Bush ha portato al papa un regalo: l’alleanza tra cattolici ed evangelicals
È una novità assoluta nella storia degli Stati Uniti e si è consolidata con l’attuale amministrazione. Il ruolo chiave di padre Richard J. Neuhaus nell’inner circle della Casa Bianca
di Sandro Magister
7/6/2004
ROMA – L’incontro del 4 giugno in Vaticano tra George W. Bush e Giovanni Paolo II ha sensibilmente riavvicinato le posizioni delle due parti: anche a proposito dell’Iraq su cui un anno fa la spaccatura era forte. Ne fa testo il discorso pronunciato dal papa.
Ma anche tra Bush e i cattolici degli Stati Uniti è in atto un sensibile avvicinamento. Nei sondaggi in vista delle presidenziali di novembre i cattolici sono in maggioranza a favore della riconferma del presidente in carica. E questo nonostante egli sia metodista, mentre cattolico è il suo sfidante, il democratico John F. Kerry.
Non solo. È in fase avanzata un avvicinamento ancor più rilevante, ed è quello tra i cattolici americani e i loro più accesi rivali religiosi: i protestanti evangelicals. Questo avvicinamento è una novità assoluta nella storia degli Stati Uniti. E si è consolidato proprio con la presidenza Bush.
Negli Stati Uniti i cattolici sono un quinto dell’elettorato. Tradizionalmente hanno sempre sostenuto i candidati democratici, piuttosto che i repubblicani. E hanno sempre trovato gli evangelicals contro. Nel 1960, quando il cattolico John F. Kennedy era in corsa per la presidenza, i predicatori evangelicals fecero fuoco e fiamme. Per loro, eleggere Kennedy era come consegnare la Casa Bianca al Vaticano, assimilato all’Anticristo.
Oggi tutto è cambiato. Al cattolico Kerry vi sono vescovi che rifiutano di dare la comunione, per l’appoggio da lui dato al libero aborto. Mentre un numero crescente di cattolici fanno causa comune con gli evangelicals, a sostegno del repubblicano Bush.
C’è un episodio che testimonia in modo lampante questa prossimità. Sette giorni prima dell’incontro col papa, Bush ha incontrato a Washington un panel di uomini di Chiesa messo assieme da “Christianity Today”, la rivista che fa capo al più celebre dei predicatori evangelical, Billy Graham. Tra loro c’erano due cattolici di grande peso: il direttore di “Crisis”, Deal Hudson, e il direttore di “First Things”, padre Richard John Neuhaus (nella foto).
L’intervista è durata un paio d’ore ed è stata trascritta per intero nell’edizione on line di “Christianity Today”. Bush è stato incalzato su tutto: l’Iraq, Israele, il papa, l’islam, Cuba, il terrorismo, le torture, la famiglia, la scuola, la preghiera. E dalle sue risposte si ricava che egli ha una visione delle cose semplice e coerente, a forte impronta religiosa.
Un dato interessante è che l’attuale avvicinamento tra cattolicesimo e protestantesimo evangelical si riflette nella stessa esperienza personale di Bush.
Nell’intervista, Bush ha detto che legge ogni mattina una pagina di Oswald Chambers (1874-1917), uno dei più popolari maestri spirituali evangelicals dell’ultimo secolo. Ha detto che è lettore assiduo anche degli scritti di un altro evangelical, l’ex cappellano del senato degli Stati Uniti, Lloyd Ogilvie. Ha detto che si appresta a rileggere per intero la Bibbia nell’arco di un anno, come ha già fatto più volte da quando, nel 1985-86, frequentò la scuola biblica di Donald Evans.
Bush è lui stesso un born-again Christian, un rinato alla fede. Prima di lui anche Jimmy Carter lo fu. Ma Bush è il primo presidente che in due posti chiave della sua amministrazione ha voluto vicino a sé altri evangelicals: il ministro della giustizia John Ashcroft, pentecostale delle Assemblee di Dio, e Condoleezza Rice, figlia di una pastora battista.
La novità è che della cerchia più interna dei collaboratori di Bush fa parte da qualche tempo anche un sacerdote cattolico di grande autorevolezza. È padre Neuhaus, già pastore luterano, convertitosi al cattolicesimo nel 1990 e ordinato prete l’anno successivo dall’allora arcivescovo di New York, il cardinale John O’Connor.
Padre Neuhaus è teologo dei più affermati. Meglio: è teologo e politologo, un po’ come fu Reinhold Niebuhr per i protestanti americani di metà Novecento. Dirige “First Things”, che è la rivista principe dei neocons cattolici, sulla quale le firme più ricorrenti sono quelle di George Weigel, Michael Novak e Avery Dulles, tutti e tre con forte credito in Vaticano. Weigel è autore di una monumentale biografia di Karol Wojtyla molto apprezzata dallo stesso papa. Novak ha studiato teologia alla Pontificia Università Gregoriana e insegna tuttora nelle facoltà teologiche di Roma; lo scorso anno Bush lo inviò in Vaticano a illustrare la fondatezza teologica della sua decisione di far guerra all’Iraq. E Dulles, gesuita, è stato fatto addirittura cardinale, nel 2001; è anche lui un convertito e discende da una famiglia dell’establishment WASP, acronimo di White Anglo-Saxon Protestant: suo padre, John W. Foster Dulles, fu segretario di stato con la presidenza Eisenhower e suo zio, Allen W. Dulles, fu capo della CIA.
