I terremoti più gravi sono di ordine spirituale

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terremotiI terremoti più gravi sono di ordine spirituale

(di Roberto de Mattei, Il Tempo, 30 agosto 2016)

 

Nel corso dell’Angelus di domenica 28 agosto Papa Francesco ha annunciato che «appena possibile» si recherà a visitare le popolazioni terremotate del Lazio, dell’Umbria e delle Marche, per portar loro di persona «il conforto della fede, l’abbraccio di padre e fratello, e il sostegno della speranza cristiana».

Quell’«appena possibile» non è legato all’agenda del Papa, che sarebbe voluto partire immediatamente, quanto ad evitare che la sua presenza possa risultare d’intralcio al lavoro dei pompieri, della protezione civile, delle forze dell’ordine. Come ricorda Andrea Tornielli, il blitz di Giovanni Paolo II, a sole 48 ore del sisma che il 23 novembre 1980 colpì Campania e Basilicata, provocò accese polemiche. Ci fu chi disse che Giovanni Paolo II aveva intralciato i soccorsi e distratto le forze dell’ordine da altri compiti più urgenti. Benedetto XVI, per contro, attese 22 giorni prima di visitare l’Aquila devastata dal sisma del 6 aprile 2009, e 36 giorni prima di recarsi in Emilia, dopo il terremoto del 20 maggio 2012.

La scelta di rinviare la visita appare dunque opportuna per varie ragioni. Nelle prime settimane immediatamente successive alla catastrofe, i terremotati hanno bisogno di soccorso soprattutto materiale. È nei mesi successivi, quando la loro situazione non fa più notizia, che essi si sentono abbandonati e hanno bisogno di sostegno spirituale e morale. E nessuno, meglio del Papa, può portare questo soccorso che consiste, soprattutto, nel ricordare che tutto nella vita cristiana ha un senso, anche le peggiori catastrofi.

È questa la risposta che si deve dare a chi, come Eugenio Scalfari, su La Repubblica del 28 agosto pontifica su Il terremoto di Amatrice e tutti gli altri mali del mondo, chiedendosi qual è la ragione, non solo del sisma che ha sconvolto il centro Italia, ma del caos che sconvolge oggi il mondo, cercando la risposta nel pessimismo cosmico leopardiano.
È necessario anche che siano evitate le inevitabili accuse di protagonismo, pronte ad essere lanciate a chi ama troppo il palcoscenico, come Papa Francesco, che nei giorni scorsi è stato impegnato in riprese cinematografiche nei Giardini Vaticani, legate, sembra, all’interpretazione di se stesso in un film, malgrado lo scorso febbraio il Vaticano abbia smentito che Papa Bergoglio abbia intenzione di fare l’attore.

È vero però che la tragedia del terremoto si inserisce in una situazione internazionale tempestosa. Le prime pagine dei giornali nelle ultime settimane sono state occupate quasi solamente dalle notizie sul sisma in Italia e poco rilievo si è dato ad informazioni inquietanti, come quella dell’invito del governo tedesco di fare scorte di cibo ed acqua in previsione di un’eventuale emergenza nazionale.

I fedeli si aspettano infine che il Papa ricordi che le sciagure materiali distruggono i corpi, ma esistono cataclismi spirituali e morali, ancor più violenti, che travolgono le anime. E la stessa Chiesa cattolica è scossa oggi, al suo interno, da un terremoto.

Su Internet gira la foto di una statua della Madonna miracolosamente rimasta illesa tra le macerie di una chiesa di Arquata del Tronto. Le invocazioni alla Madonna si sono moltiplicate tra i terremotati e Antonio Socci si è fatto portavoce della richiesta rivolta da alcuni cattolici italiani al cardinale Bagnasco di rinnovare la consacrazione dell’Italia al Cuore Immacolato di Maria. Ma la Madonna non ha trovato posto neppure in uno stand del Meeting di Rimini, e la devozione mariana è incompatibile con l’abbraccio ecumenico con musulmani e protestanti.

(Roberto de Mattei, Il Tempo, 30 agosto 2016)

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Recensioni: Matteo Liberatore S.J.

