“Famiglie per il no” al referendum costituzionale

 Sabato 26 tutti a Verona per la manifestazione nazionale delle:

 “Famiglie per il no” al referendum costituzionale

 

 LERICI – Una grande banca d’affari americana, la J.P.Morgan (JPM), – una tra quelle riconosciute come responsabili della grave crisi mondiale del 2008 – detta l’agenda agli Stati dell’Europa meridionale. Portogallo, Italia, Grecia, Spagna – la loro abbreviazione fa “pigs”, maiali, in inglese – devono aggiornare le Costituzioni, definite troppo “socialiste”. I punti critici sono nero su bianco nel documento ufficiale JPM del 2013 “The Euro area adjustment”: i governi sono deboli; lo Stato è debole rispetto alle regioni; le Costituzioni proteggono i diritti dei lavoratori; il sistema del consenso produce clientelismo.

Le pressioni internazionali – finanziarie, politiche, mediatiche – sono enormi. I governi nazionali prendono nota, e svolgono il compitino dettato da Oltre Oceano. A tutto questo, però, bisogna resistere, pena la perdita della sovranità popolare e della partecipazione. Il popolo italiano, a cui la modifica costituzionale sarà sottoposta tramite referendum in Ottobre, può farlo, e tornare a essere faro di civiltà in Europa.

E’ questo il quadro dipinto, con dovizia di documenti, slide, foto e video, dall’avvocato Simone Pillon, nei due convegni di mercoledì e giovedì scorsi, che hanno tenuto incollato alla sedia fino a notte inoltrata il pubblico che ha riempito la sala del Consiglio comunale di Lerici. Pillon è socio fondatore del comitato “Difendiamo i nostri figli”, organizzatore dei Family day di Piazza San Giovanni e del Circo Massimo e ora delle “Famiglie per il no” al referendum costituzionale.

La Costituzione – che definisce le regole fondamentali della democrazia – è stata scritta da tutte le forze politiche, con grandi personalità, e in un clima di grande condivisione. La riforma porta i nomi di Renzi e Boschi, ed è stata approvata a colpi di maggioranza.

«La nostra Costituzione ha due principi guida: il personalismo, secondo cui la persona è al centro delle relazioni, e la sussidiarietà, secondo cui le decisioni vanno prese il più vicino possibile alle persone su cui queste hanno impatto, dando così rilevanza alle comunità familiari, territoriali, professionali. I diritti fondamentali delle persone e delle comunità preesistono rispetto a qualsivoglia concessione o riconoscimento da parte dello Stato».

«Qualcuno ha però deciso di rifondare la società su un’antropologia individualista e uno Stato centralista, sostituendo i diritti sociali con i capricci individuali». L’acquisto del “figlio” da parte di Vendola ne è emblema. In questo modo, si distrugge la coesione sociale riducendo la società a un insieme di individui, ben più facilmente manipolabili da parte di chi detiene il potere. Mentre i padri costituzionali avevano definito un’architettura bilanciata di pesi e contrappesi, la riforma toglie tutti i contrappesi al potere dell’esecutivo, così che il segretario del partito di maggioranza relativa avrà un potere quasi assoluto.

Il piano di distruzione – o decostruzione, secondo il linguaggio politically correct – ha tre bersagli fondamentali: la famiglia, il pluralismo costituzionale, le comunità intermedie e sussidiarie.

La distruzione della famiglia sta passando attraverso la legge sul “divorzio breve”, dopo la quale «è più facile cambiar moglie che operatore telefonico»; la parificazione dei figli legittimi e naturali, «cosa giusta ma già garantita, mentre la legge scinde il rapporto genitoriale da quello biologico»; infine la legge sulle cosiddette “unioni civili”, in realtà matrimonio per persone dello stesso sesso, con tanto di cerimonia, cognome in comune, comunione dei beni, divorzio, pensione di reversibilità, e, per via giudiziaria, adozioni e utero in affitto. «Questa legge istituisce il gran bazar della “famiglia”, per cui sarà molto difficile per le nuove generazioni capire che cosa sia la famiglia, che la Costituzione riconosce come “società naturale fondata sul matrimonio”». E il nuovo ddl Lo Giudice Cirinnà prevede multe e carcere fino a due anni per chi (psicologi ed educatori in primis) si prenda cura di minorenni che desiderano cambiare il proprio orientamento sessuale.

L’alternativa alla famiglia naturale non sono le “famiglie” arcobaleno, ma la solitudine. «Quando sei solo, in salute e ricco, sei il consumatore ideale. La famiglia, che risparmia per il futuro dei propri figli, sfugge al PIL. Ma a ottantacinque anni, da single, se hai ancora soldi prendi la badante, poi arriverà comunque la punturina di Stato» a far quadrare i conti della sanità.

«L’Italia ha retto alla crisi grazie alle famiglie. Se sommiamo il debito privato a quello pubblico, l’Italia se la cava bene, a differenza degli USA. Le famiglie italiane risparmiano. E qualcuno vuole mettere le mani su questo tesoro».

Il secondo punto è la distruzione del pluralismo costituzionale. «Si vuole decostruire il Senato – giunto a noi dall’antica Roma – riducendo i senatori da 315 a 100, non eletti. La legge è uno strumento potentissimo. Stabilisce quando e come vai in pensione, che cosa insegnano ai tuoi figli, quante tasse paghi, e come vengono impiegate. Il bicameralismo – caratteristica di ogni Paese occidentale – evita che tale potere sia concentrato nelle mani di poche persone».

Il mantra per la riforma è che dobbiamo risparmiare. Ma la riforma toglie la rappresentatività popolare del Senato, non la sua burocrazia.« Il risparmio finale sarà di 20 milioni di €, 33 centesimi per ogni italiano. La volontà non è di risparmiare, ma di togliere un organo ingombrante. L’ordine del giorno della Camera dei deputati potrà essere definito dal governo, con buona pace di Montesquieu, che predicava la divisione dei poteri».

E’ una scusa anche l’asserita semplificazione. «Ci saranno sette modalità per approvare una legge, una delle quali richiede il parere preventivo della Corte Costituzionale. Si vuole far inceppare la macchina legislativa, facendo passare solo quello che vuole il governo».

Il terzo punto è la distruzione dei corpi intermedi, le associazioni, le comunità. «Più decentro il potere più ho difficoltà a controllarlo. Le regioni potranno legiferare solo su cultura, tradizioni, turismo. Insomma, una pro-loco. E, in qualsiasi momento, il governatore potrà essere destituito dal governo nazionale».

Le provincie vengono tolte di mezzo, con un risparmio di 78 milioni di Euro, 1,30 a testa. «Non si farà altro che perdere pezzi di democrazia. Quanti di voi conoscono un consigliere comunale, con cui poter parlare ed esporre problemi? Quanti un consigliere regionale? Quanti un ministro? Vogliono togliere il potere dalla tua prossimità. Poi, certo, magari l’irraggiungibile ti farà un tweet. E magari starà anche un’oretta su Internet a rispondere alle domande, rigorosamente selezionate».

La ciliegina sulla torta è la nuova legge elettorale, approvata con voto di fiducia. Premessa: la Corte Costituzionale ha detto che non va bene il premio di maggioranza, e che sono necessarie le preferenze. Nonostante questo, con l’Italicum, se il primo partito alle elezioni prende almeno il 40% dei voti, incassa automaticamente il 55% dei seggi. «Se nessuno raggiunge il 40%, si va al ballottaggio, dove la quota dei votanti è sempre molto ridotta. Chi vince, prende comunque il 55%. Così, anche con solo il 25% dei voti al primo turno, un partito può diventare maggioranza schiacciante alla Camera, unico organo legislativo».

Le preferenze ci sono. «Ma i capilista – che costituiranno almeno 400 deputati su 630 – li scelgono i partiti. Così, il segretario di un partito avrà il controllo dei governi locali e un peso decisivo sulla definizione della Corte costituzionale e del Presidente della Repubblica, per scegliere il quale basteranno 200 voti». Controllare lo Stato significa polizia, carabinieri, forze armate, servizi segreti, RAI. «Un uomo solo – Renzi, ma potrebbe essere Grillo, o Salvini – avrà il comando pressoché assoluto del Paese. Noi dobbiamo occuparci d’altro. Possiamo sposarci maschi con maschi e femmine con femmine, ma non disturbate il manovratore».

Bisogna far fuori anche le piccole banche di prossimità (casse di risparmio, casse rurali, credito cooperativo, etc.). «E’ notizia della scorsa settimana – data da Bloomberg, ma non dai media italiani – che per 70 miliardi di euro JPM ha ricevuto l’incarico di risanare il Monte dei Paschi di Siena».

