(il Giornale) Senza la ragione tutto è impossibile

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L’Europa che vuole il Papa è fondata sulla ragione

di Massimo Introvigne (il Giornale, 10 settembre 2007)

Nel suo viaggio in Austria Benedetto XVI è idealmente tornato a
Ratisbona e al memorabile discorso che lì tenne un anno fa. Un discorso
che molti ricordano solo per la critica all’islam, che in realtà era
assunto come elemento di contrasto per mostrare come l’Europa dovrebbe
essere e come purtroppo non è.

La «questione essenziale» per
Benedetto XVI non riguarda la fede ma la ragione. La grande domanda è –
come ha detto il Papa a Vienna – se la ragione «stia al principio di
tutte le cose e a loro fondamento o no». Questa domanda ha una risposta
positiva, che nasce dall’eredità greca, dall’ebraismo e dal
cristianesimo.

La cultura laica europea ha certamente dato
nuovi significati – non tutti accettabili per la Chiesa – alla parola
libertà. Ma questa idea di libertà – ha ricordato Benedetto XVI in
Austria con le parole del filosofo non credente Jürgen Habermas – nasce
sulle fondamenta ebraiche e cristiane del primato della ragione: «È
un’eredità immediata della giustizia giudaica e dell’etica cristiana
dell’amore», un lascito – aggiunge Habermas – cui «fino ad oggi non
esiste alternativa». Solo se si crede che la ragione sia un principio e
fondamento universale si può credere nella verità.

Credere,
cioè, che alcune norme e valori siano veri per tutti gli uomini in
quanto tali. La stessa fede cattolica può avanzare la sua pretesa unica
di verità, che il Papa ha ricordato sabato a Mariazell precisando che
«non significa disprezzo per le altre religioni», solo se, prima di
cominciare a parlare di Dio, si è d’accordo sul fatto che esiste la
verità e che la ragione può conoscerla.

Ma, ha aggiunto,
alla domanda cruciale sulla ragione purtroppo non tutti rispondono di
sì. C’è un’ampia parte della cultura europea che oggi pensa che «la
ragione sia un casuale prodotto secondario dell’irrazionale e
nell’oceano dell’irrazionalità, in fin dei conti, sia anche senza un
senso». A Vienna e a Mariazell, il Papa ha mostrato come per l’Europa
l’abbandono del primato della ragione porta a una «rassegnazione che
considera l’uomo incapace della verità». Se non esiste «la» verità, non
esistono «le» verità, né valori universali.

Nasce da qui la
grande lezione del Papa sulla domenica, che o è occasione per mettere
nel nostro tempo un «ordine interiore» intorno alla verità, o è
semplice «tempo libero» che diventa «tempo vuoto». E «se per l’uomo non
esiste una verità egli non può neppure distinguere tra il bene e il
male». Si penserà così che il Papa sia contro l’aborto, l’eutanasia, le
manipolazioni di una scienza che, senza limiti morali, diventa una
«terribile minaccia» capace di «distruggere l’uomo» per un suo
«interesse specificamente ecclesiale», senza comprendere che la Chiesa
difende la vita in nome della ragione prima ancora che della fede. E si
perderà anche la speranza, costruendo un’Europa ricca di beni materiali
ma «povera di bambini». Contro questo «invecchiamento spirituale» il
Papa chiede a tutti, anche ai non cristiani e ai non credenti, di
tornare a riconoscere il primato della ragione.