C’è un altro muro da abbattere
Per anni Giovanni Paolo II è stato “linciato” come reazionario e oscurantista, reo di anticomunismo e integralismo.
Oggi nessuno sembra ricordarlo.
C’è qualcosa di curioso nella paginate che i giornali
italiani in questi giorni dedicano (giustamente) a
Karol Wojtyla per i 25 anni del suo pontificato.
Vengono scandagliati tutti gli aspetti storici di
questo lungo ed epico papato, tutti fino al dettaglio.
Anche minimo.
Mentre ce n’è uno, il più grande, eclatante, quello
epocale di cui io francamente non riesco a trovare
traccia.
Eppure è quello che finirà sui libri di storia.
Ossia: il comunismo.
Ciò per cui Giovanni Paolo II passerà sicuramente alla
storia: ha abbattuto con la forza inerme della verità
il più potente, longevo e mostruoso impero planetario.
L’impero che aveva scatenato sulla cristianità la
persecuzione più spaventosa e sanguinaria della storia,
fino a mettere nel mirino lo stesso Successore di
Pietro.
Ma sui giornali italiani, oggi, pare sia proibito
parlare di comunismo.
Non si sa perché.
C’è un tabù.
Sarà perché il comunismo, com’è noto, non esiste e non è
mai esistito.
Chi pronuncia quella parola vaneggia o è un fanatico
provocatore.
Si fanno allora titoloni sul presunto papa pacifista,
dopo che il grande pontefice ha ripetuto in mille modi
di non essere un pacifista (è un pacificatore, non un
pacifista: la differenza è abissale) e dopo che ha
chiesto in ogni occasione, a tutte le religioni, la
condanna senza appello della violenza e del terrorismo
fondamentalista.
Cionondimeno sembra se ne voglia fare – sottilmente –
un’icona del pacifismo.
Magari di quello franco-tedesco.
Ieri sul Corriere della sera campeggiava addirittura
questo titolo di apertura della prima pagina: “Ciampi:
vicini al papa, amico dell’Europa”.
Ovviamente non se l’è inventato il Corriere.
Sintetizzava in effetti la dichiarazione del Presidente
della repubblica.
Ma – involontariamente – poteva sembrare quasi un
concetto sarcastico: è infatti notissimo il disinteresse
sprezzante e pure offensivo riservato proprio in questo
periodo dall’Unione europea ai ripetuti (decine di volte)
interventi del papa affinché nella Costituzione europea
venissero menzionate le radici giudaicocristiane
dell’Europa e Dio come unico, vero fondamento di tutti
i diritti (sempre minacciati) della persona umana.
L’intransigente opposizione ideologica di Francia e
Germania alla richiesta del Santo Padre (richiesta
nient’affatto confessionale, ma puramente storica, è
l’identità d’Europa, come ha sottolineato un grande
giurista ebreo-americano) non può essere rimossa: non ci
si può inventare proprio in queste ore una sintonia fra
Ue e Santa Sede, senza cadere nell’assurdo.
E’ infatti vero il contrario.
Certo, ha perfettamente ragione Ciampi quando dice
“Ella ha creduto nell’integrazione europea quando il
nostro Continente era diviso”.
Ma c’è una certa reticenza in questa frase che la rende
retorica.
Il Capo dello Stato doveva rilevare, per amore di verità,
la forte amarezza del Papa per le modalità attuali
dell’integrazione europea e si doveva aggiungere che il
Continente era stato diviso non da un temporale o da un
terremoto, ma da un Muro e da un filo spinato
insanguinato che il comunismo aveva eretto e che proprio
il Papa ha contribuito più di tutti ad abbattere.
Non certo le forze attualmente egemoni nella Ue.
Insomma, in tanti vogliono tirare il Papa dalla propria
parte, c’è addirittura chi sostituisce lo Spirito Santo
con “lo Spirito di Assisi” rischiando di far pensare che
sia il secondo ad assistere il Pontefice, ma un Papa
come questo non è scalfito neanche dalle
monumentalizzazioni equivoche.
La grande testimonianza di Giovanni Paolo II ha dimostrato
di prevalere perfino sui tentativi di strumentalizzazione
dei regimi, nel corso delle sue visite, sempre, dovunque,
meravigliosamente “destabilizzanti”.
In fondo era tutto scritto nel suo primo epico discorso in
piazza san Pietro proprio ieri ripetuto con forza durante
la celebrazione.
“Non abbiate paura”.
La prima frase che pronunciò è la stessa frase che Dio, in
tutta la Sacra Scrittura, pronuncia quando entra nella
storia umana.
E dopo quella parola rassicurante come un abbraccio di
madre, il Papa gridò (perché lo sentissero fino a Mosca)
da piazza San Pietro:
“Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo! Spalancate
le porte degli stati, dei regimi, dei sistemi economici,
della culture”.
Era la profezia di quello che sarebbe avvenuto grazie
alla sua formidabile testimonianza.
Regimi plumbei e feroci sono crollati appena a quell’uomo
inerme è stata aperta la porta del viaggio in Polonia
(dove, davanti a milioni di polacchi piangenti, proclamò:
“La Chiesa del silenzio ora non tace più!!!”).
Adesso barricata dietro una porta chiusa, ancora da
aprire, c’è l’Europa ideologica e la cultura del
politically correct.
Arroganti e impaurite.
Il grande Papa sta cercando di aprire anche qui uno
spiraglio.
Ma questo, nel presente e nel futuro, è anche il nostro
compito.
C’è ancora un Muro di ideologie tossiche da abbattere
in Europa.
Antonio Socci
(C) Il Giornale 17.10.2003