«Uno che chiama, un altro che ascolta e obbedisce. Questa è l’Italia del domani. Ma c’è una possibilità di cambiamento: votare “no”. E potrebbe essere un momento di coesione, anche con chi, su molti aspetti, la pensa diversamente». «Le proveranno tutte per farci votare “sì”, o non farci votare proprio. L’ultimo governo eletto dagli italiani, quello Berlusconi, è stato fatto cadere a colpi di spread. Si diceva che il motivo fossero i 1.900 miliardi di debito pubblico. Oggi siamo a 2.400, e lo spread è tranquillissimo. Ci sono pressioni finanziarie che non posiamo neanche immaginare. Ma se gli italiani vengono informati correttamente, le cose possono cambiare. Renzi ha fatto venire dagli USA Jim Messina, spin doctor di Obama, per 200mila €. Noi dobbiamo andare casa per casa, incontrando le persone, spiegando come stanno le cose. Lo facciamo perché ci crediamo. Non abbiamo soldi, non abbiamo dietro lobby».

Gli inglesi hanno subito fortissime pressioni economiche. Si è arrivati anche all’omicidio si Stato. Ma sono riusciti a dire la loro. «Non so se la Brexit sia un bene o un male. Io preferirei che i popoli europei si mettessero insieme per riportare l’Europa alle proprie radici. Ma, il popolo del Regno Unito ha avuto il coraggio di dire “no”. Altri Paesi (Ungheria, Repubblica Ceca, Croazia etc.), ovviamente additati come Stati canaglia, stanno difendendo la propria identità e un’antropologia naturale. La premier polacca intende cancellare la legge sull’aborto Polonia perché non è un paese civile quello che uccide i propri figli».

«Il nostro Paese è ancora una roccaforte, la famiglia e i corpi intermedi tengono. Gli italiani ancora vogliono fare cose insieme, non chiudersi in casa, perché fuori è pericoloso, ci sono gli stranieri».

«E’ una battaglia epica. E la vittoria sta nel combattere. Le “unioni civili”, formalmente, le abbiamo perse. A ferragosto, un decreto ministeriale imporrà il gender nelle scuole. Il punto è combattere. Quando tutto sarà passato, quando il tessuto sociale e la famiglia saranno decostruiti, che cosa cercheranno le persone disperate? Il bello, il vero, il giusto, il luminoso. Non lo troveranno da nessuna parte. Se non nelle famiglie». I monasteri medievali salvarono il seme della vita cristiana e dell’Europa. Da lì i popoli si abbeverarono per costruire il proprio futuro. «Se riusciamo a conservare il seme dell’amare, del bello, del vero, del buono, allora avremo vinto. I nuovi cenacoli, possono anche essere associazioni, dove il vero sia custodito. La battaglia è già vinta. Il problema che rimane è quanti morti dovremo contare prima che l’Occidente si accorga di quello che sta accadendo».

 

Da: http://laspezia.cronaca4.it/2016/07/23/famiglie-no-al-referendum-costituzionale/41347/

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La Liguria non si arrende

 La Regione Liguria apre uno sportello anti-gender

Dopo la Lombardia anche la Liguria avrà il suo sportello anti-gender.

Ad annunciarlo è stato il promotore dell’iniziativa il capogruppo di Fratelli d’Italia Matteo Rosso:

“Con la creazione di uno sportello dedicato alle problematiche delle famiglie, alle loro denunce delle situazioni di disagio legate alla diffusione delle droghe, dell’alcol, purtroppo in forte crescita tra i giovanissimi, e della prevenzione dell’eventuale diffusione delle teorie gender nei piani formativi scolastici, daremo un importante segno di vicinanza alle famiglie e aggiungeremo un servizio, che a oggi mancava, in ambito educativo e sociale”.

“Come già la Lombardia, la Liguria, a costo zero, avrà uno sportello regionale, con numero verde gratuito e una casella mail, per le segnalazioni e le denunce delle famiglie su tematiche delicate e di stretta attualità come il bullismo, il razzismo, le violenze fisiche e psicologiche, i pericoli delle droghe e alcol, ma anche sull’eventuale proselitismo di teorie gender, da parte di soggetti preposti alla formazione dei ragazzi. Purtroppo, nonostante la minoranza in Regione continui a negarlo, si sono già verificati episodi in città come Padova o Treviso dove, a scuola, all’insaputa dei genitori, i bambini sono stati obbligati dagli insegnanti a vestirsi da maschi se femmine e da femmine se maschi. Con lo sportello delle famiglie, vogliamo prevenire queste situazioni”.

 

L’iniziativa ha fatto ovviamente sobbalzare le organizzazione LGBT del territorio abituate evidentemente a diffondere le loro teorie senza alcun contraddittorio. I Comitati Arcigay della Liguria – Genova, Savona e Imperia – hanno infatti subito diramato una nota per esprimere il loro

“massimo disappunto per un atto che intende armare una lotta contro un fenomeno fantasma, cioè qualcosa che non esiste. La propaganda “anti gender” non ha vittime né carnefici, è una strategia che ha il solo scopo di denigrare il lavoro quotidiano di associazioni che portano nelle scuole la lotta al bullismo e alle discriminazioni”.

Secondo l’Arcigay le risorse economiche sono ben impiegate solamente quando vanno a foraggiare i programmi di “educazione” all’indifferenza sessuale e alla “genderfluidità”:

 “Non è ammissibile che la Regione spenda risorse pubbliche per corrispondere alla strategia di consenso delle destre e di chi su questi fantasmi costruisce carriere politiche. È auspicabile che l’ente dia corso a ciò che è legge, e perciò è esigibile dalla comunità, piuttosto che mettersi al servizio della propaganda. Per questo quanto prima manifesteremo pubblicamente il nostro sdegno e invitiamo ad unirsi a noi le forze e le associazioni della Liguria a sostegno del nostro lavoro”.

“È incredibile – prosegue Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay – come in tempi di grandi difficoltà finanziare per gli enti locali e di emergenze reali, alcune politiche, oggi in Liguria e mesi fa in Lombardia, decidano di impegnare gli sforzi delle istituzioni in un’operazione ignobile: la propaganda antigender è infatti come quei venditori di fumo, che per vendere i propri rimedi truffaldini devono prima convincere le proprie vittime di avere il problema a cui quel rimedio porterebbe soluzione”. 

Di incredibile, riprendendo le esternazioni stupefatte di Piazzoni, c’è solamente che i sostenitori del gender neghino la realtà dei fatti, pretendendo di imporre il loro folle diktat senza discussione alcuna e all’insaputa delle famiglie.

Il “gender”, lungi da essere una “truffa culturale” come vorrebbero farci credere, esiste eccome. Il “gender” è, ad esempio, promuovere programmi “educativi” scolastici che esortano gli adolescenti ad essere ciò che vogliono essere “orientando” liberamente la propria sessualità al di là delle propria natura maschile e femminile.

Per questo ben vengano gli sportelli anti-gender !

 

(C) https://www.osservatoriogender.it/la-regione-liguria-apre-uno-sportello-anti-gender/

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Il Forum delle Famiglie sottomesso al gender?

 Gender, se il Forum Famiglie non…"si immischia"

di Luca Paci 28-10-2016

 

Sono ferme al palo le linee guida per l’applicazione del comma 16 della legge sulla ‘Buona Scuola’, che introduce l’educazione di genere in tutti gli istituti di ogni ordine e grado. Si é infatti impantanato il lavoro della commissione di esperti incaricata dal ministero dell’Istruzione a stilare tutte le pratiche e i percorsi educativi tesi, ufficialmente, alla lotta contro le disparità tra sessi e al bullismo.

Il documento stilato dalla squadra di tecnici messa a punto da viale Trastevere doveva essere presentato ai delegati del Fongas (Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori della Scuola) lo scorso 5 luglio. La consegna del testo è poi stata rinviata al 15 ottobre ma anche questo nuovo appuntamento è stato disatteso, fra l’altro senza la comunicazione di una nuova data per la diffusione delle linee guida. 

A mettere il lavoro della commissione su un binario morto sono state le indiscrezioni di stampa apparse lo scorso luglio su la Nuova BQ e altre testate nazionali, che hanno anticipato quasi interamente le bozze del testo, svelando una retorica di fondo e una serie di vere e proprie esortazioni tutte tese a decostruire ogni forma di identità sessuata. Nelle pagine uscite dal ministero maschile e femminile sono, infatti, presentati nel contesto di una continua contrapposizione condizionata da “pregiudizi spacciati come naturali”, mentre la differenza sessuale è descritta come qualcosa che può “essere vissuta in uno spettro ampio di inclinazioni”.

