Omelia per il 22 agosto 2010
DOMENICA VENTUNESIMA DEL TEMPO ORDINARIO
LETTURE
Prima: Is 66, 18-21
Seconda: Eb 12, 5-7.11-13
Vangelo: Lc 13, 22-30
NESSO TRA LE LETTURE
I testi liturgici si muovono tra due poli: uno, la chiamata universale alla salvezza, l’altro, il coraggioso impegno a partire dalla libertà. Il libro di Isaia (prima lettura) termina parlando della volontà salvatrice di Jahvé a tutti i popoli e a tutte le lingue. Il vangelo, da parte sua, ci indica che la porta per entrare nel Regno è stretta, e che soltanto i coraggiosi passeranno attraverso di essa. In questo sforzo della nostra libertà ci accompagna il Signore, con la sua pedagogia paterna che non è esente da correzione, sebbene non sia quest’ultima l’unica forma di pedagogia divina.
MESSAGGIO DOTTRINALE
1. Chiamata universale alla salvezza. Il destino universale della salvezza non è stato scoperto dal Concilio Vaticano II, ma si trova nell’intimo stesso della Parola e della Rivelazione di Dio: "Dio vuole che tutti si salvino" . Nel testo della prima lettura Isaia, in una visione magnifica, vede venire a Gerusalemme, la città della salvezza, quasi in forma di processione liturgica, gli uomini di tutti i popoli, servendosi dei più svariati mezzi e portando le loro offerte a Dio. Dio ha chiamato e continua a chiamare tutti, senza eccezione, perché Dio è Signore e Padre di tutti. Può Dio Padre chiamare alcuni dei suoi figli alla salvezza e ad altri no? Sarebbe assurdo ed indegno della sua divina paternità! Dove senza dubbio c’è differenza è nei mezzi che Dio offre ai suoi figli per la salvezza. Il testo di Isaia dice che verranno a Gerusalemme su cavalli, carri, portantine, muli e dromedari. In altre parole, le vie per giungere alla salvezza di Dio, simboleggiata in Gerusalemme, sono molte e diverse. Al giorno d’oggi, la via più sicura è la fede cristiana, ma esiste anche la via delle religioni non cristiane. Esiste la via dell’etica e della coscienza. Esiste la via dell’ascesi e della mistica, ecc. D’altra parte, l’universalità della salvezza non ammette eccezioni né di popoli né di epoche, né di categorie sociali o professionali, né di caratteri (socievole, introverso, euforico…), di fisionomia (bello o brutto, proporzionato o sproporzionato…), fisiologia (forte o debole, grasso o magro…). Tutti ricevono la chiamata allo stesso modo, ma ciascun essere umano trova le sue proprie difficoltà e i suoi aiuti nel cammino verso la salvezza, che almeno in parte sono in rapporto con la razza, la fisionomia, il carattere, ecc. Per Dio non ci sono limiti: ha fatto tutto il possibile! Che faremo noi uomini di fronte a questa offerta universale?
2. La libertà dall’impegno. In una occasione qualcuno domandò a Gesù: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?" . Sappiamo che tutti sono chiamati a salvarsi, ma, si salveranno realmente tutti? Nella sua risposta, attraverso un linguaggio immaginativo e simbolico, Gesù cerca di inculcarci tre verità fondamentali: 1) La porta per entrare nel Regno di Dio, il regno della salvezza, è una porta stretta. La porta della chiamata la apre Dio e la apre a tutti, ma la porta della risposta dipende dalla libertà umana, e non tutti sono disposti ad entrarvi, soprattutto sapendo che è una porta stretta. Gesù ci dice perfino che ci saranno molti che cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Perché? Perché pretendono di entrare carichi di molte cose che impediscono loro il passaggio. Voler entrare implica il voler distaccarsi, e il farlo realmente. Senza questa volontà di distacco e senza questa libertà di sforzo, non si può oltrepassare la porta della salvezza. 2) L’ottenimento della salvezza non dipende dalla religione, e nemmeno dall’esperienza religiosa, perfino mistica, ma dalla condotta, dalle opere di salvezza. Non basta essere cristiano per assicurarsi la salvezza, perché se non facciamo le opere da cristiani, ascolteremo la voce di Dio che ci dice: "Non vi conosco, non so da dove venite" . Non è l’esperienza religiosa (l’aver mangiato e bevuto alla sua presenza) quella che causa la salvezza; se non va unita a opere che nascano da tale esperienza, Dio si vedrà obbligato a rispondere: "Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me, operatori di iniquità" . 3) Quelli che si salveranno, proverranno non soltanto da un luogo, ma da tutti i popoli e da tutti i confini della terra. "Verranno da oriente e da occidente, dal nord e dal sud, e si metteranno a tavola nel regno di Dio" . In tutti gli angoli della terra ci sarà gente coraggiosa e generosa che vorrà entrare per la porta stretta e che adotterà tutti i mezzi per riuscirci.
