L’America che scopre Gesù
di Antonio Socci
Il Giornale 10.4.2004
Quel sabato 8 aprile dell’anno 30, il giorno dopo l’atroce morte di Gesù, fuori dalle mura di Gerusalemme, sembrò che tutto fosse finito. I suoi amici terrorizzati e dispersi e lui destinato ad essere dimenticato nel giro di pochi mesi. Com’era già accaduto a tanti altri.
Un rabbi molto saggio, Gamaliele, pochi giorni dopo la morte di Gesù, dichiarerà al sinedrio che se Gesù era solo uno dei tanti pretesi messia, come Teuda o Giuda il Galileo, sarebbe stato dimenticato come loro. Ma se i suoi seguaci stavano dicendo la verità –proclamando dovunque che egli era risorto – tutto sarebbe stato diverso: “non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio”.
Oggi infatti, dopo 2000 anni, ben due miliardi di uomini nel mondo sono cristiani e riconoscono Gesù come loro Dio e salvatore. Non è accaduto così per nessun altro nella storia. E’ un caso unico.
Migliaia di cristiani nel mondo – per amore di lui – sopportano anche la persecuzione e il martirio: nei villaggi del Pakistan o del Sudan dove se sei cristiano i tuoi figli possono subire qualsiasi violenza, o nelle città saudite e nelle campagne cinesi dove battezzarsi significa la galera e forse la morte. Per tutti costoro valgono le parole di Charles Moeller su Gesù: “io credo che non potrei più vivere se non lo sentissi più parlare”.
I due eventi culturali di questi giorni – il film di Mel Gibson e il libro di Oriana Fallaci – esprimono potentemente il fascino travolgente che quell’uomo, l’Uomo-Dio, ancora esercita su di noi. Si direbbe oggi più di ieri. Il film di Gibson – al di là delle polemiche – sta provocando in tutto il mondo un oceano di commozione che sembra realizzare il presentimento di Bernanos: “Verrà un tempo in cui gli uomini non potranno sentire il nome di Cristo Gesù senza piangere”.
Quel tempo è arrivato.
Nell’ultimo secolo ci sono stati due tentativi per cancellare violentemente dalla faccia della terra il cristianesimo. L’esperimento comunista – che ha massacrato milioni di martiri – e quello nazista che, in odio satanico a Dio, ha tentato ripristinare il culto dei sanguinari dèi pagani, addirittura sterminando un intero popolo, Israele. Oggi – dopo la loro sconfitta, dopo il Novecento dei martiri, in cui Gesù Cristo sembrava sopraffatto – il suo contagio divampa più forte nel mondo. “Chi si è ammalato di Gesù non può guarire”, constatava un intellettuale islamico di qualche secolo fa.
L’ideologia positivista aveva proclamato che il progresso della Scienza e della Tecnica nella modernità avrebbero dissolto “le tenebre” del cristianesimo. E oggi si celebra anche il fallimento del positivismo. Tutta la sociologia moderna – che si fondava su quell’ideologia – ha dovuto arrendersi di fronte al “caso americano”: perché gli Stati Uniti, il Paese più moderno ed evoluto del mondo è anche quello dove più forte e sentita è l’appartenenza cristiana.
La “Passione di Cristo” di Gibson è solo un segno dei tempi che arriva da oltreoceano: tempi di passione per Cristo. E forse non è casuale che anche la voce di Oriana Fallaci arrivi dall’America. Oggi una scrittrice laicissima come lei dà alle stampe il suo appassionato best-seller “La forza della ragione” dove confessa sinceramente la sua commozione per “lo splendido nazareno”. Gelosamente lo difende dall’Islam che vorrebbe “appropriarsene”, ricorda i martiri cristiani finora misconosciuti e ripropone il Benedetto Croce del “non possiamo non dirci cristiani”, secondo il quale il Medioevo cristiano fu un’ “età di gloria” e “il cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuto”.