La colpevolizzazione del maschio e di ogni dinamica della società naturale ovviamente fanno da fil rouge. Se non fosse tutto terribilmente serio, ci sarebbe persino da sorridere leggendo alcuni stralci del documento che ammoniscono le famiglie e i professori a non usare esortazioni come “fai l’uomo!” per convincere un ragazzo a prendersi le proprie responsabilità. 

Ovviamente un indirizzo culturale e antropologico di tale natura, non poteva non suscitare la massima opposizione di gran parte del mondo associativo pro-family italiano. Il Comitato difendiamo i nostri figli, che ha dato vita al Family day del 20 giugno del 2015 proprio sul tema del gender nelle scuole, lo scorso 25 giugno ha portato 300 famiglie romane davanti al Miur e, tra agosto e settembre, ha consegnato ai ministri Boschi e Giannini e al presidente Mattarella oltre 70mila firme in sostegno di una petizione per la libertà educativa: consenso informato preventivo e la possibilità di esonero da progetti didattici e percorsi educativi non condivisi.

Tutto questo ha gettato all’aria i piani del Ministero dell’Istruzione e ha evitato l’introduzione, già nell’anno scolastico in corso, di attività di sensibilizzazione interconnesse ai contenuti di tutte le discipline curriculari.

Insomma anche se parziale e momentanea, la paralisi del tavolo del Miur può essere considerata una vittoria delle famiglie che chiedono che i loro figli non siano costretti a subire un indottrinamento culturale privo di alcuna base scientifica. 

Sorprende quindi la nota diffusa nei giorni scorsi e ripresa da Avvenire, con cui la vice-presidente del Forum delle associazioni familiari Maria Grazia Colombo esorta i ministri della Pari opportunità e dell’Istruzione, Maria Elena Boschi e Stefania Giannini, a “stringere i tempi” per presentare “al più presto” le linee guida per “l’Educazione di genere”. Una richiesta che la Colombo giustifica dicendosi preoccupata che la mancanza di linee guida produca “pericolosissime fughe in avanti”.

L’allarme sarebbe comprensibile se ormai non fosse di dominio pubblico il  documento in questione. Eppure tutti sanno cosa contengono queste linee guida che si soffermano persino ad indicare un adeguato cambiamento lessicale tanto caro ai nuovi diktat del politicamente corretto. In altre parole lo stop della commissione non viene visto come un’opportunità per chiedere una radicale modifica dell’indirizzo culturale del testo ma come un vuoto legislativo in cui posso insinuarsi iniziative peggiori.

D’altra parte il mondo dell’associazionismo cattolico si era diviso lungo due diverse strade proprio in occasione del Family day del 2015 sul gender nelle scuole. La cosiddetta linea dialogante seduta ai tavoli istituzionali sotto il capello del Forum e la piazza delle famiglie guidata da Gandolfini potevano, in fondo, agire diversamente ma colpire insieme e portare allo stesso obiettivo.  

Tuttavia anche le richieste di fondo sembrano divergere: il Comitato si spende con iniziative di ogni tipo per chiedere il consenso informato su attività così sensibili per la formazione dell’identità degli studenti, mentre il Forum sconsiglia di sostenere questo istituto giuridico perché potrebbe creare un attrito preventivo e un contrasto ingiustificato tra famiglie e scuola. Secondo il Forum non va infatti posto alcuno ostacolo preventivo ma la dialettica deve basarsi sul confronto e i contatti personali. Insomma  in tutti i casi il bambino segue la lezione, poi se la maestra ti racconta la favola con due papà si tireranno le somme e si capirà come reagire. 

Una linea strategica che emerge anche nella campagna ‘Immischiati a scuola’; iniziativa voluta dai vertici del Forum e che esorta tutte le famiglie ad impegnarsi nelle scuole guardano verso di esse “come luogo di corresponsabilità educativa”. Alcuni genitori che hanno partecipato a questi incontri che preparano le famiglie ad “immischiarsi” riferiscono che i delegati del Forum presentano la questione del gender come sostanzialmente marginale rispetto alle battaglie per abbattere i tetti in amianto, la carta igienica nei bagni e i topi nelle aule. 

Tutto fa pensare quindi che la rappresentanza istituzionale del mondo delle famiglie non sia più in completa sintonia con i timori che agitano le mamme e i papà di tutta Italia. Vero è che in questi anni è sembrato consolidarsi il fatto che il Forum si occupi di questioni economiche e sociali e il Comitato del Family day di quelle di ordine antropologico e culturale. D’altro canto anche nell’ultima finanziaria non sembrano esserci grandi soddisfazioni e vittorie anche nell’ambito di competenza del Forum. Le misure una tantum sono proprio il contrario di quello che ha sempre chiesto il presidente del Forum De Palo che spinge su un quoziente familiare strutturale. La paccottiglia di mancette e bonus momentanei – impossibili da usare a meno che non si faccia parte di famiglie che vivono sotto i ponti – non sembrano giustificare alcuna arrendevolezza verso la grande sfida antropologica.

da: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-gender-se-il-forum-famiglie-nonsi-immischia-17859.htm

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Il nuovo Family day è il 26 novembre!

 Gandolfini: "il 12 novembre a Roma e il 26 novembre saremo in piazza a Verona dove esporremo il nostro punto di vista entrando non solo nel merito del No, ma anche nel merito di come noi vogliamo sostenere e difendere l’antropologia umana e la famiglia".

«Renzi? Aspetto ancora l'invito per la sfida»

di Andrea Zambrano

 

Il leader del Family Day Massimo Gandolfini si appresta a vivere l’ultimo mese che ci separa dal Referendum del 4 dicembre con la consapevolezza di aver sfruttato tutte le occasioni che gli sono state date per far comprendere all’elettore la necessità di votare No. Così ad un mese dal voto in questa intervista alla Nuova BQ annuncia gli ultimi due eventi che saranno il riassunto del lavoro svolto in questi mesi dai Comitati delle famiglie per il No: un convegno pubblico e un evento di piazza.

Gandolfini, che Italia ha trovato in questi mesi?

Ho fatto più di cento incontri in giro per lo stivale e devo dire di aver trovato le categorie di persone più disparate: alcune molto informate e già orientate nei confronti del No, altre tendenzialmente molto critiche su vari aspetti della riforma e altri ancora dalle idee confuse basate il più delle volte sugli slogan che hanno ascoltato in tv da parte di Renzi e da parte dei politici. 

L’approccio con quelli più confusi com’è stato? 

Sono un rispettoso cittadino della Repubblica e mi attengo alle direttive. Il presidente Renzi ha detto di entrare nel merito per valutare il merito, così io parto affrontando il merito. 

Ad esempio?

Illustrando alcuni articoli della Riforma, sunteggiandoli e dando loro alcune linee guida per leggerli perché anche dal punto di vista semantico è una riforma scritta in maniera terribilmente confusa e criptica. 

Qual è il punto più critico?

Quello che fa strabuzzare gli occhi alla gente è scoprire che si può argomentare in maniera contraria la favoletta del risparmio. La gente rimane esterrefatta quando capisce che cosa significhi risparmiare “4 lire” rispetto ai costi che effettivamente oggi ci sono e che il funzionamento dello Stato richiede; un altro punto è quello della formazione del Senato: ad esempio il fatto che ci sia un Senato irrilevante e non eletto direttamente dal popolo, ma di nominati dai Consigli Regionali e un Senato che garantisce ai consiglieri regionali l’immunità parlamentare; un altro punto sensibile è la Riforma del titolo V. Il fatto che i temi della legislazione che sta in capo al Governo e allo Stato si facciano passare da un’unica Camera fa comprendere come si tratti di una riforma marcatamente centralista, autoritaria e pericolosa per la democrazia.

Lei è diventato noto per il suo impegno al Family Day, che cosa c’entra il suo nuovo impegno contro la Riforma Costituzionale?

E’ tutto estremamente collegato: il link fra il Family Day e i Comitati delle famiglie per il No è nato dalla constatazione che il Governo e la classe politica tendono  a ignorare la voce delle persone normali anche quando queste, con enormi sacrifici, si radunano in rappresentanza di milioni di altre persone che sono a casa, chiedendo di rispettare la Costituzione in ordine alla famiglia come società naturale. Allora abbiamo detto: ma se persino con una Costituzione così garantista sta accadendo quel che abbiamo visto con i simil-matrimoni che cosa accadrà con la Riforma costituzione che dà ancora più poteri all’esecutivo governante?

