(l’Espresso) Le difficoltà con l’ortodossia greca

  • Categoria dell'articolo:Pubblicazioni

Sharing is caring!

Da Atene a Roma: il viaggio mancato di Sua Beatitudine Christodoulos
Il santo sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia boccia la visita al papa dell’arcivescovo di Atene. Lui spiega in un’intervista le sue ragioni. Ecumenismo con i cattolici “in seconda classe”

di Sandro Magister

 ROMA – Sabato 27 novembre Giovanni Paolo II restituirà al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I le reliquie di san Giovanni Crisostomo e di san Gregorio di Nazianzo trafugate dai crociati nel 1204 dopo il sacco della capitale dell’impero d’oriente.

Bartolomeo I aveva chiesto di riavere quelle reliquie incontrando il papa a Roma lo scorso giugno. E Giovanni Paolo II aveva prontamente acconsentito.

In un primo tempo il papa aveva progettato di portarle lui stesso a Costantinopoli il 30 novembre, festa di sant’Andrea, e di far tappa anche nella capitale della Turchia, Ankara. Ma poi il suo viaggio è stato cancellato e sarà Bartolomeo I a recarsi a Roma a ricevere le reliquie, in una solenne cerimonia nella basilica di San Pietro.

In più, entro la fine del 2004 Giovanni Paolo II si apprestava a ricevere a Roma la visita di un altro alto esponente dell’ortodossia, il primate di Grecia Christodoulos, arcivescovo di Atene.

A lui il papa avrebbe donato un’altra venerata reliquia, un anello della catena della prigionia di san Paolo, promessagli durante il suo viaggio in Grecia nel maggio del 2001.

Ma questa visita a Roma di un arcivescovo ortodosso di Atene – la prima nella storia – è stata improvvisamente cancellata all’inizio di ottobre.

A bocciarla è stato il santo sinodo della Chiesa di Grecia, che per 45 voti contro 15 ha imposto a Christodoulos di rinviare il viaggio.

Per quali motivi? Per una irriducibile ostilità contro la Chiesa di Roma? La stessa ostilità che aveva costretto Giovanni Paolo II ad aspettare 23 anni prima di far visita ad Atene?

L’arcivescovo Christodoulos ci ha rilasciato ad Atene la seguente intervista:


”Siamo tutti sulla stessa barca”

Intervista con Sua Beatitudine Christodoulos, arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia


D. – Chi e perché ha bloccato il suo viaggio a Roma?

R. – “Gli ambienti conservatori della nostra Chiesa non dimenticano le ferite della storia subite ad opera dei cattolici. In Grecia c’è libertà di stampa, e i circoli fondamentalisti scrivono e fanno scrivere che non dobbiamo avere rapporti con la Chiesa di Roma. La mia opinione è opposta. Occorre sensibilizzare i nostri vescovi e il popolo, per aiutarli a comprendere che, senza rinnegare la storia, possiamo avviare una nuova epoca di reciproca conoscenza e collaborazione”.

D. – Ha contatti con la minuscola Chiesa cattolica greca?

R. – “Con la comunità cattolica greca ho ottimi rapporti. Alcuni suoi vescovi sono stati miei compagni di scuola al liceo cattolico dei religiosi marianisti francesi. Abbiamo fatto passi concreti assieme, ad esempio per rendere possibile la visita del papa nel 2001, che ha avuto tra noi fortissime opposizioni ma poi è andata in porto con soddisfazione di tutti. Collaboriamo nella bioetica, nelle questioni sociali, nella promozione della donna. Un altro terreno d’incontro con i cattolici è stato il tentativo di iscrivere il cristianesimo nel preambolo della costituzione europea, quale fondamento dell’unità del continente. Purtroppo, si sa, la menzione è stata esclusa, come se non ci fossero i monumenti dello spirito e dell’arte che gridano la verità del fatto”.

D. – Questi i punti d’intesa. E quelli di disaccordo?

R. – “Due anni fa ho invitato i vescovi cattolici greci nel mio ufficio. Abbiamo stabilito di rivederci, ma purtroppo non è stato possibile perché la comunità cattolica ci ha un po’ rattristato, non sostenendo lo sforzo compiuto dalla nostra Chiesa per evitare che la religione di appartenenza fosse eliminata dalla carta di identità. Il governo socialista di Kostas Simitis annunciò questa decisione all’improvviso, mentre io ero all’estero, in Romania, e noi reagimmo raccogliendo tre milioni di firme e indicendo manifestazioni di massa. Ma questo nostro sforzo è stato avversato dalla Chiesa cattolica greca: essa pensa che la menzione della religione nella carta d’identità provochi una discriminazione nei confronti di chi non è cristiano ortodosso. Il che non è vero. A un arcivescovo cattolico ho detto: ‘Se non reagiamo subito a questa azione contro la Chiesa ne seguiranno altre. Siamo tutti sulla stessa barca, e quando affonderà affonderemo tutti, indipendentemente se viaggiamo in prima o seconda classe’”.

