Sorprese storiche
Precursore del Concilio e Papa che ha canonizzato più donne
Il Pio XII di Andrea Tornielli Alla riga numero tre del suo corposo lavoro,
Andrea Tornielli già chiarisce il
proprio punto di vista rispetto a “coloro”
che sono “abituati a leggere la storia del
cattolicesimo per fratture e discontinuità”.
Fiuto giornalistico. Il suo “Pio XII – Eugenio
Pacelli un uomo sul trono di Pietro”
(Mondadori, 661 pp.) è uscito pressoché in
contemporanea con il saggio di Emma Fattorini
“Pio XI, Hitler e Mussolini” (Einaudi)
e, inevitabilmente, i due studi condividono
un’ampia zona di sovrapposizione,
giacché Pacelli fu stretto collaboratore e
segretario di stato di Papa Ratti. Il libro
della Fattorini ha goduto di un breve fuoco
polemico a proposito della presunta
contrapposizione tra i due a riguardo del
fascismo. La storica sostiene che Pacelli,
cardinale camerlengo
al momento della
morte di Pio XI,
avrebbe fatto sparire
in fretta e furia
l’ultimo discorso di
Ratti, che avrebbe
dovuto essere pronunciato
per il decennale
dei Patti Lateranensi,
molto critico
con il fascismo.
Un ulteriore tassello,
questa volta in
chiave filo-fascista, della leggenda nera
che circonda il “Papa dei silenzi”, uso a tacere,
per connivenza e per non dir di peggio,
con le dittature. In realtà, ha ribattuto
Tornielli intervenendo giocoforza nella polemica,
il cardinale camerlengo non poteva
certo rendere pubblico un discorso di
un Pontefice morto; ma quel testo non fu
distrutto, tanto che fu poi pubblicato da
Giovanni XXIII. Al di là della polemica
giornalistica, Fattorini mostra in filigrana
la consueta storiografia della “discontinuità”,
che vede Pacelli come il momento
negativo che precede il “nuovo slancio”
della chiesa di Giovanni XXIII. Tornielli si
sforza invece, con un più umile atteggiamento
storico, di inserire nel suo tempo la
figura di un uomo che è stato protagonista
dei fatti mondiali lungo quattro decenni
tra i più tormentati della storia contemporanea.
Ai giudizi spesso tranchant su Pio
XII, Tornielli contrappone questo del vescovo
evangelico di Berlino, Otto Dibelius:
“Può giudicarlo unicamente chi per lungo
tempo ha avuto sulle spalle una responsabilità
analoga, e quindi ha potuto rendersi
conto di che cosa significhi il professare la
fede cristiana (…) nella spaventosa atmosfera
che si ricrea negli stati totalitari”.
Materiali d’archivio inediti
La biografia si avvale anche di materiali
d’archivio finora inediti, come quelli del
fondo privato della famiglia, da cui provengono
ad esempio alcune corrispondenze
con il fratello Francesco, illuminanti per
comprendere le reali preoccupazioni di Pacelli
nunzio in Germania già nel 1924 sul
nazismo, “forse la più pericolosa eresia della
nostra epoca”. Oppure l’archivio privato
del conte Galeazzi, ovvero l’uomo di Pio XII
per le missioni diplomatiche negli Stati
Uniti. L’ampiezza della documentazione
permette di giudicare con miglior cognizione
di causa la “leggenda nera” che ha avvolto
Pio XII (il capitolo “Settanta inutili
proteste”, o il racconto poco noto della sua
lunga amicizia con un compagno romano
ebreo, Guido Mendes). Ma altrettanto interessante
è uscire dalle strette di una lettura
ideologica del pontificato pacelliano,
che ha prevalso a lungo anche da parte cattolica.
Qui c’è invece il racconto di un Papa
di grande statura anche ecclesiale, addirittura
innovatore sotto il profilo dottrinale.
Illuminante una battuta del cardinale Siri,
che ricorda quando Giovanni XXIII, appena
eletto, gli disse: “Io di questioni dottrinali
non mi occuperò, perché ha già fatto
tutto Pio XII”. Autore di 43 encicliche, è
stato il Papa più citato (e non per essere
criticato) al Vaticano II, con 219 riferimenti;
l’ultimo finora ad aver pronunciato un
dogma, quello dell’Assunzione nel 1950.
Giurista di formazione ma eccellente teologo,
di lui Paolo VI disse: “Nessun Pontefice
ha tanto parlato e ha tanto scritto. L’opera
dottrinale di Pio XII arricchisce grandemente
il patrimonio culturale della chiesa”.
In effetti di Pio XII si è spesso sottovalutato
il peso culturale nel ridisegnare il
rapporto tra la chiesa e il mondo moderno.
Basterebbe a capovolgere il giudizio la sua
“Mystici Corporis”, una tra le sue encicliche
più importanti, pubblicata mentre infuria
la guerra nel 1943, considerata unanimemente
come la solida base su cui poggerà
anche la Costituzione dogmatica del
Concilio, la “Lumen Gentium”. O ricordare
che fu la sua “Divino Afflante Spiritu”,
scritta nello stesso ’43, a dare impulso agli
studi storico-critici delle Scritture. O che la
riforma liturgica che poi verrà sistematizzata
dalla Costituzione conciliare “Sacrosantum
Concilium” fu stimolata proprio da
Pacelli (“il nostro dovere ci impone di seguire
con attenzione questo rinnovamento”).
Mentre è nella “Humanis Generis” che
per la prima volta un atto papale affronta
l’evoluzionismo e lo scientismo materialista.
Per trascurare altri dettagli, come il fatto
che Pio XII è il Papa che a tutt’oggi ha canonizzato,
in percentuale, il maggior numero
di donne, o il primo a ricordare ai sacerdoti
che l’evangelizzazione “non richiede
affatto” che si trasportino “nelle lontane
missioni le forme culturali dei popoli d’Europa”.
Forse non a torto Paolo VI lò definì
“un precursore del Concilio Vaticano II”.
Maurizio Crippa