Il problema non sono i maggiori poteri, quanto semmai il loro bilanciamento…

Esatto, il problema sono i poteri fuori controllo. Poteri che si possono utilizzare in termini anti democratici. E’ da qui che è nata l’idea.

Molti pensano che la sua sia stata una ripicca con quel "Renzi ci ricorderemo…."

Ho studiato approfonditamente la cosa, sono stato aiutato da numerosi costituzionalisti per comprendere le ricadute sulla vita dei cittadini e calando la riforma nella vita della gente, certe insinuazioni sono ridicole. Qui siamo di fronte ad un esecutivo che potrà dettare legge al Parlamento anche stabilendone i tempi di votazione e annullando di fatto il dibattito.

Renzi non l’ha mai incontrata?

Mai. Aveva detto che avrebbe sfidato mister Family Day parrocchia per parrocchia. Sto ancora aspettando…tra l’altro sarebbe un confronto interessante dato che lui si definisce cattolico. Mi piacerebbe chiedergli come è possibile coniugare i suoi valori con la politica contro l’antropologia anti vita e anti famiglia che sta portando avanti. 

Renzi non è tenero con nessuno di quelli che osteggiano la riforma.

Noto. Dice che chi è contro è attaccato col sedere alla poltrona, ma io sono la prova che questo non è vero: non faccio questa battaglia con una tessera di partito in mano.

Quali sono le iniziative a un mese dal voto che farete come Comitato di Famiglie per il No?

Avremo un convegno importante il 12 novembre a Roma assieme al Movimento Cristiano Lavoratori e il 26 novembre invece saremo in piazza a Verona dove esporremo il nostro punto di vista entrando non solo nel merito del No, ma anche nel merito di come noi vogliamo sostenere e difendere l’antropologia umana e la famiglia. L’obiettivo è far capire agli italiani che la posta in gioco è altissima, va al di là della Riforma Costituzionale.

Che appoggi ha ricevuto dai cattolici e dalle gerarchie?

Purtroppo mi dispiace constatare che ho trovato troppo silenzio in alcuni casi, un silenzio che confina con l’indifferenza. Mi sarei aspettato non certo un appoggio al Sì o al No, secondo la norma 43 della Centesimus Annus, ma ciò che ho notato è l’assenza di una voce forte a difesa della famiglia.

da: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-renzi-aspettoancora-linvitoper-la-sfida-17898.htm

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I nostri figli rimangono avvelenati nelle scuole

  «Le dottrine di sistematica incredulità, preparate di lunga mano nelle secrete conventicole settarie o dispiegate dalle cattedre sempre abbastanza aristocratiche delle Università, oggi si vogliono trasferire alla scuola elementare obbligatoria senza Dio; perché, attraverso le succedentisi generazioni giovanili, sull’esempio della Francia, si renda anticristiana ed atea la coscienza d’intere nazioni». 
«I nostri figli rimangono avvelenati nelle scuole»

(Beato Giuseppe prof. Toniolo, in L’unione popolare fra i cattolici d’Italia: ragioni, scopi, incitamenti, Firenze, Tip. S. Giuseppe,
1908 3a. p. 8 e p. 11)

 

 LA SCUOLA DI STATO E' UN ABUSO! 
 LA RESPONSABILITA' DELL'EDUCAZIONE E' DEI GENITORI
(E DELLA CHIESA)

Tramite la centralità della famiglia, la Chiesa riconduce il tema dell'educazione al suo vero cuore: la centralità di Dio
 
di Stefano Fontana

Nell'Ottocento la Chiesa contestava allo Stato il monopolio dell'educazione. Partita persa dato che oggi essa è completamente in mano allo Stato. Partita persa perché incentrando la scuola sull'educando e non su Dio, si è diffusa l'idea di averla fissata su un obiettivo laico, che anche lo Stato poteva perseguire. Fu così che la scuola confessionale fu considerata "di parte" mentre la scuola statale fu considerata non di parte. La realtà è esattamente il contrario. Già nell'Ottocento lo Stato nelle proprie scuole insegnava una sua religione, la religione massonica di un umanitarismo universale sul tipo del libro "Cuore" in cui la parola Dio non viene mai pronunciata. Oppure la religione del prete apostata Ardigò: il positivismo. Oppure la religione del vate Giosuè Carducci e del suo "Inno a Satana".

LA DRAMMATICA SITUAZIONE DI OGGI
Oggi, però, lo Stato non è da meno. Anche oggi, in un clima di apparente pluralismo culturale ed educativo, nella scuola statale si insegna una nuova religione che, nel caso migliore, è la religione del relativismo e nel caso peggiore è quella del neo-catarismo. La penetrazione della ideologia del gender e dell'omosessualismo nella scuola pubblica è una penetrazione organizzata e sistematica che, in progressione, non lascerà nessuno spazio di libertà. Ma anche lasciando da parte queste forme acute di oppressione educativa, la scuola di Stato veicola un pensiero unico penetrante e invasivo:
1) elimina sistematicamente alcuni autori,
2) dà una visione antireligiosa del sapere,
3) assume un'ottica illuminista o neoilluminista,
4) tace su interi periodi della storia umana come il Medio Evo,
5) uniforma i testi scolastici alla medesima ideologia,
6) denigra la storia della Chiesa,
7) assume il criterio cronolatrico secondo cui il nuovo è anche migliore,
8) condanna con forme di damnatio memoriae personaggi e periodi storici considerandoli ideologicamente il male assoluto.

LA SCUOLA DI STATO NON EDUCA ED INOLTRE LIMITA LE PARITARIE
Leone XIII, nel 1879, davanti al dilagare della religione positivista nelle scuole italiane, scrisse l'enciclica Aeterni Patris, con la quale rilanciava la filosofia di San Tommaso. Egli aveva percepito la gravità del problema. Aveva capito che la scuola di Stato non era neutra ma governata da un assoluto naturalista e razionalista sostanzialmente anticristiano e che, se non contrastata, avrebbe distrutto l'educazione stessa. Oggi, molti si chiedono se la scuola statale educhi ancora. Molti rispondono di no e questo senza nulla togliere alla grande e solerte dedizione di molti insegnanti.
Molti si chiedono anche se il sistema della scuola paritaria sia sufficiente a ridare alla Chiesa degli spazi veri di azione educativa nella scuola. Un sistema pubblico integrato, come avviene nella scuola italiana a parte l'aspetto della parità economica che non viene garantito, sembrerebbe idoneo a quello scopo. C'è però da dire che la scuola cattolica paritaria viene inserita in un contesto che ne limita di molto la libertà. La programmazione delle abilità, i criteri di valutazione, i sistemi di valutazione, la tipologia delle prove sono elementi che la scuola di Stato impone alle scuole paritarie. Essi non sono mai neutri, ma funzionali ad un modello di educazione. Le circolari, gli orientamenti, le indicazioni per il recupero delle difficoltà, la normativa per le attività complementari o di sostegno sono emesse dallo Stato e vengono recepire dalle scuole paritarie cattoliche con scarsissima creatività. Molto spesso, a parte casi di forte identità nelle convinzioni degli operatori, nelle scuole paritarie si insegna nello stesso modo delle scuole statali, solo, magari, con la messa all'inizio e alla fine dell'anno scolastico.

