Lineamenti di una civiltà cristiana
il Medioevo
scaricabile gratuitamente da:
www.totustuus.es
“Vi fu un tempo in cui la filosofia del Vangelo governava la società: allora la forza della sapienza cristiana e lo spirito divino erano penetrati nelle leggi, nelle istituzioni, nei costumi dei popoli, in ogni ordine e settore dello Stato, quando la religione fondata da Gesù Cristo, collocata stabilmente a livello di dignità che le competeva, ovunque prosperava, col favore dei Principi e sotto la legittima tutela dei magistrati; quando sacerdozio e impero procedevano concordi e li univa un fausto vincolo di amichevoli e scambievoli servigi” (Leone XIII, Enc. Immortale Dei).
Queste pagine si propongono di narrare la nascita, il pieno sviluppo e il declino del medioevo, non già la fine del mondo antico o gli esordi dei tempi moderni, e, d’altra parte, non formano nemmeno un quadro completo dell’Occidente medioevale, bensì tracciano linee generali concretizzate in alcuni esempi mutuati ora a questo ora a quel settore. Altro non si propongono che di fornire al lettore delle prospettive nelle quali, ove egli desideri approfondire ulteriormente lo studio, possa collocare dati più circostanziati.[…]
Di conseguenza esse cominciano con le migrazioni della fine del IV e dei primi del V secolo. Molto hanno discusso e ancora discutono gli storici intorno alla data d’inizio del medioevo: è la crisi romana intervenuta a mezzo il III secolo – che segna la fine della civiltà antica e scava il fossato tra Oriente e Occidente – o, con maggior precisione, la fondazione di Costantinopoli che, nel 330, concretizza codesta scissione della «Romania»?
Penetrazione massiccia nei territori dell’impero di barbari impermeabili alla cultura romana e decisi a distruggerla per ricostruire un nuovo mondo?
Caduta dell’impero d’Occidente? Stanziamento dei musulmani nel Mediterraneo?
La maggior parte di codeste posizioni sono sostenibili perché, come vedremo più oltre esaminandole particolareggiatamente, racchiudono una buona parte di verità.
Ma, dal nostro punto di vista, il fatto decisivo è incontestabilmente l’attraversamento del Reno e del Danubio da parte delle tribù germaniche. La civiltà medioevale è nata, infatti, dalla collaborazione fra Roma, i barbari e la Chiesa. Il medioevo comincia dunque nel momento in cui questi tre fattori sono posti strettamente a contatto, cioè con le «grandi invasioni».
Minori controversie ha sollevato il terminus ad quem. Tra il 1450 e il 1550 si sono prodotte tali trasformazioni, che gli studiosi non hanno potuto esitare. È innegabile che in quel momento un nuovo mondo, in gestazione fin dal secolo XIII, fin da prima, anzi, in taluni settori e in certi centri religiosi o intellettuali, si è definitivamente costituito.
Esso è il frutto di avvenimenti religiosi, economici, intellettuali e politici, non semplicemente concomitanti, ma strettamente implicati gli uni negli altri.
La Riforma vuol porre fine ad abusi troppo antichi ma, esulando dalla disciplina nel dogma, riprende dottrine eterodosse, infrange l’unità religiosa dell’Occidente, prepara guerre civili, se si può adoperare questo aggettivo per l’epoca in questione. E se, checché si sia detto in proposito, essa non sembra incoraggiare il capitalismo in modo particolare, certamente promuove, con la teoria del libero esame, l’individualismo.
In campo economico, orizzonti e strutture si modificano. Le grandi scoperte – originate dalle ricerche dei popoli mediterranei e dei loro rivali asiatici, non meno che dall’avanzare dei Turchi – orientano verso Occidente, cioè verso il futuro, un mondo fino allora rivolto soprattutto verso l’Oriente e il sud, verso il passato. In tal modo, fondano la supremazia di Londra, Anversa, Amsterdam, Amburgo… rispetto a Venezia, Genova, Pisa, Marsiglia o Barcellona e, più generalmente, la preponderanza definitiva del settentrione sul mezzogiorno.
D’altra parte, non meno, e anche più dell’evoluzione politica del momento, esse favoriscono il capitalismo; gli Stati, ampliando le proprie attribuzioni e, pertanto, le spese, sono costretti a fare più ampio ricorso al credito; i prestiti che essi lanciano offrono possibilità di investimenti assai redditizi ai ricchi e agli audaci.
Le grandi scoperte moltiplicano le fonti di investimenti ancora più lucrosi: si fanno ingenti guadagni commerciando coi nuovi paesi, in cui si collocano mercanzie di scarso valore contro prodotti precedentemente rari o sconosciuti e ricercatissimi!
Gli uomini del XVI secolo hanno così molte occasioni di «guadagnare e trafficare» e, serviti dai progressi tecnici compiuti fin dal secolo XIII dai grandi mercanti italiani, stimolati dall’aumento dei prezzi provocato dall’afflusso dei metalli preziosi ed emancipati dalle idee cristiane e corporative sul giusto prezzo o sul bene comune liberati dalle antiche costrizioni morali e sociali, non pensano che a sfruttarle senza scrupoli, ciascuno per sé.
In effetti, gli umanisti hanno scosso il giogo della Scolastica. Si tratti di cultura o di religione, essi vogliono, al di là di quella, abbeverarsi alle fonti. Anche coloro che, come Erasmo, rimangono profondamente legati al cattolicesimo – a fortiori gli altri, come un Valla, – aprono la via all’individualismo, al razionalismo critico, magari al naturalismo materialista.
In campo politico, infine, si instaura l’assolutismo, parimente fondato, in quel momento, su concezioni romane.
Nei settori più diversi, dunque, intorno all’anno 1500 si nota la fine della civiltà di cui questo libro si propone di rifare la storia.
Da ogni parte uno spirito «moderno», più assetato di libertà che di disciplina, respinge lo spirito medioevale, di stretta osservanza cristiana.
Le forze che esso emancipa, sul piano individuale come su quello statale, segnano la fine di quel carattere comunitario e di quell’internazionalismo che furono i caratteri essenziali del medioevo al suo apogeo. Il particolarismo trionfa dovunque.
Se ciò nonostante sussiste una civiltà occidentale, essa si fonda ormai o sulla sopravvivenza più o meno cosciente di talune «categorie» medioevali, ovvero su una nuova base, più ristretta e più fragile: non più l’adesione alla stessa fede, ma la venerazione per la stessa antichità. Non c’è più stretta unità, né influenza decisiva della Chiesa e, pertanto, non c’è più medioevo.