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 Matteo Liberatore s.j. – Il naturalismo politico – Introduzione e cura di Giovanni Turco
Ed. Ripostes – Giffoni Valle Piana – 2016 – pp.107 – €.12,00

 

Il padre Liberatore (1810-1892) è stato uno dei più illustri gesuiti italiani dell’800; nato a Salerno ed entrato a far parte della provincia napoletana della Compagnia di Gesù nel 1826, già nel ’48, durante la Rivoluzione napoletana, sarebbe stato incluso tra i padri da sopprimere. Riparato a Malta insieme ai confratelli e quindi tornato a Napoli dopo che il re Ferdinando II ebbe sedato la rivolta, si segnalò ben presto tra i protagonisti della c.d. rinascita tomista cioè dello studio del pensiero di S. Tommaso d’Aquino, di cui era stato iniziatore il suo confratello e maestro il p. Luigi Prospero Taparelli d’Azeglio s.j.

Prolifico scrittore di saggi filosofici, il p. Liberatore si occupò molto anche di questioni giuridiche ed economiche. Per dare un’idea del rilievo del personaggio, basti ricordare che i suoi principali manuali di filosofia (Institutiones logicae et metaphysicae, Ethicae et iuris naturae elementa ed Institutiones Philosophicae, delle quali ultime correva anche una riduzione in italiano), nell’anno della sua morte, avevano oltrepassato le 30 edizioni. Fu inoltre tra i principali collaboratori del pontefice Leone XIII nell’elaborazione di alcune delle sue encicliche di maggior rilievo: Aeterni patris (1879) diretta a favorire la ripresa nella Chiesa dello studio di S. Tommaso; Immortale Dei (1885) sulla costituzione cristiana degli stati e Rerum novarum (1891), di cui gli fu affidata la prima stesura e che avrebbe poi costituito per decenni la pietra miliare della dottrina sociale della Chiesa.

A partire dall’anno della sua fondazione (1850), il nome del p. Liberatore è però principalmente legato alla Civiltà cattolica, la rivista dei gesuiti nata a Napoli e poi, dopo l’arrivo dei risorgimentali, trasferita a Roma, della quale egli fu l’animatore insieme al p. Taparelli d’Azeglio, al p. Carlo Maria Curci -poi allontanatosi dell’ordine- ed al p. Antonio Bresciani. Nei decenni in cui vi collaborò, il p. Liberatore si distinse –tra l’altro- per la sua polemica contro il liberalismo.

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Ė in tale ambito che si collocano tre saggi, aventi la lunghezza consueta (allora come oggi) di tutti quelli della rivista, cioè di circa una decina di pagine l’uno che, nel corso del 1883, egli dedicò al ‘modernismo’. La parola, a tale momento, non poteva certo riferirsi a quel movimento teologico-culturale che successivamente sarebbe poi stato bollato come eretico (ma nel 1907) dal papa S. Pio X con l’enciclica Pascendi dominici gregis ed il decreto Lamentabili, entrambi del 1907.

Per modernismo, il p. Liberatore intende piuttosto “lo spirito che avviva l’odierna rivoluzione. Esso consiste nella così detta autonomia dell’uomo, nella emancipazione della sua volontà da ogni legge positiva o naturale divina, nella sostituzione dell’uomo a Dio nel governo della società umana” (p.591). I tre saggi sono stati raccolti con il titolo ‘Il naturalismo politico’ da Giovanni Turco che li ha fatti precedere da una lunga introduzione volta ad inserirli nel contesto dell’opera dall’autore e delle polemiche del suo tempo. Lo spunto per la loro stesura derivò dalla pubblicazione, avvenuta lo stesso anno, di una raccolta di scritti di politica ed economia di Charles Périn (1815-1905), docente all’università cattolica di Lovanio (Belgio) ed eminente figura del cattolicesimo sociale di quella nazione. Tra i saggi che la compongono, l’attenzione del p. Liberatore è però dedicata a quello dal titolo “Il modernismo nella Chiesa nelle lettere inedite di La Mennais”; illustrandone il contenuto, il nostro autore ha così modo di esporre anche le sue riflessioni.