LA SCUOLA NON DEVE ESSERE DELLO STATO, MA DELLA CHIESA
La scuola non può essere dello Stato. A questa concezione la Chiesa ha sempre opposto che la scuola è della Chiesa, e questo lo abbiamo già visto sopra, e che la scuola è delle famiglie. Se nella scuola e nell'educazione avviene qualcosa di molto più fondamentale che non l'apprendimento di alcuni rudimenti e comportamenti, la prima titolarità educativa appartiene ai genitori, che per primi si sono assunti il compito di educare i loro figli davanti a Dio e secondo i suoi insegnamenti. Nella scuola il bambino mette in rapporto la propria più profonda intimità con la verità e, così facendo, si mette in cerca dell'Assoluto, perché niente di relativo lo soddisferà mai più. Questo rapporto dell'educazione con l'assoluto, che era già stato messo in evidenza da Socrate, richiede che a sorvegliarne il processo siano i genitori, gli unici ad avere le chiavi dell'intimità dei propri figli non in assoluto ma secondo il progetto di Dio su di loro. I genitori cristiani hanno una sapienza del cuore rispetto alla vita dei loro figli che deriva loro dall'averli concepiti nella luce di Dio. Ma c'è anche una sapienza naturale che conferisce ai genitori questa capacità, anche se senza la fede rischia di non avere sufficiente sostegno nella vita concreta.
Intesa in questo modo, la responsabilità dei genitori nell'educazione dei figli coincide in fondo con la responsabilità della Chiesa. Rivendicando il primato dei genitori sullo Stato, la Chiesa non si limita a rivendicare un elemento di diritto naturale, ma vi aggiunge anche un motivo squisitamente religioso: i figli sono di Dio e, vicariamente, dei genitori che li educano nel progetto di Dio. Tramite la centralità della famiglia, la Chiesa riconduce il tema al suo vero cuore: la centralità di Dio.
A questo fine giunge in aiuto la dottrina della sussidiarietà, secondo cui lo Stato non può sostituirsi alla famiglia nei compiti che le sono propri per natura e per disegno divino, deve piuttosto aiutarla a perseguirli con le sue forze o con l'aiuto delle società superiori che tuttavia non deve mai essere di sostituzione, ma di aiuto sussidiario e supplente.

Nota di BastaBugie: ecco il link all'articolo che approfondisce il tema della responsabilità educativa secondo i principi della Dottrina Sociale della Chiesa

LA CENTRALITA' DI DIO NELL'EDUCAZIONE SCOLASTICA
Se l'educazione è l'incontro della persona con il vero, il bello e il buono, in ogni materia non può mancare Gesù Cristo
di Stefano Fontana
http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4393

 
Titolo originale: Dalla scuola dello Stato alla scuola delle famiglie
Fonte: Bollettino di Dottrina Sociale, gennaio-marzo 2015

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A scuola di masturbazione?

 MUM DAD & KIDS: http://www.mumdadandkids.eu/it
Iniziativa dei cittadini europei per il matrimonio e la famiglia
Sosteniamo insieme il matrimonio e la famiglia in Europa:Il matrimonio – unione permanente e fedele tra un uomo e una donna col proposito di fondare una famiglia.
Famiglia – un padre, una madre e i loro figli.
Relazione familiare – la relazione legale tra due sposi o tra un genitore e un figlio
Sì, appoggio la richiesta di un regolamento comunitario che definisae il significato del matrimonio e della famiglia: il matrimonio è l'unione tra un uomo e una donna e la famiglia è fondata sul matrimonio e / o la discendenza.
 
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Organizzazione Mondiale della Sanità: a scuola di masturbazione

By on 4 settembre 2014 – https://comitatoarticolo26.it/oms-a-scuola-di-masturbazione/

 

A volte potrebbe sembrare preferibile non sapere; ma purtroppo è oramai cosa nota: le direttive in materia di educazione sessuale dell’OMS preparano i nostri figli ad una iper-sessualizzazione fin dalla più tenera età

Per approfondire: riportiamo da italia 24 ore

 

CORSI DI MASTURBAZIONE ALL’ASILO: IL DELIRIO DELL’OMS

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), di comune accordo con l’agenzia governativa tedesca per l’Educazione sanitaria, sta diffondendo presso tutti i ministeri della Salute e dell’Istruzione d’Europa un documento, chiamato «Standard di Educazione Sessuale in Europa», che invita a una maturazione della consapevolezza sessuale già nei primissimi anni di età dell’individuo

Nel Mondo di oggi l’ingenuità sta diventando qualcosa di marginale, da sopprimere quanto prima. La società vuole individui svegli in modo sempre più precoce, lasciando poco spazio all’immaginazione, alla scoperta, alla gradualità, all’ingenuità appunto. Fin dalla tenera età i bambini vengono sottoposti alla fruizione di determinati messaggi, specie tramite la tv e internet. E purtroppo, forse, in un domani non troppo lontano anche nella scuola. Almeno è ciò che vorrebbe l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), la quale, di comune accordo con l’agenzia governativa tedesca per l’Educazione sanitaria, sta diffondendo presso tutti iministeri della Salute e dell’Istruzione europei un documento di 83 pagine, chiamato «Standard di Educazione Sessuale in Europa», che invita a una maturazione della consapevolezza sessuale già nei primissimi anni di età dell’individuo.
Si legge, addirittura, che ai bambini dai 0 ai 4 anni si insegni la masturbazione e il raggiungimento del piace. Una sorta di primo step verso una consapevolezza più matura.

ALL’ASILO

Ai bimbi dagli 0 ai 4 anni, si legge, «gli educatori dovranno trasmettere informazioni su masturbazione infantile precoce e scoperta del corpo e dei genitali, mettendoli in grado di esprimere i propri bisogni e desideri, ad esempio nel “gioco del dottore”». Dai 4 ai 6 anni i bambini dovranno invece essere istruiti «sull’amore e le relazioni con persone dello stesso sesso», «parlando di argomenti inerenti la sessualità con competenza comunicativa».

ALLE ELEMENTARI

La vera crescita avverrà coi bimbi tra i 6 e i 9 anni, cui i maestri terranno lezioni su «cambiamenti del corpo, mestruazioni ed eiaculazione», facendo conoscere loro «i diversi metodi contraccettivi». Su questo aspetto i bambini tra 9 e 12 anni dovranno già avere ampia competenza, diventando esperti nel «loro utilizzo» e venendo informati su «rischi e conseguenze delle esperienze sessuali non protette (le gravidanze indesiderate)».

DA ADOLESCENTI

Ecco il decisivo balzo in avanti: nella fascia puberale tra i 12 e i 15 anni gli adolescenti dovranno acquisire familiarità col concetto di «pianificazione familiare» e conoscere il difficile «impatto della maternità in giovane età», con la consapevolezza di «un’assistenza in caso di gravidanze indesiderate e la relativa «presa di decisioni» (leggi aborto). Non solo: a quell’età, ormai matura secondo l’Oms, i ragazzi dovranno essere informati sulla possibilità di «gravidanze anche in relazioni omosessuali» e sull’esistenza del sesso inteso come «prostituzione e pornografia», venendo messi in guardia «dall’influenza della religione sulle decisioni riguardanti la sessualità». Il protocollo diffuso dall’Oms lancia anche un monito affinché«l’educazione sessuale venga effettivamente realizzata in termini di luoghi, tempi e personale», sebbene non occorra una preparazione ad hoc della classe docente e «gli insegnanti di educazione sessuale non siano professionisti di alto livello».

DOCUMENTO GIÀ RECEPITO DALL’UE

Queste direttive sono già state recepite a livello comunitario nella risoluzione Estrela votata giorni fa al Parlamento europeo e ora in discussione in Commissione. Nel testo presentato dall’europarlamentare socialista Edite Estrela, la masturbazione viene infatti indicata come metodo di educazione sessuale, prendendo atto del fatto che «i ragazzi più giovani sono esposti, sin dalla più tenera età, a contenuti pornografici soprattutto su Internet».
Il rapporto Estrela, inoltre, invita l’Ue a «prevenire le gravidanze indesiderate» e a garantire «il diritto d’aborto», combattendo «l’abuso dell’obiezione di coscienza» da parte del personale sanitario.

 

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Family day: il dovere di fare pressione sui politici

Gandolfini e la Leopolda della Lega, il Family day e la politica

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Tra qualche giorno, il 25, Massimo Gandolfini, portavoce del Family day, sarà ospite alla Leopolda della Lega, in quel di Parma.
Così come in passato era stato ospite ad un convegno di Magna Carta, organizzato da Gaetano Quagliariello, Eugenia Roccella ed altri parlamentari di Idea.

La notizia, purtroppo, ha destato qualche polemica, quando avrebbe dovuto accolta per quello che è: un bellissimo segnale.

Se la politica si accorge del popolo del Family day, questo non può che essere positivo.
Soprattutto perchè a chiedere un contributo al suo portavoce sono state due realtà, Idea e Lega, che davvero si sono battute contro la legge Scalfarotto e contro la legge Cirinnà.
E che erano presenti in modo ufficiale allo stesso Family day (si ricordino i gonfaloni di Veneto, Liguria e Lombardia).

Nessuno strumentalismo, dunque, nè da parte di chi ha invitato, nè da parte di chi ha ricevuto l’invito.

Massimo Gandolfini, infatti, non è mai stato uomo di partito; ha tenuto ai margini, il più possibile i partiti dal Family day, con l’intento di farne un evento di tutti; epperò sa bene che con loro bisogna dialogare, perchè le leggi si fanno in parlamento.

