBTQ» o un «cattolico transgender» o un «cattolico eterosessuale», come se i nostri appetiti sessuali definissero chi siamo; come se queste denominazioni descrivessero comunità distinte di diversa ma uguale integrità all’interno della vera comunità ecclesiale, il corpo di Gesù Cristo.
Questo non è mai stato vero nella vita della Chiesa, e non è vero ora.
Ne consegue che «LGBTQ» e linguaggi simili non dovrebbero essere usati nei documenti della Chiesa, perché il loro uso suggerisce che si tratta di veri e propri gruppi autonomi, e la Chiesa semplicemente non classifica le persone in questo modo.

Spiegare perché l’insegnamento cattolico sulla sessualità umana è vero, e perché è nobilitante e misericordioso, appare di cruciale importanza rispetto a qualsiasi discussione relativa a questioni antropologiche.

Purtroppo, in maniera deplorevole, tutto ciò manca nell’Instrumentum laboris. Spero che le revisioni dei padri sinodali possano affrontare questo aspetto.

 

Tratto da: https://www.aldomariavalli.it/2018/10/05/il-sinodo-il-fantasma-lgbt-e-un-intervento-dellarcivescovo-chaput-sul-quale-meditare/

Questo articolo ha un commento

  1. Francesco Defranceschi

    Carissimi,
    se da un lato le notizie che doverosamente riportate possono deprimere, dall’altro lato, il Vostro lodevole lavoro svolto controcorrente, induce alla constatazione che tanti onesti cittadini si stanno mobilitando affinché sia il bene a vincere e non il male attualmente sponsorizzato al massimo.

    Infatti, lo scoraggiamento che mi ha preso all’inizio della lettura dei fatti descritti, si è via via tramutato in viva speranza per il futuro di questa società malata.
    Un sentito Grazie a Tutti Voi

    RISPOSTA: combattiamo!

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