Ebbene, nell’intervista di “Christianity Today” Bush si rivolge confidenzialmente, chiamandolo per nome, a uno solo degli otto uomini di Chiesa che ha di fronte: a padre Neuhaus. E lo fa due volte per attestargli la sua grande stima.
Una volta Bush ricorda d’essere debitore a Neuhaus per tutto ciò che riguarda la conduzione della battaglia per la valorizzazione del matrimonio e della famiglia: asse portante della sua politica interna.
E un’altra volta dice letteralmente di lui: “Ho bisogno più che mai della vicinanza di padre Richard, perché mi aiuta a capir bene queste cose”. Le “cose” sono il senso religioso della sua missione di presidente, e più in particolare il nesso tra la sua responsabilità per la nazione e le preghiere che i cittadini elevano a Dio per lui.
L’avvicinamento tra evangelicals e cattolici, negli Stati Uniti, cominciò dieci anni fa con un documento congiunto dal titolo inequivocabile: “Evangelicals and Catholics together”. Per i primi, alla testa del dialogo c’era Charles Colson, già collaboratore di Nixon e con lui travolto dallo scandalo del Watergate, poi rinato alla fede. Per i cattolici c’era padre Neuhaus, con l’appoggio del cardinale O’Connor e del futuro cardinale Dulles.
Di Neuhaus aveva fatto colpo sugli evangelicals un libro: “The Naked Public Square”, un’analisi della crescente scomparsa del religioso nella vita pubblica. Quel libro mise in luce che tra il pensiero cattolico e quello evangelical ci sono molti tratti comuni. Anche traducibili in opere.
Da allora, gli evangelicals hanno fatto molta strada. Tra i cristiani, sono i più in crescita in tutto il mondo. Negli Stati Uniti sono oggi il 43 per cento della popolazione, secondo un sondaggio della Gallup. La loro pressione è stata determinante su molte scelte della presidenza Bush: dal sostegno alla famiglia alla lotta contro l’aborto; dalla difesa della libertà religiosa nel mondo alla lotta contro il mercato nei nuovi schiavi; dalla pace in Sudan alla guerra in Iraq e all’appoggio più deciso che mai a Israele. In politica estera, nello storico scontro tra “realisti” e “idealisti” si sono schierati con questi ultimi. È tipicamente evangelical la dottrina dell’esportazione della democrazia ovunque. È evangelical Bush quando dice: “La libertà è il dono di Dio Onnipotente a ciascun uomo e a ciascuna donna in questo mondo”.
E cammin facendo, gli evangelicals si sono incontrati e associati con i neocons, con ebrei tipo Michael Horowitz, grande difensore dei cristiani perseguitati nel mondo, con i cattolici. O meglio, con una corrente del cattolicesimo all’inizio marginale, ma oggi molto più consistente e autorevole.
A Laurie Goodstein, su “The New York Times” del 31 maggio 2004, padre Neuhaus ha detto: “È uno straordinario riallineamento che se continua creerà una configurazione tutta nuova della cristianità in America”.
Intanto, il papa di Roma non è più l’Anticristo, per gli evangelicals degli Stati Uniti. In un recente loro sondaggio, Giovanni Paolo II ha ottenuto il primo posto per popolarità, col 59 per cento, davanti a Pat Robertson col 54 e a Jerry Falwell col 44 per cento.
E lui, il papa, ricambia, con un occhio alle presidenziali di novembre. Sul “Corriere della Sera” del 4 giugno Luigi Accattoli, il vaticanista che più fedelmente di tutti riporta il sentire del palazzo pontificio, ha scritto che il papa ha già deciso: al cattolico Kerry preferisce l’evangelical Bush. E “lo vuole aiutare presso l’elettorato cattolico”.
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Il discorso del papa a Bush, nell’udienza del 4 giugno 2004:
> “Mr. President, I offer a warm welcome…”
E il saluto di Bush al papa:
> “Your Holiness, thank you very much…”
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La trascrizione integrale dell’intervista di “Christianity Today” col presidente degli Stati Uniti, 26 maggio 2004:
> Bush Calls for “Culture Change”
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La rivista diretta da padre Richard John Neuhaus:
> “First Things”
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Un saggio sulle variazioni della presenza cristiana nel mondo, con gli evangelicals primo fattore di cambiamento:
Philip Jenkins, “La terza Chiesa. Il cristianesimo nel XXI secolo”, Fazi, Roma, 2004, pp. 382, euro 22,00.