Il suo ruolo di uomo super partes, che va dove viene invitato a spiegare le ragioni della famiglia, è importantissimo.
Perchè così facendo dichiara esplicitamente che coloro che hanno a cuore certi valori possono avere un ruolo all’interno di realtà diverse (esclusi Pd e M5S, con cui ogni dialogo è impossibile).

Anche la scelta di tenere il Comitato Difendiamo i nostri figli schierato su una battaglia politica di scopo, come in tante occasioni hanno fatto, sul versante opposto, i radicali, è molto intelligente.

Serve infatti a mantenere mobilitato il popolo della famiglia, su un obiettivo potenzialmente comune, non divisivo, e nello stesso tempo essenziale.

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Per ribadire un concetto: se vi sono scelte in cui si può marciare divisi, ve ne sono altre che vanno fatte tutti assieme.
Si può difendere e promuovere la famiglia lavorando nei partiti in cui questo è possibile; si deve difendere e promuovere la famiglia impedendo che il rovesciamento della Costituzione affidi un potere dittatoriale a chi della famiglia e della vita è un nemico giurato.

Gli attacchi a Gandolfini, però, purtroppo, non vengono solo da Renzi.
Anche personalità che hanno dato un indubbio contributo al Family day, lo hanno attaccato, in questi giorni, sia per la sua scelta riguardo al referendum, sia per la sua presenza alla Leopolda di Parma.

Questi attacchi vengono condotti in nome di un purismo e di un protagonismo, terribilmente nocivi.

Nessuna persona e nessun partito ha il monopolio del Family day; chi sino a ieri ha militato nel Pd o in altri partiti di centro, come il candidato sindaco del coraggioso PDF di Bologna, continui la sua meritoria battaglia e la strada intrapresa, ma senza ergersi a unico rappresentante dell’unica, presunta, scelta giusta possibile.

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Matrimoni omosessuali: reazione cattolica ingarbugliata

  L'11 maggio, all'indomani della legge che introduce i "matrimoni tra omosessuali", Marco Tosatti scrive un articolo dal titolo “Ma la CEI dov'era?”. In esso il vaticanista de La Stampa segnala che, ad eccezione di alcuni vescovi coraggiosi “non c'è stato uno sforzo comune, coordinato, di sostegno ai laici” che combattevano contro la “Legge Cirinnà”.
Molte persone, anche autorevoli, hanno obiettato che NON è compito di Vescovi e presbiteri occuparsi di questioni inerenti la società civile.

La successiva Assemblea della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha reso più vivace il dibattito per due dichiarazioni:
– nella relazione iniziale il Presidente, Card. Bagnasco, condanna in modo fermo “l'equiparazione delle Unioni civili al matrimonio”;
– lo stesso Presule, due giorni dopo, dichiara invece: “Sulle unioni civili non ho dato giudizi di valore o di merito”, aggiungendo, a proposito di referendum, che “Si tratta di iniziative che sono doverosamente portate avanti da laici: saranno portate avanti da laici”.

Insomma: se si deve far qualcosa per abolire i matrimoni tra omosessuali, il laicato dovrà arrangiarsi?
E i Pastori possono tacere e non fare nulla?

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Un sintetico excursus storico può aiutare a formulare una risposta concreta.

1. Opera dei Congressi. Subito dopo l'unità d'Italia, in particolare dal Pontificato di Leone XIII (1878), vengono fatte confluire in questo organismo praticamente tutte le associazioni cattoliche, rendendole strettamente dipendenti dall'episcopato.
– Risultato: nonostante dolorose persecuzioni e forti infiltrazioni ereticali (don Murri), le elezioni del 1913 (Patto Gentiloni) vedono la sorprendente vittoria del movimento cattolico.
Entrano in Parlamento i primi 34 deputati cattolici (su un totale di 508) e ben 228 deputati liberali (su 260) subiscono un forte condizionamento dottrinale.

2. Azione Cattolica Italiana. Papa Pio XI, anche a seguito del Concordato del 1929, pone sotto la ferrea dipendenza dall'episcopato tutte le associazioni cattoliche esistenti in Italia. Chi non accetta il controllo dei vescovi scompare o viene “scomunicato”.
– Risultato: nel dopoguerra Papa Pio XII impegna l'Azione Cattolica e i vescovi nei Comitati Civici guidati dal prof. Gedda: tutte le parrocchie italiane sono mobilitate.
Il risultato del 1948 è clamoroso: i partiti comunista e socialista vengono inaspettatamente battuti. Gedda porta in parlamento 305 deputati su 574 e 131 senatori su 237.

3. Papa Paolo VI scioglie praticamente i Comitati Civici di Gedda nel 1965: è l'apogeo della subalternità alla Democrazia Cristiana, al punto che il Decreto conciliare sull'apostolato dei laici viene generalmente inteso dall'episcopato italiano come doverosa adesione alla D.C.
– Risultato: Il silenzio assordante della Sede Apostolica e dei vescovi porta nel 1974 alla sconfitta nel referendum contro il divorzio e nel 1981 a quello contro l’aborto.
Il Concordato del 1984 firmato dal card. Casaroli costituisce simbolicamente il suicidio dei vescovi del postconcilio.

4. San Giovanni Paolo II, sotto la cui guida il Presidente della CEI (Card. Ruini) tenta di far rivivere il movimento cattolico: sono gli anni della "presenza", nei quali si valorizzano i movimenti più che assimilarli.
– Risultato: nel 2005 l'episcopato torna a mobilitarsi in blocco, invitando all'astensione dal voto onde non introdurre in Italia la fecondazione artificiale. A quasi sessanta anni dalla vittoria del 1948, il movimento cattolico ottiene un nuovo e totalmente inatteso risultato: soltanto un quarto degli elettori va a votare.

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Questa veloce sintesi è certamente suscettibile di precisazioni e integrazioni, ma non è superficiale. Da essa si possono ricavare alcune costanti:
a) quando i vescovi si muovono, vincono.
b) In Italia il laicato cattolico è sempre stato concepito come strettamente dipendente dai vescovi.
c) Quasi sempre i vescovi hanno scelto dei leaders laicali che sono caduti nell’eterodossia e in compromessi inaccettabili.
d) Chi vuole dar vita a un movimento laicale non riceve alcun “8×1000” (denaro, sedi, comunicazione, servizi di base, ecc.) dalle strutture ecclesiali.

Una conferma ai punti di cui sopra è costituita dal "Family Day" che, sebbene appoggiato solo da una minoranza dei vescovi, ha portato in piazza due milioni di cattolici.
Per converso, anche il recente disastro elettorale del “Popolo della Famiglia” è, in qualche modo, una conferma.
Dunque, alla luce di centocinquanta anni di storia d’Italia, sembra che in Italia sia impossibile costituire un movimento davvero laicale e integralmente cattolico di rilievo.

Ma se i vescovi non intendono agire e il laicato non è aiutato, vien da chiedersi: “che fare?”

Un esempio su cui forse vale la pena riflettere è il network della “Marcia per la Vita” perché si tratta di una iniziativa:
– pensata e realizzata esclusivamente dai laici
– totalmente coerente con la dottrina cattolica
– che non riceve alcun aiuto dalla CEI né da nessuno
– che "miracolosamente" mobilita ogni anno 30/40.000 cattolici.

In ogni caso, occorre non scoraggiarsi, ma capire che
– la strada verso un laicato davvero cattolico è molto (molto) più lunga di quel che si crede;
– ignorare gli errori del passato è avere la certezza di ripeterli;
– i modelli organizzativi del passato, anche vincenti, vanno ripensati;
– la Vergine Maria ha debellato tutte le eresie.

totustuus.it

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Popolo della Famiglia: tutto già finito… ?

  Popolo della Famiglia, genesi e declino di un progetto ambiguo

di Massimo Micaletti

 

Niente è perduto fuorché l’onore.

Parliamo del Popolo della Famiglia. In realtà, Radio Spada ne parla da un pezzo, mettendo in guardia dal primo momento sugli aspetti quantomeno dubbi di un’operazione certo nata sulle miglior intenzioni di tanti ma destinata al naufragio se pensata come di breve o medio periodo.