D. – Come pensa debba reagire la Chiesa all’offensiva laicista?

R. – Tra cristiani dovremmo metterci d’accordo per reagire al laicismo, ma non lo facciamo abbastanza. I protestanti, ad esempio, non hanno fatto nulla a favore della menzione delle radici cristiane nella carta d’Europa. Dobbiamo stare più in guardia. Il laicismo allontana tanti dalla Chiesa, quando invece la Chiesa deve stare accanto al popolo e per il popolo. Si discute su come vincere la sfiducia della gente nella Chiesa. La Chiesa non deve seguire il mondo per guadagnarlo, ma stare davanti al popolo e indicargli la via della salvezza. La Chiesa c’è per questo, e non per fare attività sociale. La Chiesa ortodossa è una Chiesa della tradizione. Nella nostra vita al primo posto c’è il culto di Dio. Teniamo vive l’ascesi, il digiuno, le veglie di preghiera per tutta la notte, e i nostri monasteri sono centri di vita spirituale. Abbiamo la coscienza di non aver cambiato nulla di quanto stabilito dagli apostoli e dai santi padri. Il modernismo è fuori dal giardino della Chiesa. Specie in materia di fede, nessun cambiamento è possibile”.

D. – È sicuro che il popolo vi segua?

R. – “Sia in Grecia come nella diaspora greca nel mondo, in ogni nuova città noi costruiamo anzitutto due cose: la chiesa e la scuola, ossia i luoghi per il prete e il maestro, la fede e l’educazione. Tuttavia, per oltre quattrocento anni abbiamo avuto un dominatore di nazione e di religione diverse. E chi è rimasto vicino al popolo semplice, mentre i nostri intellettuali emigravano in Occidente? Il prete e il vescovo. Sono questi che hanno consolato il popolo. Ne hanno conservato la lingua e l’identità. Lo hanno condotto all’indipendenza. Lo hanno aiutato ad elevarsi non perché gliel’hanno imposto ma perché il popolo lo voleva. Questo forse un europeo d’Occidente non lo può capire, perché sente il sacerdote lontano da sé socialmente e ideologicamente. Noi in Grecia, come Chiesa, siamo la continuazione dell’antica assemblea del popolo, quando nell’Atene democratica tutti i cittadini partecipavano al governo della città. Ai nostri giorni succede lo stesso: nella parrocchia tutti partecipano senza distinzioni, nei propri ruoli, e non ho mai sentito interpretazione migliore del rapporto tra Chiesa e stato, tra Chiesa e popolo in Grecia, di quella di uno studioso turco che a Cipro, in un convegno, disse di essere ammirato per come la Chiesa in Grecia ha aiutato la liberazione e lo sviluppo del paese, mentre invece nel suo paese musulmano la religione ha condotto al regresso”.

D. – Eppure la Chiesa greca ha fama di essere conservatrice e arretrata.

R. – “Ricordo quello che un giornalista francese ha scritto recentemente sul quotidiano ‘La Croix”. Ha capito l’identificazione del prete col popolo, in Grecia, quando ha visto i nostri sacerdoti sposati vivere con i loro figli e le mogli come tutti gli altri uomini, quando li ha visti dopo la messa prendere il caffé con i loro fedeli, quando ha saputo che da parte della Chiesa c’è molta comprensione e affetto verso il popolo, come nelle questioni matrimoniali dove vengono permessi due divorzi e tre matrimoni. Se uno apprende non dal vivo ma solo da testi scritti quali siano le relazioni tra Chiesa e stato in Grecia può giudicarci conservatori o retrivi. Ma questo è inesatto. Nelle questioni dei diritti umani e delle libertà religiose siamo pionieri in tutto il mondo, non solo nelle leggi ma anche nella mentalità del popolo”.

