(il Giornale) Il monito del Papa all’Europa e la sordità degli ‘adulti’

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Compromesso antistorico
di Massimo Introvigne (il Giornale, 25 marzo 2007)

A sentire Romano Prodi viviamo nella migliore delle Europe possibili. L’Europa è un esempio per il mondo, cui pensa di poter dare lezioni in tema di pace, moralità e diritti delle minoranze. Il libro dei sogni di Prodi è stato subito seguito da un brusco risveglio. Benedetto XVI, ricevendo sabato gli episcopati dell’Unione Europea, ha ripetuto quanto aveva già detto a Natale: l’Europa «sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia». Altro che magnifiche sorti e progressive.


Benedetto XVI è tornato sui tre punti centrali in cui vede la malattia mortale del continente europeo. Il primo è la «crisi demografica», che «causa enormi difficoltà alla coesione sociale» ma soprattutto rivela che l’Europa «sta perdendo fiducia nel proprio avvenire», né vede nei suoi governanti chi sia in grado di rassicurarla. Anzi, nota il Papa, «il processo stesso di unificazione europea si rivela non da tutti condiviso, per l’impressione diffusa che vari capitoli del progetto europeo siano stati scritti senza tener adeguato conto delle attese dei cittadini».


In secondo luogo, l’Europa vive una «singolare forma di apostasia da se stessa, prima ancora che da Dio», nel senso che «dubita della sua stessa identità». La radice di questa apostasia è la paura non solo del cristianesimo, ma di una legge morale condivisa che s’imponga a tutti, credenti e non credenti. Persa nel relativismo, l’Europa dubita che i valori che emergono dalla sua storia siano – come per Benedetto XVI invece sono – «valori universali». Così, non è in grado di difenderli quando sono aggrediti da chi è portatore di altri valori opposti e incompatibili, e reagisce proponendo un «bilanciamento di interessi» o una «ponderazione» che si risolve in continue mediazioni: un «compromesso», che finisce per non difendere il bene comune ma procurare al continente aggredito da altre culture il suo esatto contrario, che il Papa chiama «il male comune». «Il pragmatismo, presentato come equilibrato e realista, in fondo tale non è, proprio perché nega quella dimensione valoriale ed ideale, che è inerente alla natura umana»: parole su cui dovrebbero forse meditare anche i politici nostrani che teorizzano e praticano l’arte del compromesso perfino con i terroristi talebani.


Il terzo aspetto della crisi europea è il laicismo delle istituzioni e delle leggi che «nega ai cristiani il diritto stesso d’intervenire come tali nel dibattito pubblico». Né i cristiani vogliono tutelare presunti «ingiustificati privilegi». Il relativismo, dopo avere corroso la fede, oggi attacca anche la ragione e nega «l’esistenza certa di una natura umana stabile e permanente, fonte di diritti comuni a tutti gli individui, compresi coloro stessi che li negano». Anche qui, l’appello ai cristiani presenti nella vita pubblica perché «difendano strenuamente» la verità, e la condanna di chi accetta «compromessi sui valori essenziali» come quelli sulla vita e sulla famiglia, presentandoli in modo «cinico» come «presunto male minore», vale certo in tutta Europa ma si applica in particolare a vicende italiane che riguardano l’eutanasia, la droga, la ricerca sugli embrioni e i Dico.


Il «pensiero forte» di Benedetto XVI colpisce al cuore ogni «cattolicesimo adulto» disposto a sacrificare i valori per mantenersi al governo: «Non piegatevi alla logica del potere fine a se stesso! Vi sia di costante stimolo e sostegno l’ammonimento di Cristo: se il sale perde il suo sapore a null’altro serve che ad essere buttato via e calpestato».