Nacque da uno strappo, il PdF, nessuno se lo dimentica, iniziando la disgregazione del Comitato Difendiamo i nostri figli, strappo celato sotto sorrisi di ricucitura e comunque rivelato dalle dimissioni di Costanza Miriano dal Comitato stesso. Occhio, non parlo di rapporti personali: io non so se queste persone abbiano litigato tra loro, mi auguro di no e comunque non mi interessa; intendo piuttosto che le diversità di storia, cultura e prospettiva tra i protagonisti del Family Day 2016 – diversità evidenti a chi avesse gli strumenti per andare oltre gli abbracci, gli slogan e gli striscioni, appena un passo fuori dalle platoniche caverne – non potevano restare celate né ininfluenti agli effetti del progetto che dal Family Day doveva scaturire.

Ora, non voglio far tutta la cronistoria, ma soffermarmi in primis su questo concetto: il Family Day non era (o meglio, non avrebbe dovuto essere) un progetto e tantomeno il progetto, ma un punto di partenza, l’inizio di un cammino. Già allora erano chiare, oltre alle ambiguità di fondo che però avrebbero potuto emendarsi col tempo e colle battaglie, almeno altre due mine sulla strada di quei due milioni di persone: l’assenza di supporto Oltretevere, chiuso in un silenzio raggelante; e che la strada da fare era tanta, ma veramente tanta.

La strada da fare era tanta perché il Paese cattolico andava e va ricostruito da zero e già questo, senza il sostegno del Vaticano, impegnato a raccogliere musulmani, era ed è un’impresa titanica, al limite del folle. Bisognava quindi tenere la barra, fare scorta di intenzioni, preghiere, retta dottrina, numeri giusti e prepararsi ad una lunga traversata del deserto o, se preferite a zappare per anni per poi sperare di raccogliere i frutti buoni, accontentandosi magari nel frattempo di qualche nespolaccia in vista però della stagione buona. Questo si doveva fare, e lo dico con umiltà e decisione, l’ho sempre detto, so che solo così si può fare e ne sono certo.

Si è deciso invece col PdF di lanciarsi a raccogliere quando la terra non era stata neppure dissodata e la siccità era perdurante e si sapeva sarebbe durata. Si è preferito, per legittimare questa improvvida avventura, abbeverarsi alle poche e salmastre pozze, prendendo qua e là le dichiarazioni di qualche prelato o attribuendo al Papa un pensiero che non ha mai chiaramente espresso; ci si è ostinati a difendere come buono e addirittura santo il clamoroso tragico iato tra annuncio e testimonianza, ed ho visto e letto e sentito padri di famiglia, ottimi cristiani innamorati di Dio e della Sua Chiesa, plaudire contro dottrina e retta ragione ai baci e alle foto di Adinolfi colla sua compagna, circondati da striscioni, locandine e manifesti inneggianti alla famiglia; non si è avuto il minimo scrupolo ad allearsi a quelle stesse forze politiche che in Parlamento si stavano vendendo per un piatto di lenticchie, e lo si è fatto in nome del qui ed ora, del voto utile, della massa critica, del meglio così che peggio.

Dove si poteva arrivare, con queste premesse? Da nessuna parte ed è stato meglio così.

E’ stato meglio così perché adesso tutte quelle brave persone, quei buoni e retti cattolici che coi miglior propositi si sono spesi per questa boutade possono iniziare a fare sul serio. Avranno certo chiaro, ora, queste persone che la (ri)costruzione di una società cattolica o, più prosaicamente, della presenza dei cattolici in politica è lavoro lungo e laborioso e richiede costanza coerenza determinazione coraggio e soprattutto, soprattutto, retta dottrina ed esempio. Ripeto: retta dottrina ed esempio, o, se preferite, annuncio e testimonianza.

La strada è lunga, mettetevelo in testa, e comporta nel frattempo vedere tante case che crollano, comporta assistere ad abominii ben peggiori di quelli che ci sono stati dispensati a piene mani dagli ultimi tempi. Se vogliamo riprendere l’immagine di Guareschi, il buon seme va conservato ma la piena è tutt’altro che finita, anzi. Arriveremo alla brevettabilità dell’embrione umano, alla fecondazione artificiale fai da te, alla legalizzazione della pedofilia, dell’incesto, dell’infanticidio, del matrimonio a tempo (ah, no, scusate, il matrimonio, così com’è ora, è già a tempo ma nell’incertezza: almeno forse con una data chiara di scadenza uno potrebbe regolarsi su cosa fare tra qualche anno) e via regredendo. Il mio amico Roberto Marchesini dice che ora siamo come quelli che in autunno pretendessero di riattaccare le foglie sugli alberi. Ne vedremo insomma delle brutte, delle bruttissime: ma l’alternativa a PdF et similia non è restare impotenti.

Non ci cascate, la politica è solo uno dei modi di cambiare il reale ed è anzi forse l’ultimo e il residuale, pur importante ma conseguente a moltissimi altri, di ben maggior peso per la società e soprattutto per la salvezza.

Il primo e più potente è quello più sotto attacco, ed è la famiglia: costruire e curare famiglie sane e cattoliche, tenersi una moglie sola amandola, comprendendola ed accogliendola tutta la vita e fare figli solo con quella e preoccuparsi che questi bambini, nel cammino della vita, seguano i passi del Signore, sarebbe (anzi, è) da sé qualcosa in grado di cambiare il mondo.

Non vi basta? Volete qualcosa di più concreto? Non riesco ad immaginare qualcosa di più concreto di una famiglia, fosse anche quella di origine, ma proviamoci.

C’è il fronte culturale in senso ampio, con ciò intendendo scuola, università, massmedia e per incidere lì, ancora una volta, la politica conta solo fino ad un certo punto. Sosteniamo le scuole cattoliche, esigiamo, da genitori e da studenti, che la verità sulla nostra storia e sulla nostra religione venga rispettata e non affogata da programmi di regime e professori distratti o militanti.

Ancora più concreto? Il nostro contesto. Le persone che conosciamo, i colleghi e le colleghe di lavoro, le amiche dal parrucchiere, gli amici del calcetto o del tennis o delle bocce, gli stessi sacerdoti: se ci fanno,  sornioni o accalorati, discorsi che attaccano la nostra fede o i nostri valori, rispondiamo con argomenti, non taciamo, e soprattutto non taciamo se stanno facendo scelte che potrebbero dannarli.

Questa è roba forte: chi ha il coraggio di farla? A volte è più semplice rispondere per le rime ad uno sconosciuto che in una conferenza ti attacca piuttosto che prendere sottobraccio un amico e dirgli con carità e decisione che se non lascia sua moglie è meglio e che non c’è nulla di irrecuperabile se ci si è promessi dinanzi a Dio.

Poi certo ci sono le manifestazioni, le aggregazioni, le conferenze, i Family Day: ma il punto è che… every day is a Family Day. O si ragiona così o sarà solo la politica a dettarci l’agenda, a misurarci, a farci sentire vincitori grazie ad orrori come la Legge 40 o sempre soltanto e comunque perdenti.

E’ il loro gioco, il gioco degli avversari: portarci sul loro terreno per dire di averci sconfitti, cancellati, di averci tolto l’onore. Non caschiamoci, in realtà non è perduto nulla: noi cattolici siamo ben di più e di meglio, possiamo fare ben di più e di meglio, e dobbiamo pretendere ben di più e di meglio che un’iniziativa pasticciata e, a voler essere generosi, ambigua e contraddittoria.

Teniamocela stretta la nostra Fede, non annacquiamola per qualche voto pur di arrivare lì dove ora non si può arrivare: faremmo altrimenti la fine del viandante nel deserto che per inseguire un miraggio muore di sete.

Se non faremo questo torto alla Verità, i frutti arriveranno, il buon seme fiorirà.

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Card. Caffarra: Il Magistero incerto si interpreta in continuità col precedente

  Card. Caffarra: "Non si può con una nota, e di incerto tenore, mutare la disciplina secolare della Chiesa. Sto applicando un principio interpretativo che in Teologia è sempre stato ammesso. Il Magistero incerto si interpreta in continuità con quello precedente".

di Marco Ferraresi, per lanuovabq

 

 

Parlare di famiglia non è mai stato così complicato. Persino dentro la Chiesa. Fa problema anzitutto l’oggetto del discorso: cosa è veramente famiglia? E come pretendere che non vi sia confusione nella società civile, se pure nella Chiesa si oscurano talora verità fondamentali sul matrimonio? La controversia sul cap. VIII dell’esortazione Amoris Laetitia di Papa Francesco e la recente legge italiana sulle unioni civili destano sconcerto.

