La nuova politica vaticana con la Cina è di color rosso porpora
Il suo emblema è il neocardinale Zen, vescovo di Hong Kong. “Il colore della mia veste”, ha detto, “è il sangue degli eroi senza nome che hanno sofferto per essere fedeli alla Chiesa”
di Sandro Magister
“Esso significherà per voi una più intensa partecipazione al mistero della croce nella condivisione delle sofferenze di Cristo. E noi tutti siamo realmente testimoni delle sue sofferenze oggi, nel mondo e anche nella Chiesa”.
Due giorni dopo, all’Angelus di domenica 26 marzo, il papa ha ribadito questo significato della porpora con parole ancor più nette, parlando a tutti i fedeli:
“Il sacrificio della vita è un carattere distintivo dei cardinali, come attesta il loro giuramento e come è simboleggiato dalla porpora, che ha il colore del sangue”.
Non solo. Benedetto XVI ha associato il sacrificio della vita simboleggiato dalla porpora ai martiri della Chiesa ricordati in quello stesso giorno e alle comunità cristiane perseguitate in vari paesi del mondo:
“Per una provvidenziale coincidenza, il concistoro si è svolto nella giornata del 24 marzo, in cui si sono commemorati i missionari che nell’anno trascorso sono caduti sulle frontiere dell’evangelizzazione e del servizio all’uomo in diverse parti della terra. Il concistoro è stato così un’occasione per sentirci più che mai vicini a tutti quei cristiani che soffrono persecuzione a causa della fede. […] Il mio pensiero si rivolge, in modo particolare, a quelle comunità che vivono nei paesi dove la libertà religiosa manca […] e versano in condizioni di più grande difficoltà e sofferenza”.
Uno di questi luoghi di sofferenza per i cristiani è la Cina, patria del cardinale più in vista dei quindici creati da Benedetto XVI nel suo primo concistoro: il vescovo di Hong Kong, Giuseppe Zen Ze-kiun.
Nel pomeriggio di domenica 26 marzo, celebrando la messa con i cinesi cattolici presenti a Roma, Zen ha detto nell’omelia, che era anche un messaggio ai cattolici del suo paese:
“Il colore rosso che io vesto significa la prontezza di un cardinale a versare il proprio sangue. Ma non è il mio sangue che è stato sinora versato: è il sangue e le lacrime dei numerosi eroi senza nome della Chiesa ufficiale e sotterranea che [in Cina] hanno sofferto per essere fedeli alla Chiesa”.
L’omelia e il messaggio del nuovo cardinale cinese sono stati trasmessi dalla Radio Vaticana. Che il giorno precedente, 25 marzo, ha dato grande rilievo anche a due interviste del ministro degli esteri della santa Sede, Giovanni Lajolo, alla I-Cable TV di Hong Kong e al più importante quotidiano di quella stessa città, il “South China Morning Post”.
“Nel creare cardinale il vescovo di Hong Kong – ha detto Lajolo alla I-Cable TV – il papa confida che tale gesto verrà compreso correttamente e, in qualche modo, ricambiato”.
A proposito dei rapporti tra Pechino e la Santa Sede, Lajolo ha premesso che i “cattolici cinesi non si sentono meno cinesi per il fatto di essere cattolici”, anche se ovviamente “non si può essere cattolici se non si è in comunione con il papa”. Quindi ha affermato che qualora “potessero essere stabilite relazioni aperte e stabili tra il governo cinese e la Santa Sede, ogni tensione potrebbe essere conseguentemente superata senza ambiguità”.
La Santa Sede – ha detto ancora Lajolo – “ha sempre espresso con chiarezza che cosa chiede e che cosa è pronta a concedere”, come anche “ciò a cui non può rinunciare per rimanere fedele a se stessa”. Ha aggiunto: “Secondo la nostra opinione il tempo è maturo”: le autorità della Cina “non possono ignorare le aspettative della propria popolazione, così come i segni dei tempi”.
Al “South China Morning Post” Lajolo ha confermato che vi sono “contatti non ufficiali” con il governo di Pechino: i quali hanno “alti e bassi” ma “non sembrano senza frutto” e mostrano “una attitudine di apertura piuttosto che di chiusura” da parte cinese.
A proposito di un viaggio in Cina di Benedetto XVI prima dei Giochi Olimpici del 2008, Lajolo ha dichiarato che il papa “sarebbe sicuramente molto felice di una visita”, per “mostrare il suo amore paterno nei confronti di vescovi, sacerdoti e fedeli che hanno testimoniato e continuano a testimoniare una profonda e spesso sofferta fedeltà al successore di Pietro”. Tuttavia “dovranno prima esserci le oggettive necessarie condizioni e un invito da parte del governo cinese”.
Circa l’elevazione a cardinale del vescovo di Hong Kong, Lajolo ha ribadito che “la vivacità intellettuale” del nuovo porporato “dovrebbe costituire un esempio per abbattere quei muri di pregiudizio e paura nei confronti della Chiesa cattolica, totalmente ingiustificati, ma ancora presenti in alcuni settori”.
Quanto alla libertà religiosa e alle relazioni diplomatiche, Lajolo ha detto che “arrivano dalla Cina segni contraddittori. Abbiamo l’impressione che le massime autorità hanno intenzione di regolarizzare le relazioni, ma a livello intermedio c’è chi rema contro”. La libertà religiosa – ha ribadito – “è un diritto umano fondamentale” e per questo “non può sottostare ad alcuna limitazione” da parte delle autorità politiche.
Il vescovo Zen è giudicato dai dirigenti cinesi più rigidi e dai capi dell’Associazione Patriottica che controlla la Chiesa ufficiale come un “piantagrane”. Ma nel suo messaggio ai cattolici cinesi ha chiesto loro di essere pazienti e di aiutare a costruire una “società armonica”, lavorando per la “maturità” della nazione.
Quello della “società armonica” è uno dei leitmotiv del presidente Hu Jintao. L’agenzia “Asia News” del Pontificio Istituto Missioni Estere, specializzata sulla Cina, in un suo dispaccio del 26 marzo, ha commentato:
“Per il vescovo Zen, parlare di ‘società armonica’ significa far intendere alla Cina che la richiesta di una piena libertà della Chiesa non è ‘un atto ostile’ contro il paese, ma uno dei passi necessari a Pechino per la riconciliazione anche interna, data la grande rinascita religiosa che si registra nella società cinese”.
In ogni caso, intervistato dalla Radio Vaticana, Zen ha detto di “avere un gran desiderio di parlare con le autorità di Pechino, perché conoscendo bene la Chiesa dal di dentro penso che potrò meglio spiegare come è fatta ai nostri dirigenti. Ho infatti paura che abbiano molte concezioni sbagliate o arretrate”.
Ma anche in Vaticano il contributo del vescovo Zen potrà essere prezioso. Lì infatti – ha scritto il direttore di “Asia News” padre Bernardo Cervellera, sinologo – “non mancano alcuni impazienti che, pur di avere rapporti diplomatici con Pechino, sarebbero disposti ad ogni compromesso”. Il cardinale Zen, che è di tutt’altra stoffa, ha detto nella stessa intervista alla Radio Vaticana:
“Penso che il Santo Padre voglia servirsi della mia esperienza in Cina e vorrà sentire certe informazioni, forse anche qualche suggerimento, da parte mia”.
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Il discorso di Benedetto XVI del 24 marzo 2006, nel concistoro per la creazione di quindici nuovi cardinali:
> “Venerati cardinali, patriarchi e vescovi…”
Il messaggio all’Angelus di domenica 26 marzo 2006:
> “Cari fratelli e sorelle, il concistoro…”