(il Giornale) Maggiolini:Un figlio o la seconda auto?

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 Antonio Socci sabato 26 corrente mese ha attirato da
queste colonne l’attenzione sun un problema anche e
soprattutto italiano gravissimo.
Il nostro paese si sta suicidando per mancanza di
bambini: o si cambia rotta, o il collasso demografico
non è lontano.
E con il collasso demografico anche quello economico.
Non si può pensare che i figli di famiglie generose
sostengano per moltotempo ancora persone pensionate
che non hanno voluto figli.
Nè sembra immaginabile – nè giusto – che degli
immigrati giovani si sobbarchino il peso di mantenere
gli italiani già avanti in età, che si riposano magari
con pensioni baby, senza che qualcuno di casa concorra
a pagarle.
Collegato a questo argomento, Socci enomera un lungo
elenco di provvedimenti punitivi verso la famiglia,
provvedimenti che sono opera di governi precedenti e
che l’esecutivo attuale cerca di superare almeno con
un simbolico assegno destinato ai genitori per la
nascita di ogni figlio.

E’ un avvio di stima, la strada da percorrere è
assai lunga.
L’amara constatazione che si ha della lettura del
quadro sociologico è che avere figli per una famiglia
significa impoverirsi.
Ed è rilievo verissimo almeno nei tempi brevi.
E se si tien conto del fatto che – si ponga – la norma
è d’avere almeno due automobili a disposizione per
casa, risulta chiaro che chi ne ha una sola si sente
un paria, uno straccione, un fallito.

Per dire che, forse, bisognerebbe rivedere i parametri
secondo cui si misura la povertà.
Un tocco di austerità può non guastare.
Richiamando – ovvio – i governi al loro dovere di
tutelare la famiglia e di sostenere una fecondità
prudente e magnanime.

A questo punto è forse il caso di smettere di
sbertucciare la Chiesa cattolica in proposito, il cui
insegnamento è spesso conosciuto a spanne e appare
inumano.

Procreazione responsabile: mai sentito parlare?
Si può decidere di rimanere sposi e di non diventare
genitori anche perchè non si vuol rinunciare a
crociere e agi costosissimi.
Salvo poi, avanti negli anni, lamentarsi perchè
non c’è lo straccio di un figlio che decida di darsi
cura del papà o della mamma.
(Capita già anche quando di figli se ne hanno dodici
e le vacanze incombono: ma nel lavoro educativo non
è stato incluso un pizzico di altruismo e di
generosità?).

Ancora.
Il figlio costringe sempre a rivedere i
rapporti tra le persone della casa: in primo luogo
unisce gli sposi in modo nuovo, più intenso e più
stabile.
Uno psicologo assai noto proponeva in questi giorni di
proibire il divorzio a genitori di bambini piccoli.
Per non creare traumi.
Per trasmettere valori e principii morali che
rimarranno per tutta la vita.
Un bimbo si accorge subito se mamma e papà si vogliono
davvero bene, o se stanno uniti per convenienza, per
facciata o per pigrizia: si accorge che sono tristi,
svogliati,egoisti. Dapprima possono trattare il
piccolo come un trastullo.
Poi il gioco dura poco: esige lealtà e freschezza
d’animo.
Meglio un cagnolino che spesso è più vezzeggiato.

C’è una ragione che le supera tutte nel rifiuto di
avere figli: è la paura del futuro.
Un bimbo costruisce sempre una sfida all’avvenire,
una scommessa sul domani.
Lo si mette al mondo se si ha un messaggio e una
passione da comunicare alla generazione che monta.
Se no, ci si chiude in uno sfruttamento reciproco
degli sposi, e l’umanità si aggiusti: vada al diavolo.
Non nego che poi ci possano essere coniugi che
rinunciano alla paternità e alla maternità per una
visione alta: Jacques e Raissa Maritain si erano
accordati di astenersi anche dalla sessualità
genitale per darsi alla ricerca della verità su Dio
e sull’uomo.
Vi sono anche omosessuali che pretendono di veder
riconosciuta la loro unione come matrimonio.
E i figli?
Ma come spiegare cose ovvie?
Cascano le braccia.

Vi sono frasi che dicono più di tomi alti così.
Come quando degli sposi si chiedono come dare la vita
ad altri [corsivo] infelici: dove quell’altri
[corsivo] la dice lunga in fatto di felicità.
E tra i motivi di gioia si metta non solo un
carattere allegrotto e una costituzione pacioccona,
ma anche l’impegno per il lavoro, l’attrazione per
l’iniziativa, il gusto per la bellezza e – perchè
no? – lo stupore di chi si educa educando.
Dopodichè si intravvede anche che la questione
demografica può esprimere una cività intimorita per
il futuro, zeppa di cianfrusaglie ma priva di senso
della vita, impegnata nel consumismo e protesa ad
uno sciupio sempre più vorace: una civiltà vagabonda
per mete nessuna delle quali vale la vita, priva di
capacità di soffrire per gli ideali, e di cultura
poi, eccetera.

Il numero dei problemi occupazionali, pensionistici
e riguardanti il budget medio della famiglia
italiana può dar l’avvio a un’analisi culturale.
E a qualche proiezione più o meno abbozzata.
Non entusiasmante.
Con relativi rimedi abbastanza facili da intuire.
Che costringono a reimpostare lo stile di vita, se
si vogliono attuare.

+ Mons. Alessandro Maggiolini
Vescovo di Como

(C) il Giornale, mercoledì 30 luglio 2003