Ne parliamo con il Card. Carlo Caffarra, Arcivescovo emerito di Bologna. Caffarra è stato fondatore e Preside dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia. Già partecipante come esperto al Sinodo dei vescovi sulla famiglia del 1980, è membro di nomina pontificia ai Sinodi del 2014 e del 2015. Risponde alle domande con la semplicità e la franchezza degli uomini della sua terra: “Quella fettaccia di terra tra il grande fiume e la grande strada”, dice orgogliosamente citando Guareschi.

Eminenza, cos’è la famiglia?

E’ la società che trae origine dal matrimonio, patto indissolubile tra un uomo e una donna, che ha la finalità di unire i coniugi e trasmettere la vita umana.

Da un’unione civile, secondo la legge Cirinnà nasce una famiglia?

No. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, firmando questa legge, ha sottoscritto una ridefinizione del matrimonio. Ma un provvedimento normativo non cambia la realtà delle cose. Occorre dirlo: i sindaci (soprattutto, naturalmente, quelli cattolici) devono fare obiezione di coscienza. Celebrando un’unione civile si renderebbero infatti corresponsabili di un atto gravemente illecito sul piano morale.

Perché questa crisi di identità della famiglia in Occidente?

Me lo chiedo spesso, ma non ho una risposta esaustiva. Comunque, una concausa è un processo di “debiologizzazione”, per il quale non si ritiene più che il corpo abbia un linguaggio (e dunque un significato) oggettivo. Questo significato viene così determinato dalla libertà della persona. Si è spezzato,nella coscienza occidentale, il legame tra bios e logos.

In una prospettiva di fede, non vi sono pure cause soprannaturali?

Nel 1981 stavo fondando per volontà di San Giovanni Paolo II l’Istituto per gli studi sul matrimonio e la famiglia. La fondazione era prevista per il 13 maggio, data della prima apparizione della Madonna a Fatima. Il Papa in quel giorno subì l’attentato, da cui uscì miracolosamente salvo per grazia – a dire dello stesso Pontefice – della Madonna. Dopo i primi anni di vita dell’Istituto, scrissi a suor Lucia, la veggente di Fatima, chiedendo preghiere per l’opera, e aggiungendo che non aspettavo risposta. Una risposta però arrivò comunque.

Che cosa le rispose?

Suor Lucia scrisse – e, vorrei sottolineare, siamo  nei primi anni ’80 – che vi sarebbe stato un tempo di uno “scontro finale” tra il Signore e Satana. E il terreno di scontro sarebbe stato costituito dal matrimonio e dalla famiglia. Aggiunse che coloro i quali avrebbero lottato per il matrimonio e la famiglia sarebbero stati perseguitati. Ma anche che costoro non avrebbero dovuto temere, perché la Madonna ha già schiacciato la testa al serpente infernale.

Parole profetiche: è quello che sta accadendo?

Viviamo una situazione inedita. Mai era accaduto che si ridefinisse il matrimonio. E’ Satana che sfida Dio, come dicendo: “Vedi? Tu proponi la tua creazione. Ma io ti dimostro che costituisco una creazione alternativa. E vedrai che gli uomini diranno: si sta meglio così”. L’arco intero della creazione si regge, secondo la Scrittura, su due colonne: il matrimonio ed il lavoro umano. Non è ora nostro tema il secondo, pure soggetto ad una “crisi definitoria”; per quanto qui concerne, il matrimonio è stato istituzionalmente distrutto.

La Chiesa può rispondere a simile sfida?

Deve rispondere, per ragioni direi strutturali. La Chiesa si interessa del matrimonio perché il Signore l’ha elevato a sacramento. Cristo stesso unisce gli sposi. Si badi, non è una metafora: secondo le parole di San Paolo, nel matrimonio il vincolo tra gli sposi si innesta nel vincolo sponsale tra Cristo e la Chiesa, e viceversa. L’indissolubilità non è anzitutto una questione morale (“gli sposi non devono separarsi”), ma ontologica: il sacramento opera una trasformazione nei coniugi. Sicché, dice la Scrittura, non sono più due, ma uno. Questo è detto chiaramente in Amoris Laetitia (par. 71-75). Il sacramento, poi, infonde negli sposi la carità coniugale. E di questo parlano benissimo i capitoli IV e V dell’Esortazione. Inoltre, il sacramento costituisce gli sposi in uno Stato di vita pubblico nella Chiesa e nella società. Come ogni Stato di vita nella Chiesa, anche lo Stato coniugale ha una missione: il dono della vita, che si continua nell’educazione dei figli. Qui il capitolo VII di Amoris Laetitia colma addirittura, a mio avviso, una lacuna nel dibattito dei vescovi al Sinodo.

In pratica, cosa dovrebbe fare la Chiesa?

Una sola cosa: comunicare il Vangelo del matrimonio. Ho detto “comunicare”, perché non si tratta solo di un evento linguistico. La comunicazione del Vangelo significa guarire l’uomo e la donna dalla loro incapacità di amarsi e introdurli nel grande Mistero di Cristo e la Chiesa. Questa comunicazione avviene attraverso l’Annuncio e la catechesi; e attraverso i Sacramenti. Ci sono persone che, dopo una catechesi sul Sacramento del Matrimonio, vengono a dirmi: perché nessuno mi ha mai parlato di queste realtà meravigliose? I giovani, soprattutto, devono essere al centro delle nostre preoccupazioni. La questione educativa in materia è “la” questione decisiva. Il Papa ne parla ampiamente nei par. 205-211.

Eminenza, che dire della questione dell’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati? Il Papa ne tratta al cap. VIII, del quale sono state offerte però letture contrapposte.

Anzitutto, vorrei sottolineare che il Papa stesso nel par. 307 afferma che, prima di occuparci dei matrimoni falliti, dobbiamo preoccuparci di quelli da costruire. E, aggiungo, il problema della sua domanda resta quantitativamente limitato. Certo, sul piano dottrinale è tutt’altro che da trascurare. A tal proposito, rispondo a partire da quattro premesse.

1) Il matrimonio è indissolubile. Come dicevo, prima che un obbligo morale, l’indissolubilità è un dato ontologico. Spiace osservare che non tutti i Padri sinodali avessero ben chiaro tale fondamento ontologico.

2) La fedeltà coniugale non è un ideale da raggiungere. La forza di essere fedeli è donata nel sacramento (vi immaginate il marito che dice alla moglie: “Esserti fedeli è un ideale che cerco di raggiungere, ma ancora non riesco”?). Troppe volte si usa in Amoris Laetitia la parola “ideale”, occorre attenzione sul punto.

3) Il matrimonio non è un fatto privato, disponibile dagli sposi. E’ una realtà pubblica per il bene della Chiesa e della società.

4) Il cap. VIII, oggettivamente, non è chiaro. Altrimenti come si spiegherebbe il “conflitto di interpretazioni” accesosi anche tra vescovi? Quando ciò accade, occorre verificare se vi siano altri testi del Magistero più chiari, tenendo a mente un principio: in materia di dottrina della fede e di morale il Magistero non può contraddirsi. Non si devono confondere contraddizione e sviluppo. Se dico S è P e poi dico S non è P, non è che abbia approfondito la prima. L’ho contraddetta.

Amoris Laetitia, dunque, insegna o no che vi sia uno spazio di accesso ai sacramenti per i divorziati risposati?

No. Chi versa in uno stato di vita che oggettivamente contraddice il sacramento dell’Eucaristia, non può accedervi. Come insegna il Magistero precedente, possono invece accedervi coloro che, non potendo soddisfare l’obbligo della separazione (ad es. a causa dell’educazione dei figli nati dalla nuova relazione), vivano in continenza. Questo punto è toccato dal Papa in una nota (la n. 351). Ora, se il Papa avesse voluto mutare il Magistero precedente, che è chiarissimo, avrebbe avuto il dovere, e il dovere grave, di dirlo chiaramente ed espressamente. Non si può con una nota, e di incerto tenore, mutare la disciplina secolare della Chiesa. Sto applicando un principio interpretativo che in Teologia è sempre stato ammesso. Il Magistero incerto si interpreta in continuità con quello precedente.

Dunque, nessuna novità?

La novità, oltre alla possibilità data dal S. Padre di eccepire, a giudizio prudente dei vescovi, ad alcune norme canoniche, è soprattutto nel prendersi cura di questi fratelli divorziati risposati, cercando di imitare il nostro Salvatore nella modalità con cui Egli incontrava le persone più bisognose del “medico” . Il cap. VIII (“accompagnare, discernere, integrare”), a mio modesto avviso, è la guida di questo “prendersi cura”. Non dobbiamo cadere nell’inganno mass-mediatico di ridurre tutto a “Eucarestia sì-Eucarestia no”.

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