D. – Pionieri di civiltà?

R. – “La cattiva informazione nei nostri confronti ha portato a tutto il mondo la bella sorpresa dei giochi olimpici di Atene, quando questo popolo greco è riuscito a fare ciò che sembrava irraggiungibile: organizzare i giochi meglio di tanti paesi considerati progrediti, con in più la cultura da cui questi stessi giochi sono nati. In Occidente si fa confusione sui termini civiltà e cultura. Vi sono dei popoli civilizzati che però mancano di cultura come ‘paideia’ e senso della vita. Civiltà per noi non sono solo i mezzi di trasporto, le strade, le opere pubbliche. Civiltà è cammino di vita, cura per l’uomo, amore per il prossimo che soffre, poiché molte volte lo sviluppo ha il suo prezzo che è la solitudine, la disperazione, la noia per la vita, la mancanza di ottimismo e di speranza, il ricorso ai medicamenti come a una finta scappatoia dai labirinti della vita. Dobbiamo imparare l’umiltà della misura: ‘métron áriston’, la misura è l’ottimo, dicevano i nostri antichi. Dobbiamo saper contemperare la tecnologia con la cultura per far vivere la nostra civiltà”.

D. – Che cosa pensa di un ingresso della Turchia nell’Unione Europea?

R. – “Il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, è orientato a favore dell’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, e noi siamo d’accordo con lui. Ma vi sono alcune priorità: i diritti umani e la libertà religiosa. Inoltre, la Turchia è pronta a condividere i principi della civiltà europea? E poi, dal punto di vista geografico dove finisce l’Europa? A Costantinopoli certamente, ma l’area di Constantinopoli fin dove arriva? L’identità europea è determinata anche da razza e religione: su questo punto non siamo ancora arrivati a una conclusione”.

D. – Che giudizio dà dell’ecumenismo?

R. –“Noi guardiamo con simpatia al movimento ecumenico e auspichiamo che il dialogo teologico tra cattolici e ortodossi possa riprendere al più presto”.

D. – Quali sono, a suo avviso, gli ostacoli maggiori?

R. – “Il problema dell’uniatismo [ossia delle Chiese di rito orientale unite al papa di Roma] è particolarmente serio per tante Chiese ortodosse nazionali e auguriamo che venga superato al più presto. Inoltre ci sarà da discutere il ministero di Pietro dal punto di vista teologico”.

D. – Giovanni Paolo II l’ha posto lui stesso in discussione nell’enciclica “Ut Unum Sint”.

R. – “Per noi ortodossi il vescovo di Roma ha un primato d’onore e non di giurisdizione. Si tratta di una questione difficile, che ha bisogno di tanta pazienza, attenzione e preghiera, dato che in tanti secoli sono sorte serie differenze ecclesiologiche fra ortodossi e cattolici, che non è facile cancellare. La responsabilità appartiene a noi tutti, vescovi, chierici e laici, e dipende dalla nostra autodeterminazione, per cui con tanta umiltà dobbiamo chiedere la misericordia del nostro Signore Gesù Cristo e la sua illuminazione dicendogli: ‘Parla, o Signore, il tuo servo ti ascolta’. Sta di fatto che la lotta per l’imposizione di un potere secolare [d’una Chiesa su altre] è sconveniente, e più effettiva è l’unità spirituale, secondo la parola dell’apostolo Paolo fondatore della Chiesa di Grecia”.

D. – Si parla da tempo di un sinodo tra tutte le Chiese ortodosse. A che punto è la sua preparazione?

R. – “Spetta al patriarca ecumenico di Costantinopoli – primo secondo un’antica decananza d’onore – il ruolo di coordinare la convocazione di un sinodo panortodosso, che non si tiene da più di mille anni. Noi auguriamo, preghiamo e, per parte nostra, cerchiamo di eliminare gli ostacoli per poter giungere al momento benedetto della nostra riunione plenaria nello Spirito Santo”.

D. – Col patriarcato di Costantinopoli come sono i vostri rapporti?

R. – “Dopo un serio scontro [sulla nomina di tre vescovi nella Grecia del nord] direi che sta ritornando l’affetto e la comprensione fra noi. La cosa primaria è la cura pastorale del popolo, di cui siamo i servitori. Non dobbiamo né rattristarlo né scandalizzarlo per questioni che, per di più, non capisce”.

D. – E i rapporti con le Chiese ortodosse di Russia e Romania? Accusano i greci di controllare i patriarcati di Alessandria d’Egitto e Gerusalemme.

R. – “La verità è che i patriarcati storici di Alessandria d’Egitto e di Gerusalemme hanno pochissimi fedeli, ed è la Chiesa greca che dà loro aiuto, prestando trecento suoi preti, molti dei quali missionari in Africa. La missione ortodossa in Kenya, in Uganda e in altri paesi africani fa capo tradizionalmente al patriarcato di Alessandria d’Egitto. E il nuovo patriarca da poco nominato, Feofan, originario dell’isola di Creta, sta dando ad essa un forte impulso”.

__________


All’intervista con l’arcivescovo di Atene era presente anche il vescovo Atanasios di Achaia, rappresentante della Chiesa di Grecia a Bruxelles. È lui che ha risposto all’ultima domanda e alla precedente sull’ingresso della Turchia in Europa.