Più che riassumere il contenuto dei tre articoli, servirà qui richiamarne i punti di maggior interesse, quelli cioè che, a distanza di oltre 130 anni, ne hanno suggerito la ristampa.

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Anzitutto, secondo il p. Liberatore, l’errore di fondo del modernismo (inteso nel senso che si è detto) risiede nel fatto che “tolto Dio e la sua legge, non resta che l'uomo mutabile, soggetto a tutti gli errori della sua fallibile ragione, e a tutte le corruzioni della sua fragile volontà. Una società, formata con tali elementi, non può avere né stabilità di principii che accordi le menti, né amore di bene che leghi gli affetti. Essa naturalmente deve scindersi in partiti: ciascun dei quali cerchi di prevalere, ed agitarsi in cerca di un ignoto avvenire, che non serve ad altro che a fargli odiare il presente. Sempre malcontenta, sempre bramosa, sempre in lotta intestina, una società cosiffatta finirà collo sciogliersi e perdere la stessa effimera unità che tien congiunte le morte membra di un corpo separato dall'anima” (p.61). Si tratta di un’analisi che troverà puntuale conferma nelle vicende dei decenni successivi ed in particolare, per venire ad anni assai più recenti, nelle rivolte del ’68, quando apparirà chiaro a molti come la modernità, al di là dei suoi splendori tecnologici, costituisce in realtà la causa di un’inarrestabile decadenza della civiltà occidentale e cioè della dissoluzione della società ed in primis della famiglia.

Il p. Liberatore mostra poi la falsità dell’argomento cardine di tale modernismo secondo cui, in una società dove l’uomo è libero di scegliere tra la verità e l’errore, la prima finirà senz’altro per imporsi; “ciò avverrebbe, se la verità e l'errore combattessero nell'ordine astratto come due forme platoniche, per sé sussistenti. Ma amendue combattono nell'ordine concreto, individuate entrambe nell'uomo; e bene spesso l'una senza il presidio della scienza, come accade nelle ignare moltitudini, ed osteggiata da furenti passioni; mentreché l'altro oltre il potente aiuto di esse passioni, ha per sé il lenocinio della viva immaginazione, dell'accessibile sofisma e della seducente eloquenza. Se l'errore affrontasse la verità nella sola persona sona de' dotti ed adulti e morigerati, de' forti insomma; anche noi non dubiteremmo della vittoria di questa. Ma esso va ad assaltarla nella persona de' deboli, vale a dire de' popolani, de'giovani, de' magagnati dalle lusinghe del vizio. In costoro la verità, per difetto non suo ma del sog­getto, non ha forze bastevoli da resistere, e soccomberà senza fallo, se non viene protetta dai poteri pubblici, il cui compito principale è appunto la protezione del debole”.

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A fronte di tale attacco che investe un po’ tutti i principi dell’ordine sociale il p. Libratore lamenta la presenza, all’interno del campo di chi ad esso dovrebbe opporsi, di pericolose tendenze al compromesso. Da qui, la critica serrata contro il ‘cattolicesimo liberale’, quella tendenza cioè “a sempre cedere” sostituendo “ai princìpi, gli espedienti”. Essa è la dottrina degli “opportunisti .. che .. si studiano di schivare il nemico .. con …concessioni intese a placare l’avversario mentre in realtà “finiscono per cadergli nelle mani” (p.76).

Non meno incisive sono le critiche del p. Liberatore al moderno concetto di libertà. Con logica stringente, ricorrendo a san Tommaso, egli ricorda che si è veramente liberi solo quando si è padroni delle cause. Poiché invece vi sono molte cose di cui l’uomo non è affatto causa, a cominciare dal proprio essere, dal creato che lo circonda ecc., anche la sua libertà non potrà che essere circoscritta. Invece, “lo spirito rivoluzionario de’ tempi nostri ha pervertito il concetto di libertà … (perché) … ha voluto che s’intendesse in senso assoluto, quando essa doveva intendersi in senso relativo” (p.80). Ha poi “trasferito la libertà dall’ordine individuale all’ordine politico e nell’uno e nell’altro l’ha concepita come fine a se stessa. Quinci la massima liberalesca che la libertà vuol piena balìa (= potere) come pel bene così pel male. Massima che, al trar de’ conti, viene a distruggere ogni distinzione tra il bene ed il male, e si fonda ultimamente nella negazione di Dio. L’uomo ateo, la società atea è il vero principio da cui quella massima discende” (p.81).