SUGGERIMENTI PASTORALI
1. Ammirare la pedagogia di Dio. La Bibbia, è, tra l’altro, il libro della pedagogia di Dio per la salvezza dell’uomo. Dio come pedagogo è simboleggiato dalla figura del padre. Cioè, la pedagogia divina è guidata dall’amore peculiare di un padre verso i suoi figli. Il testo della seconda lettura sottolinea un aspetto di questa pedagogia: la correzione. Quale padre c’è che non si sia visto in qualche occasione obbligato a correggere i suoi figli? A volte la correzione può terminare in castigo, un castigo educativo, istruttivo. Il figlio sa che, sebbene pianga e batta i piedi, la correzione o il castigo sono per il suo bene, e provengono da un padre che lo ama di cuore. Dio, per condurre l’uomo verso la porta stretta della salvezza, si vede obbligato a volte ad usare la "correzione" e il "castigo" . Anche in codesta maniera ci manifesta il suo amore di Padre. L’uomo, più che lamentarsi, inquietarsi con Dio, considerarsi vittima, dovrà ammirare la meravigliosa pedagogia di Dio, che con la sua premurosa provvidenza è costantemente sospeso alla nostra vita, segue da vicino tutti i nostri passi, e, quando è necessario, ricorre alla correzione per il nostro bene.
Ma è evidente che un padre non può ridursi a un semplice correttore. Sarebbe una caricatura della pedagogia paterna! Il padre, soprattutto, guida, incoraggia, entusiasma i suoi figli per le vie della verità e del bene. Così è anche la pedagogia divina, che mette alla nostra portata numerosi mezzi per risvegliare in noi il desiderio profondo della salvezza e per guidarci per la via sicura verso di essa. E lo fa in un modo assolutamente personale, perché Dio non è un educatore di massa, ma di figli.
2. La salvezza: iniziativa di Dio e compito dell’uomo. All’uomo è impossibile salvarsi da solo: è Dio che salva. Ma Dio non impone la salvezza, la offre. Dio non risparmia all’uomo il compito di accettarla, e così, di essere salvato. Non è l’uomo che prende l’iniziativa della salvezza, ma Dio. Però non è Dio che ha il compito della salvezza, ma l’uomo. Iniziativa e compito! Bellissima coniugazione di sinergia tra un Padre che ama alla follia i suoi figli, e dei figli che si preoccupano di comportarsi come tali! Se Dio rinunciasse, per assurdo, all’iniziativa della salvezza, rinuncerebbe al suo amore di Padre e al suo progetto eterno sul destino dell’uomo. Se l’uomo rinunciasse al suo compiuto di salvezza, da una parte, rinuncerebbe alla sua condizione di uomo caduto, e, dall’altra, al suo fine e destino eterni. L’iniziativa di Dio infonde all’uomo sicurezza e certezza della salvezza. Il compito della salvezza gli fa mettere in gioco la sua libertà, e dare tutto se stesso ad usarla in sinergia con l’iniziativa divina. Tutto ciò è stupendo, ma ci accade sovente di vivere la vita senza pensare molto a queste cose, travolti forse dagli stessi avvenimenti quotidiani. La domenica è un buon giorno per pensare a tutto ciò, per fare una sosta nel cammino della quotidianità e pensare a qualcosa che vale la vita, e l’eternità. Se la "salvezza" fosse più presente nei nostri piccoli doveri di ogni giorno, non cambierebbe forse qualcosa nel nostro modo di vivere e di agire? Non è tempo di lamenti! È tempo di azione e di speranza!