ChiesadiMilano – Un anno di conversione e misericordia

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Arcidiocesi di Milano

 

Dove è la misericordia là c’è Cristo (Sant’Ambrogio)

Il Precursore

V Domenica d’Avvento
Is 30,18-26b; Sal 145 (146); 2Cor 4,1-6; Gv 3,23-32a
 
Duomo di Milano, 13 dicembre 2015

Solenne Celebrazione di apertura in diocesi del Giubileo Straordinario della Misericordia

Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano

 

«Vi sarà gioia nel cielo per un peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione» (Lc 15,7). Con queste parole, Gesù introduce le parabole della misericordia del quindicesimo capitolo del Vangelo di Luca. È questa una consolante promessa risuonata poco fa nella celebrazione di apertura della Porta della Misericordia del Giubileo Straordinario nella nostra diocesi.

Da duemila anni questa promessa continua a spezzare le troppo anguste maglie del nostro umano giudizio. Non attraverso una teoria, ma nella carne e nel sangue, vale a dire nell’umanità stessa del Figlio di Dio: «Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre» (Papa Francesco, Misericordiae Vultus 1).

Perché un Anno Santo della Misericordia? Cosa significa il dono del Giubileo per le nostre comunità cristiane e per le nostre persone? Dio si è incarnato per entrare nella trama della nostra esistenza. Nel Natale il Signore Gesù si fa uno come noi qui ed ora, nel tempo e nello spazio.

Col Giubileo, seguendo le orme di Gesù, la Chiesa offre tempi determinati – l’anno giubilare va dall’8 dicembre di quest’anno alla festività di Cristo Re del 2016 – e luoghi precisi (il nostro Duomo insieme ad altre chiese e santuari della diocesi ambrosiana) perché la misericordia riscatti il nostro peccato, mediante il perdono. Il tempo non rovina più verso la morte, ma viene trasformato, dalla pazienza amante del Padre, che ci aspetta come figli nel Figlio. Il Giubileo, per questa ragione, è sorgente e annuncio di speranza per tutti, soprattutto per coloro che si sentono esclusi dalla salvezza.

In questa V settimana di Avvento la Parola di Dio ci permette di approfondire un dato essenziale dell’Anno della Misericordia.

Andiamo al punto chiave del brano evangelico di oggi, le parole rivolte da Giovanni Battista ai suoi discepoli: «Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena Lui deve crescere; io, invece, diminuire» (Vangelo, Gv 3,28-30). La risposta forte e chiara che il Battista dà ai suoi discepoli, turbati dal “successo” di Gesù, ci aiuta a comprendere che al centro di questo anno speciale di grazia c’è la Grazia in persona, Gesù Cristo, misericordia del Padre. Egli è la “porta” che apre e riapre ad universale respiro il nostro cuore e la nostra mente.

Solo il Figlio può rivelare il mistero di misericordia del Padre. Come il Battista, la Chiesa è tutta protesa verso la manifestazione di Gesù. Ogni parola, ogni indicazione, ogni iniziativa da parte della comunità cristiana non ha altro scopo che questo: lasciarsi prendere a servizio dall’incontro, carico di amore, tra ogni uomo e il Volto stesso della misericordia: Cristo Signore. Lungo tutto l’Anno Santo anche noi, come san Paolo, potremo ripetere a tutti i fratelli che il Padre metterà sul nostro cammino: «Siamo i vostri servitori a causa di Gesù» (Epistola, 2Cor 4,5).

«Dovunque c’è una persona, là la Chiesa è chiamata a raggiungerla per… portare la misericordia e il perdono di Dio. Il Giubileo ci provoca a questa apertura,… a non trascurare lo spirito emerso dal Vaticano II, quello del Samaritano, come ricordò il beato Paolo VI a conclusione del Concilio» (Papa Francesco, 8 dicembre 2015, Omelia della Messa per l’apertura della Porta Santa).

Per questo, come l’Apostolo, in quanto seguaci di Cristo: «secondo la misericordia che ci è stata accordata, non ci perdiamo d’animo…» (Epistola, 2Cor 4,1b.2b). Non falsifichiamo la parola di Dio, ma annunciamo «apertamente la verità» (Epistola, 2Cor 4,2).

«Il Signore aspetta con fiducia per farvi grazia, per questo sorge per avere pietà di voi, perché un Dio giusto è il Signore; beati coloro che sperano in lui» (Lettura, Is 30,18). Il Signore ci chiama ad abbandonare ogni tentativo di salvarci con le nostre mani (autosoterìa), inesorabilmente condannato al fallimento e perciò a quella sorda disperazione che si chiama cinismo e avvelena le nostre giornate. Ci chiede di affidarci completamente a Lui. Il Signore vuol rendere feconda la terra della nostra esistenza, vuole che il nostro convivere nella società plurale diventi occasione di bene per ciascuno dei membri della nostra comunità, vuole che la logica dell’esclusione e dello scarto lascino lo spazio alla logica del dono e alla cultura dell’incontro. È un segno eloquente del buon grado di maturità del popolo della metropoli milanese, ormai plurale, la presenza oggi delle autorità istituzionali civili e militari, che ringrazio.

Una delle grazie che l’Anno Santo mette a nostra disposizione è la pratica delle indulgenze. Le indulgenze sono una forma di partecipazione responsabile alla redenzione di Cristo. Si tratta di una prassi cristiana che nasce dalla consapevolezza della Chiesa di dover sostenere tutti i suoi figli nel cammino di conversione. La Chiesa lo fa attraverso l’intercessione e la comunione con Maria Santissima e con tutti i santi giustificati da Cristo Redentore. Le indulgenze, praticate con consapevolezza, offrono al peccatore che si pente il dono della remissione delle conseguenze che accompagnano il peccato nel tempo (pena temporale). Perché, come insegna il nostro Padre Ambrogio, «La legge considera il merito. La grazia guarda alla fede» (Ambrogio, Ex Ps, XII,XLIII, 11-12). La Chiesa, in questo modo, abbraccia con misericordia i suoi figli vivi e defunti e li fa più pienamente partecipi della comunione dei santi.

«Sii vicino, o Dio onnipotente, a chi ti aspetta con cuore sincero; a chi si sente tanto fragile e povero dona la forza e la ricchezza della tua carità inesauribile» (A conclusione della Liturgia della Parola). In questo Avvento ci riconosciamo ancora una volta come il popolo di coloro che aspettano il Signore, anche se sono fragili e poveri. Un popolo che domanda con insistenza al Signore che viene: Sii vicino!

Il Signore ripete anche a noi: «Popolo di Sion… tu non dovrai più piangere. A un tuo grido di supplica ti farà grazia; appena udrà ti darà risposta» (Lettura, Is 30,19). «L’acerba sorte dell’uomo/ ha toccato il tuo cuore:/ sul mondo sfinito rinasce/ il fiore della speranza»(Inno dei vesperi di Avvento). Questa speranza ci renda capaci di un’opera di misericordia spirituale: consolare gli afflitti. Ne avvertiamo acutamente il bisogno, per noi anzitutto, e per quanti, donne, uomini e popoli, sono oppressi sotto il peso del male fisico e morale. Amen.