Ne discende che “la libertà voluta dal modernismo è propriamente la libertà del male, l’oppressione del bene.. e .. la società sotto il dominio del modernismo, è una società irrazionale e contro natura” (p.86).

Necessaria conseguenza di tutto ciò è la bruta legge del numero. Poiché infatti, il principio assoluto del ‘modernismo’ non è altro “che la libertà stessa indipendente degli individui .. che produce dissenso, non c’è altro mezzo per trovare in essa un principio di unità (e per) produrre un arbitrario consenso, (che ricorrere) alla prevalenza del numero … Ma il numero come tale non da che la forza … La forza dunque e l’arbitrio, in luogo del diritto e della ragione debbono diventare il principio governativo della società (pp.88). Ė questa dunque –e non altra- per il p. Liberatore la necessaria conseguenza di quella modernità che invece, a parole, affermava di voler rivendicare la massima dignità dell’uomo.

Per chiudere, si può solo aggiungere che il p. Liberatore ebbe anche il dono di uno stile piano, facile e ragionato, per cui, al di là di certi inevitabili arcaismi, le sue pagine scorrono agevolmente e rendono gustosa la lettura.

Andrea Gasperini

1 I numeri di pagina senza altra indicazione si riferiscono al saggio recensito

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www.chiesa – In risposta al tentativo di sovvertire il Magistero e la Dottrina

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Sinodo sopravvalutato. Nella Chiesa c'è prima di tutto una crisi di fede

È ciò che sostiene il cardinale africano Robert Sarah nel suo libro "Dio o niente" e nella discussione che ne è seguita. In esclusiva l'anticipazione di un suo intervento, sul prossimo numero de "L'Homme Nouveau"

di Sandro Magister

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BB – Perversione obbligatoria

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Vita, famiglia e società: tra bioetica e Dottrina Sociale della Chiesa

Osservatorio Van Thuân, 10/09/2015 (n.615) (fonte: www.bastabugie.it)

Cosa sta avvenendo? A mio avviso si sta compiendo una completa istituzionalizzazione della perversione. Non do a questo termine un significato primariamente morale, anche se il suo fine ultimo è certamente morale, di pervertimento della coscienza umana oltre che dei costumi. Vi assegno un significato primario di tipo metafisico. La perversione è il rifiuto della versione corretta delle cose, il rifiuto del loro ordine e del loro senso e la celebrazione del loro dis-ordine e del loro contro-senso.
La perversione morale è sempre esistita. Ma oggi si assiste ad un fatto radicalmente nuovo. Come racconta Dostoevski ne I Démoni, la perversione deve diventare un diritto, il "diritto al disonore". La perversione viene così programmata, elargita, esigita, rimborsata fiscalmente.

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RP – La saggezza del card. Biffi in alcune citazioni

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GIACOMO BIFFI: PENSIERI LIBERI DI UN GRANDE UOMO DI CHIESA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 16 luglio 2015

La morte dell’ottantasettenne cardinale-arcivescovo emerito di Bologna (milanese di nascita e di spirito), avvenuta l’11 luglio alle 2.30, ci ha spinto a ritrovare una parte della sua numerosa pubblicistica, di forte stimolo per il cristiano (e non solo) che voglia vivere la propria testimonianza nelle difficili contingenze attuali. Per ricordarlo secondo verità non c’è modo migliore che riproporre alcuni (pochi) passi dei suoi scritti, attuali come non mai.

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CC – Il ritorno dei pagani

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#Gender: la profezia di Chesterton

Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it
martedì 5 maggio 2015
Riflessioni attuali – o forse inattuali, visto il clima culturale nel quale siamo immersi.