La Fallaci ripete a un’Europa smemorata e cinica che “senza il Cristianesimo non ci sarebbe stato il Rinascimento, né l’Illuminismo”, né i diritti dell’uomo, né il liberalismo, né il socialismo (in ciò che ha di umanitario) e nemmeno il femminismo (se con ciò s’intende la difesa della dignità intangibile delle donne).
Si è avverato nel corso dei secoli e si sta realizzando oggi ciò che Gesù preannunciò tre giorni prima dell’arresto: “quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”.
Non a caso la Chiesa proclama che Gesù è il re della storia. Da quel trono (la croce), con quella corona (di spine), la domina e l’attrae a sé. Innanzitutto attrae il cuore dei singoli, prendendo su di sé tutto il loro dolore e il male del mondo. Accettando ogni sevizia, ogni sputo e ogni umiliazione perché ciascuno possa sapere di essere amato e possa “gettare tutte le sue pene su di lui”. Nei Vangeli ogni essere umano che ha incontrato lo sguardo di Gesù si è sentito abbracciato da Dio, benedetto, guarito. Qualunque fosse la sua condizione sociale, il suo peccato o la sua disperazione. Notava Kierkegaard: “Cristo non trovò mai un tetto tanto misero che gli impedisse di entrarvi con gioia, mai un uomo tanto insignificante da non voler collocare la sua dimora nel suo cuore”.
Nessun essere umano, per lui, era una nullità o indegno, né poteva essere usato come una cosa. Come protestava l’anticristiano Nietzsche, “l’individuo fu tenuto dal cristianesimo così importante, posto in modo così assoluto, che non lo si poté più sacrificare”.
Ecco, Gesù ha portato nel mondo ciò che Giovanni Reale, nel libro “Radici culturali e spirituali dell’Europa”, definisce “il concetto di persona come individuo irripetibile”, come “valore assoluto”.
Ma così più che un concetto è entrato nel mondo lo spirito di Cristo, una forza possente che travolge gli usi disumani dei popoli, influenza le civiltà e pure le religioni, le assedia – con la forza inerme del martirio – costringendole a riconoscere la dignità degli esseri umani. E’ inspiegabile anche il sommovimento planetario di questi giorni se dimentichiamo quell’ “attirerò tutti a me”.
Oggi – sottolinea René Girard – la vera cultura planetaria è questa “sensibilità per le vittime”, cioè la percezione della dignità di ciascuna creatura. E’ la cultura che ha veramente globalizzato il pianeta. E’ a questo che l’Islam reagisce con violenza e aggressività, perché questa “cultura” esercita un fascino irresistibile sui suoi popoli, su milioni di donne e di giovani. E lo stesso vale per l’Induismo che infatti negli ultimi decenni ha dovuto fare riforme radicali riconoscendo quella dignità umana che la sua teologia nega. E l’occidente che – spesso involontariamente – ha diffuso nel mondo questa sensibilità (a causa delle sue radici cristiane), è anch’esso continuamente e sanamente destabilizzato da una domanda sempre più forte di dignità della persona e di libertà.
Ha ragione Carlo Freccero quando, prendendo spunto dal film di Gibson, ha sottolineato che tutta la politica ruota attorno alla religione. Ma fa un po’ confusione. René Girard ha spiegato meglio cosa sta accadendo senza confondere le religioni con il cristianesimo che è esattamente la fine delle religioni. Di tutte, anche di quelle laiche fondate sul culto dell’Imperatore, dello Stato, del Re e poi del Partito, della Classe, della Razza, della Scienza, della Tecnica. Il cristianesimo segna la fine di tutte le superstizioni, di tutte le pretese assolute e di tutti i sacrifici umani che vi erano impliciti.
Fine proclamata quel giorno, il 7 aprile dell’anno 30, quando Dio stesso si è fatto seviziare e immolare per mettere fine alle sofferenze umane e riempire il mondo della sua compassione. Il resto, cioè gli eventi sanguinosi della storia e della cronaca, sono solo la resistenza che opponiamo a questa liberazione.