Omelia 26 giugno 2010 – XIII del Tempo Ordinario

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Omelia per la Tredicesima Domenica del Tempo Ordinario

Letture
I Lettura: 1Re 19, 16b.19-21
Salmo: Sal 15
II Lettura: Gal 5,1.13-18
Vangelo: Lc 9, 51-62

Nesso logico tra le letture
"Chiamata e risposta": due parole che riassumono il contenuto sostanziale delle letture della presente domenica. Gesù, nel suo camminare verso Gerusalemme, chiama alcuni a seguirlo e a dargli una risposta radicale (vangelo). In questo, Gesù supera le esigenze della chiamata e della sequela nell´Antico Testamento, particolarmente nella vocazione di Eliseo (prima lettura). I gàlati — e tutti i cristiani in generale — sono stati chiamati alla libertà dello spirito, di conseguenza debbono rispondere con il loro comportamento alla nuova condizione di uomini liberi, evitando di cadere un´altra volta nella schiavitù (seconda lettura).

Messaggio dottrinale

I passaggi biblici di questa domenica ci presentano alcune caratteristiche fondamentali della risposta alla chiamata che Cristo fa agli uomini. Caratteristiche esigenti, per nulla convenzionali.

1. Con Gesù verso il Golgota. Con il passaggio evangelico, Luca comincia la grande marcia di Gesù dal luogo del trionfo e del successo (Galilea) verso il luogo della morte e della sconfitta incomprensibile (il Golgota a Gerusalemme). Gesù inizia questo cammino "con ferma decisione". Egli cammina innanzi, per primo, portabandiera dei disegni del Padre, "per compiere i giorni della sua assunzione", cioè i giorni del suo martirio fuori delle mura di Gerusalemme, e della sua esaltazione gloriosa mediante la resurrezione. I discepoli hanno detto sì alla chiamata e adesso seguono i suoi passi, senza comprendere molto bene dove vanno. Gesù, in questa lunga marcia verso Gerusalemme, li andrà istruendo, e a poco a poco essi coglieranno che il cammino termina su una croce. Gesù parla chiaro, ma la cecità dei discepoli non è facile da vincere. Avranno bisogno della luce della Pasqua.

2. Come Gesù, passare facendo il bene. I figli del tuono vogliono gettare fuoco e scintille sul popolo che rifiuta di dare loro ospitalità. Sicuramente avevano ascoltato nella sinagoga che Elia aveva fatto cadere fuoco dal cielo (1Re 18,38) ed essi non volevano essere da meno di quel grande profeta. Elia, però, fece scendere il fuoco di Dio non su una città e i suoi abitanti, ma sul sacrificio, sul monte Carmelo. Giacomo e Giovanni, come buoni discepoli di Giovanni il Battista, vanno oltre, perché essi hanno sentito dire il loro antico maestro che "il Messia brucerà la paglia con fuoco che non si spegne" (Lc 3,17). Luca ci dice che Gesù "li riprese con durezza". Ma, non si sono resi forse conto che Gesù non è venuto per fare il male, ma soltanto il bene? Non comprendono che Gesù cammina verso Gerusalemme per vincere il male col bene sul Calvario?

3. Tre atteggiamenti per seguire Gesù. Possiamo formularli così: dono completo di sé, decisione assoluta, disinteressata generosità. Si deve essere disposti a lasciare il passato, a non guardarsi indietro, ma a tendere gli occhi in avanti, verso la terra che si deve lavorare e che un giorno darà il suo frutto. Nella sequela di Gesù Cristo non si ammettono condizioni, se queste implicano il subordinare la chiamata al proprio volere. Si richiede radicalità, perché il Regno di Dio incalza, e non può attendere: Eliseo poté porre condizioni ad Elia (andare a prendere congedo dai suoi genitori), ma il cristiano, se così richiede il Regno, deve liberarsi da questa preoccupazione per un bene urgente e superiore. Infine, al discepolo Gesù chiede di porre esclusivamente in Lui la sua sicurezza, rinunciando a ogni tipo di sicurezze materiali e umane. Gesù non ha nulla, soltanto suo Padre. Il discepolo dovrà essere disposto a non aver nulla, soltanto una via e un viandante che lo sta portando verso la croce.

4. Seguire Cristo con libertà. Prima del battesimo, il cristiano era schiavo di se stesso e del Maligno. Cristo lo ha liberato, ma non per gettarlo un´altra volta in una nuova schiavitù, ma perché viva sempre in chiave di libertà, sotto la guida dello Spirito Santo. Per un cristiano non circonciso, ci insegna Paolo, il circoncidersi è perdere la libertà dello Spirito e cadere nella schiavitù della legge. D´altra parte, un cristiano, proveniente dal paganesimo, perde la libertà se torna a vivere come prima, seguendo i desideri della carne, cioè l´idolatria, la fornicazione, la discordia, l´ubriachezza e, in genere, qualsiasi forma di libertinaggio. Il cristiano, liberato da Cristo, deve accettare e vivere il rischio e la sfida della libertà.

Suggerimenti pastorali

1. Un solo cammino e molti sentieri. Cristo è l´unico cammino, un cammino sul quale si stende, potente, l´ombra della croce. Questo è l´unico cammino della sequela, della missione, della pienezza cristiana. Sono, tuttavia, molti i sentieri che conducono a questo cammino. Sono molti i modi e i tempi con cui Cristo chiama gli uomini a camminare con lui, vicino a lui. C´è il sentiero della fedeltà coniugale e quello della consacrazione radicale, c´è il sentiero della sofferenza e quello della donazione amorosa di se stessi nel servizio ai bisognosi, c´è il sentiero della vita pubblica e quello della vita nascosta nelle occupazioni quotidiane della famiglia, c´è il sentiero dello spettacolo per il riposo dell´uomo, e della suola per la sua istruzione. C´è il sentiero di… Tutti i sentieri possono, debbono incontrarsi nel medesimo ed unico cammino: Gesù Cristo, maestro degli uomini, redentore del mondo. Nel collegare il nostro sentiero con il cammino di Cristo, percepiremo che non giungiamo nudi al cammino, ma che portiamo con noi la nostra croce e il nostro calvario. E ci convinceremo forse che la croce di Cristo è fatta di milioni di croci, e il Calvario che sostiene la croce è un promontorio formato da molti calvari. È il momento di domandarci se il sentiero della nostra vita è collegato al cammino di Cristo. È il momento di supplicare il Signore che i nostri sentieri confluiscano sempre nel cammino di Cristo maestro e redentore.

2. Camminare senza comprendere del tutto. Nelle cose dello spirito non tutto è chiaro, né tutto evidente. Ma non si può restare paralizzati, si deve camminare, sebbene non si comprenda tutto né del tutto. Camminare guardando una stella che si è vista un giorno, e che adesso forse è coperta da una densa nube. Camminare, come Gesù, con passo fermo, senza paura, sebbene l´intelligenza voglia che il passo si arresti e perfino che retroceda davanti alla nebbia del cammino. Camminare nel chiaroscuro della fede, guardando sempre avanti, verso Gerusalemme, la meta della nostra esistenza. Camminare, camminare, camminare… Non ci succede a volte che la nostra intelligenza ci freni nel cammino della vita spirituale, del lavoro apostolico? Cammina illuminato dal cuore, perché il cuore ha le sue ragioni che la ragione non comprende. E l´amore difficilmente si sbaglia.