“Sebbene abbia affidato questa terra a Nostra Signora,
che mi aiutò ad Athelney,
sebbene non esistano alberi più maestosi,
prati più rigogliosi e colline più serene
di quelli del giardino della Madre di Dio,
tra la riva del Tamigi ed il mare,

so che anche lì le erbacce attecchiranno
più in fretta di quanto possiamo bruciarle;
e sebbene essi vaghino e si disperdano,
tra molti secoli, tristi e lenti,
– io ho una visione – io so
che i pagani ritorneranno
.

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Avvenire – La Carità come via al cuore degli islamici

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Il libro. Giovanni Fausti
Albania, dialogo di un martire
Laura Badaracchi
Avvenire 21 febbraio 2015
Un'attualissima raccolta di scritti sulla «conoscenza reciproca» fra cristianesimo e islam del gesuita Giovanni Fausti, missionario ucciso per la fede dal regime comunista «È la carità l'unico vero segno che distingue i discepoli di Cristo»

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Libero – Lo Stato rapace

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IL CATTOLICESIMO PRODUCE EVASORI? NIENT’AFFATTO. ED E’ ANZITUTTO LO STATO CHE VIOLA IL PATTO SOCIALE

Rossella Orlandi, il nuovo direttore dell’Agenzia delle entrate, ha esordito con una gaffe: “In Italia sanatorie, scudi, condoni, sono pane quotidiano. Siamo un paese a forte matrice cattolica, abituato a fare peccato e ad avere l’assoluzione”.

Parole che hanno indignato “Libero” e suscitato l’ovvia reazione dei cattolici a cui ha dato voce “Avvenire”. E proprio con una lettera al quotidiano dei vescovi la Orlandi si è scusata per la “battuta ironica”, spiegando che “era indirizzata a tutti coloro che non rispettano le leggi ma confidano sempre in una sanatoria o in un condono per espiare i propri comportamenti scorretti. Nessun riferimento, quindi, ai princìpi solidaristici della cultura cattolica che hanno sempre ispirato i miei comportamenti e la mia vita. Mi scuso se le mie parole possano aver creato fraintendimenti o aver urtato la sensibilità di qualcuno”.

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Libero – I mondiali di calcio, nostalgia del Paradiso

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I MONDIALI DI CALCIO SECONDO RATZINGER. ALLA RICERCA DEL PARADISO NEL CAMPO DI CALCIO. E POI LEOPARDI, AGOSTINO, KEROUAC, MARSHALL E IL GIOVANOTTO CHE BUSSA AL BORDELLO…

di Antonio Socci

Da “Libero”, 15 giugno 2014

La febbre planetaria dei Mondiali di calcio è un fenomeno che nessuno sa spiegare.

Il banale conformista celebrerà l’evento come la solita festa della fraternità, con la retorica dell’agonismo leale, del dialogo fra i popoli, contro il razzismo e la guerra (tutti gli slogan grigi del politically correct).

Il moralista col birignao – che è l’altra faccia del banale conformista e a volte pure la stessa persona – lamenterà la superficialità di un mondo che – con tutti i problemi che ha – impazzisce per il calcio, poi dirà che il calcio è l’oppio dei popoli e s’indignerà per tutti i miliardi spesi mentre la gente (pure in Brasile) muore di fame.

Tutto vero, ma anche tutto ovvio, noioso e superficiale.

Però, grazie al Cielo, nel mondo accade a volte il miracolo, accade che ci sia qualche vero poeta o perfino un profeta, un genio di quelli che vedono la profondità delle cose e colgono l’oceano nella goccia d’acqua e l’eterno nell’istante.

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www.chiesa – Si vuole costringere la religione all’irrilevanza con ogni mezzo

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Chiesa sotto processo. La parola alla difesa

Le si imputa di essere intollerante e violenta, in nome di Dio. Ma un documento della commissione teologica internazionale ribalta l'accusa. È la dittatura del relativismo a voler bandire la fede dal consorzio civile

di Sandro Magister

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