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Minoranze religiose e diritti delle maggioranze. Contro lo zapaterismo


di Massimo Introvigne (il Domenicale. Settimanale di cultura, anno 4, n. 27, 2 luglio 2005)

Al convegno internazionale del Centro Studi sulle Nuove Religioni, Identità e futuro dei movimenti religiosi, recentemente svoltosi a Palermo con la partecipazione di un centinaio di relatori di venti paesi e di tutti i continenti, il professor Alessandro Pagano – un intellettuale cattolico che di professione fa l’assessore alla Cultura della Regione Siciliana, dove rappresenta Forza Italia –, anziché portare il solito saluto a un congresso del politico che passa e se ne va, è intervenuto in modo articolato e per certi versi persino provocatorio, così che numerosissime relazioni – ovviamente non tutte consenzienti – ne hanno ripreso la sfida.

Trattando di religione, Pagano ha affermato infatti che si fa un gran parlare di diritti delle minoranze, e che questi diritti vanno certamente difesi non solo laddove sono in pericolo drammatico – è il caso delle minoranze cristiane in certi Paesi musulmani –, ma anche dove, come capita talora in Europa, il rischio è quello della discriminazione culturale e amministrativa e del disprezzo xenofobo.


Tuttavia, ha aggiunto l’assessore, in Europa la difesa dei diritti delle minoranze è spesso promossa con un metodo assolutamente sbagliato. Si ritiene, cioè, che il modo migliore per difendere le minoranze consista nel fare finta che le maggioranze non esistano e anzi nel dare addosso alle maggioranze pubblicamente e con gesti di grande valore simbolico.


È quello che fa José Luis Rodriguez Zapatero in Spagna, dove la maggioranza dei cittadini si dice cattolica (anche se solo un quarto è praticante), ma il governo provoca continuamente i cattolici con misure anticlericali o che offendono punti essenziali della loro fede.


Zapatero sostiene che questo attacco alla Chiesa cattolica garantisce una Spagna multiculturale dove le minoranze religiose potranno sentirsi veramente tutelate. E invece – secondo il ragionamento di Pagano – è tutto il contrario: lo zapaterismo è una fabbrica di xenofobia, e pour cause. Quando non si rispettano, anzi si disprezzano pubblicamente, i diritti delle maggioranze, queste si innervosiscono e si crea un clima dove anche l’effettiva tutela delle minoranze – che non può essere solo giuridica, ma ha bisogno del consenso – diventa difficile. 


Per questo il modello Zapatero – e il modello della Francia di Jacques Chirac – non può funzionare.


Ma Pagano ha detto di più. Ha aggiunto che nei Paesi dove una religione ha forgiato l’identità e la storia della nazione – il cattolicesimo in Italia, certo, ma anche l’Ortodossia in Russia, o l’islam in Marocco – non può funzionare neanche il modello statunitense, che considera tutte le religioni tra loro assolutamente uguali. Questo va bene negli USA e fa parte dell’“esperimento americano” fin dalle origini, ma solo una finzione giuridica permetterebbe di dire che la Chiesa cattolica in Italia è una religione uguale alle 600 altre presenti nel nostro Paese. E lo stesso vale per l’islam in Marocco o per l’Ortodossia in Russia o in Georgia.


Ci sono Paesi dove la religione ha fatto la nazione e non riconoscerlo è più che un errore: è una sciocchezza. Dunque, né modello francese (e zapaterista) né modello USA, ma quel “modello italiano” che garantisce ampia libertà alle minoranze, ma che pure, con la costituzionalizzazione del Concordato, riconosce che la maggioranza ha i propri diritti e che c’è una religione così legata a filo triplo alla storia nazionale da essere nei fatti più uguale delle altre.


La provocazione di Pagano non vale solo per la religione. Vale dovunque vi sia una dialettica fra maggioranze e minoranze, e dove la retorica che prende in considerazione solo e sempre i diritti delle minoranze innervosisce le maggioranze, con conseguenze ultimamente negative per le stesse minoranze. Vale per l’immigrazione: se si parla solo dei diritti degl’immigrati, e non anche di quelli degli europei che tali immigrati ospitano, si determinano le reazioni che vediamo un po’ in tutta Europa.


Vale per gli omosessuali: l’insistenza quasi maniacale sui loro diritti fa dimenticare che anche la famiglia e chi non è omosessuale hanno dei diritti, il cui mancato rispetto spinge pure la persona più tollerante a diventare, come oggi si dice, “omofoba”. Vale per quei lavoratori francesi che, avendo sentito sempre e solo parlare dei diritti (che non sono immaginari, e certo meritano una loro tutela) del troppo famoso “idraulico polacco” immigrato, e mai del loro, hanno reagito nel modo che si sa sull’Europa.


Vale per le persone per bene italiane turbate dai giudici che mandano assolti terroristi notori in nome del diritto al garantismo di una minoranza extracomunitaria e politicamente estremista che rischierebbe di essere discriminata, mentre del diritto della maggioranza di stare tranquilla e non rischiare le bombe degli ultrafondamentalisti islamici si tiene talora assai meno conto. Vale per le piccole e medie industrie che sentono molto parlare del diritto, internazionalmente garantito, di chi importa prodotti cinesi a vendere la sua mercanzia, e molto meno del loro diritto a continuare a esistere e a garantire posti di lavoro.


Nel misconoscimento dei diritti della maggioranza c’è tutta la crisi dell’Europa, ci sono il voto francese e olandese, c’è la disaffezione italiana alla politica e ai politici, di destra e di sinistra. C’è anche un programma per chi voglia intercettare questa voglia di tutelare le maggioranze, che in un’Europa dove si parla sempre e solo delle minoranze cresce secondo ogni sondaggio, ma solo occasionalmente trova rappresentanze politiche sensate, realistiche e non demagogiche.


La demagogia consiste nel dirottare le legittime aspirazioni della maggioranza (silenziosa) a vedere tutelati i propri diritti verso una rimessa in discussione degli altrettanto legittimi diritti delle minoranze e delle leggi che le garantiscono, tra l’altro spesso comunque non modificabili perché blindate da vincoli internazionali. La risposta a una domanda politica in cerca di rappresentanza consisterebbe invece nel difendere vigorosamente i diritti delle maggioranze, sia con gesti simbolici, come i richiami espliciti alle radici cristiane in Italia e in Europa, sia con misure concrete a favore delle famiglie, dell’ordine pubblico (per esempio con l’introduzione di un reato che incrimini esplicitamente il reclutamento in organizzazioni terroristiche internazionali), dei posti di lavoro e delle imprese nazionali (con un dazio etico – i dazi meramente economici essendo irrealistici – nei confronti dei prodotti di quei paesi che non garantiscono i diritti sociali e i diritti umani ai loro lavoratori).