(il Giornale) Maggiolini: Elogio dell’oratorio

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 La camera dei deputati ha votato una legge che riconosce la
funzione sociale e civile degli oratori e delle attività
similari, come i centri giovanili e altro, svolte dalla
Chiesa cattolica e dalle altre religioni con cui lo Stato
ha stipulato intese.

Il testo dovrà passare ancora al senato per un ritocco, ma
gli esperti assicurano che i giochi sono fatti.
Voti a favore 361, contrari 13, astenuti 3.
Quasi un coro unanime, dunque, se si eccettuano i
Comunisti italiani e Rifondazione.
Era ora. Per le strutture cattoliche si sa che esse tendono a formare
religiosamente i ragazzi e giovani in collaborazione tra
parrocchie e famiglie: catechesi, preghiera, elaborazione
culturale, divertimenti eccetera.
Una proposta educativa ampia e robusta, insomma.
E si possono trascurare le critiche di altri tempi, secondo
le quali venivano formate persone grette, impaurite, un pò
bigotte e così via.

Oggi, semmai, il pericolo è quello di fare una proposta
Pedagogica permissiva al limite dello spontaneismo, lasciando
così che gli oratoriani vengan su come la mentalità imperante
e il comportamento diffuso esigono.

O, di contro, il rischio è di mirare alla istituzione di
gruppetti di soci smorfiosetti, arcigni o svenevoli, capaci
soltanto di discutere senza curvare la gobba.

In tal modo non si cavano veri credenti.
Ancor meno si cavano soggetti generosi e tenaci protesi al
servizio dei poveri di molte categorie: risulta assai più
facile chiacchierare di pace o discettare diproblemi del
Terzo mondo, che perdonare un’offesa o aiutare in casa o
andare a visitare un ammalato.

A qualche osservatore distratto la decisione del Parlamento
può sembrare fuori tempo.
Non si abbia paura.
Conosciamo tutti la situazione disastrata in cui vivono molti
nostri giovani che si affidano alla felicità coatta delle
discoteche, delle corse notturne in moto o in macchina,
quand’anche non si consegnano ai paradisi disilludenti e
devastanti della droga.

Ma, pochi o tanti, da qualcuno occorre pur iniziare. altri si
aggiungeranno, forse, quando avrannopercorso la parabola
dell’abbruttimento e avvertiranno il richiamo di idee chiare,
di mete alte e di un’esistenza pulita, faticata e lieta.

Oltretutto, l’oratorio ha il vantaggio di un qualche
interclassismo il quale fa superare divisioni che esistono tra
abbienti e meno, tra operatori e riflessivi, tra nobili e
plebei, se ancora ve ne sono.
E si pone come una struttura stabile come è stabile, di norma,
la famiglia che pure vi è coinvolta.

Sembra, anzi, doveroso riconoscere la dignità di preti e di
Laici collaboratori che passano gli anni forse più belli della
loro vita tra piccoli e adolescenti a ingoiar polvere in campi
di pallone, a sudare per tenere unite le comitive durante le
passeggiate, a sgolarsi per metter in atto qualche
rappresentazione teatrale o insegnare qualche canto.
Non chiedono nulla.
Ma un grazie se lo meritano.

Va da sè che i cattolici, i quali finora, per decenni, hanno agito
pressochè da soli e senza sostegni pubblici, dovrano adesso e più
ancora in futuro confrontarsi con i progetti educativi di diversa
ascendenza ideale.
Ben venga una gara che, se svolta lealmente, non potrà che essere
a vantaggio dei ragazzi.

Le strutture laiche, comunque – quelle statali, per intenderci -,
non cerchino di soffocare le iniziative dei corpi intermedi
della società che nascono e si sviluppano per il principio di
sussidiarietà verticale e orizzontale.
E riconoscano i propri limiti, se non intendono statalizzare la
pedagogia che, quando si presenta nella sua maestà laicale,
rimane un poco sempre fragile ed esangue.

Per dir chiaro dall’altra parte: le istituzioni cattoliche non
svendano la propria identità e non scimmiottino una mentalità
illusoria di valori e di norme: sarebbero subito sorpassate
da un certo qualunquismo, magari ammantato di eccentricità.

Si apre qui il capitolo dei sovvenzionamenti.
Agli oratori e a imprese simili lo Stato non conceda briciole
quasi umilianti come hanno già fatto le regioni Lazio e
Lombardia. Senza trasformare gli educatori in impiegati
statali.
Un poco di volontariato non guasta, serve a moltiplicare e a
verificare la sincerità dell’impegno.


+ Mons. Alessandro Maggiolini
Vecovo di Como

© il Giornale, lunedì 21 giugno 2003