__________


Ma per l’arcivescovo cattolico Fóscolos le barricate non sono cadute


Sul quotidiano della conferenza episcopale italiana “Avvenire”, il 29 ottobre, l’inviato Mimmo Muolo ha affiancato ad alcune affermazioni dell’arcivescovo Christodoulos sui rapporti con i cattolici di Grecia altre affermazioni – di diverso tenore – dell’arcivescovo cattolico di Atene, Nikolaus Fóscolos.

In Grecia i cattolici ellenici sono 50.000, lo 0,5 per cento della popolazione, ma ad essi si sono aggiunti negli ultimi anni 2-300.000 immigrati di diverse nazionalità.

Fóscolos lamenta che sono trattati come cittadini di seconda classe: “Qui chi non è ortodosso non è considerato vero greco”.

E sostiene che la menzione della religione di appartenenza sulle carte di identità “era un fattore di discriminazione: i nostri giovani, a causa di quella menzione, spesso non trovavano lavoro”. Per questo motivo la comunità cattolica ha visto con favore l’abolizione di questa menzione, contro cui la Chiesa ortodossa ha invece reagito con veemenza.

Anche il mancato riconoscimento della personalità giuridica pubblica della Chiesa cattolica è motivo di insoddisfazione, per Fóscolos:

“Dal 1946 la legge greca impedisce ai nostri enti, creati dopo quella data, di essere riconosciuti dallo stato. È ora di mettere fine a questa ingiustizia. È evidente, infatti, che il governo non vuole scontentare la Chiesa ortodossa, per una minoranza religiosa come la nostra. Speriamo che le cose cambino grazie all’Unione Europea”.

Un altro caso d’attrito tra la Chiesa ortodossa greca e i cattolici è recentissimo. Dice Fóscolos:

“Il 15 ottobre ho ascoltato personalmente l’arcivescovo Christodoulos affermare, nel corso di un telegiornale, che ‘i cristiani di Occidente hanno falsificato il cristianesimo’. Così, il giorno dopo, la nostra conferenza episcopale ha risposto con un comunicato: ‘Come possiamo creare un riavvicinamento tra le nostre due Chiese, quando ascoltiamo l’arcivescovo Christodoulos usare parole offensive verso la Chiesa cattolica?’. So che l’ufficio stampa della Chiesa ortodossa ha poi rettificato, ma dichiarazioni come queste rischiano di rinfocolare il fondamentalismo degli ortodossi più intransigenti”.

La frase contestata era stata pronunciata da Christodoulos nella città di Kastoria, nell’omelia di una celebrazione della guerra greca contro turchi e bulgari all’inizio del Novecento. I vescovi cattolici greci, riuniti quel giorno in conferenza episcopale, la interpretarono come un attacco alla Chiesa cattolica: come del resto aveva fatto il telegiornale della TV di stato, nel riferirla.

Nella rettifica, l’arcivescovado ortodosso di Atene ha negato d’aver voluto attaccare la Chiesa cattolica e ha spiegato che la frase nella sua interezza andava interpretata come un richiamo all’umiltà indirizzato a tutte le Chiese cristiane, a cominciare dalla stessa Chiesa ortodossa greca.

Analoga rettifica ha fatto il ‘protosincello’ Tommaso, vicario generale dell’arcivescovo Christodoulos, in un colloquio con il nunzio vaticano in Grecia, Paul Fouad Tabet.

L’ostilità contro la Chiesa di Roma e contro il dialogo ecumenico è una costante nella Chiesa greca, molto più che in altre Chiese dell’ortodossia. Nel 1963 il predecessore di Christodoulos, Crisostomos II, scongiurò il patriarca di Costantinopoli Atenagora di non incontrare a Gerusalemme papa Paolo VI – come poi avvenne – perché sarebbe stato come “piantare un coltello omicida nel cuore della Chiesa ortodossa”.

I monasteri del Monte Athos sono anch’essi roccaforte storica della resistenza all’ecumenismo, fatte salve poche e recenti eccezioni.

Dice l’arcivescovo cattolico Fóscolos: “La visita del papa nel 2001 ha abbattuto il muro, ma qualche barricata resiste ancora”.

La bocciatura ad opera del santo sinodo del progettato viaggio a Roma di Christodoulos ne è una prova.

Per l’arcivescovo ortodosso di Atene era pronta, a Roma, anche una laurea ‘honoris causa’ in diritto canonico alla Pontificia Università del Laterano. È rimasta nel cassetto.

__________


Il link al servizio di “Avvenire”:

> L’arcivescovo Fóscolos: il passato pesa ancora