(ZENIT) La Chiesa polacca ed i collaborazionisti

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Il Cardinale Dziwisz sui casi di sacerdoti collaborazionisti con la Polizia segreta comunista

L’Arcivescovo di Cracovia commenta il “Memorandum” pubblicato dall’episcopato cattolico polacco  ROMA, martedì, 29 agosto 2006 (ZENIT.org).- Venerdì 25 agosto, la Conferenza Episcopale Polacca ha reso pubblico un lungo e articolato “Memorandum sulla collaborazione di alcuni sacerdoti con gli organi di sicurezza della Polonia negli anni 1944-1989”.

Il Memorandum è stato compilato sulla base delle indicazioni fornite dalla Commissione “Memoria e sollecitudine” composta da prelati e storici.

Con questa istruzione teologico-pastorale la Conferenza Episcopale Polacca cerca di fornire i criteri di discernimento per un fenomeno che, nella grande maggioranza dei casi, è stato determinato dalle condizioni di ricatto che il regime comunista riusciva ad esercitare anche su alcuni sacerdoti.

In Polonia i mezzi di comunicazione di massa pubblicano ogni giorno articoli e servizi sui presunti collaboratori del regime. In Italia la notizia è rimbalzata con esagerazioni fornite da una agenzia di stampa, secondo cui la Chiesa polacca chiederebbe ai presunti collaboratori della Polizia di “rinunciare al sacerdozio”.

Per gettare maggiore luce sulla vicenda, ZENIT ha intervistato il Cardinale Stanisław Dziwisz, Arcivescovo di Cracovia. L’intervista è stata raccolta da Wlodzimierz Redzioch

Eminenza, venerdì scorso l’episcopato polacco ha pubblicato il Memorandum sulla questione della collaborazione di alcuni membri del clero con gli organi di sicurezza in Polonia negli anni del regime comunista. Di che cosa di tratta?

Cardinale Dziwisz: E’ un documento preparato dalla Commissione “Memoria e Premura” che ho convocato in concomitanza della così detta “verifica di collaborazione” (lustracja) del clero a Cracovia e in altre città della Polonia. Infatti, dopo l’apertura degli archivi dei servizi di sicurezza comunisti, si è verificato che alcuni sacerdoti, religiosi o religiose avrebbero collaborato con essi. In alcuni casi però si trattava di accuse false basate su una documentazione falsata dagli stessi servizi. E’ stata preparata una specie di “istruzione” di tipo teologico-pastorale, che spiega quale è la qualifica morale delle diverse forme di collaborazione e come la Chiesa deve comportarsi nei confronti dei membri del clero che ne ha colpa.

A quali conclusioni si è arrivati?

Cardinale Dziwisz: Il documento è abbastanza lungo, perciò è difficile raccontarlo in due parole. Prima di tutto è stato detto chiaramente che ogni collaborazione deliberata e libera con gli organi di sicurezza comunisti è un peccato. Per lo più è un peccato pubblico. Di conseguenza, uno che vuole togliersi la colpa dovrebbe confessarla davanti alla propria coscienza, davanti a Dio e agli uomini, ai quali è stato fatto del male. Dovrebbe poi chiedere perdono e riparare al male. Il “Memorandum” ricorda però che tutto ciò deve portare alla conversione e non alla dannazione, al perdono e non all’odio e alla vendetta.

Quando si tratta del clero che cosa significa questo in pratica?

Cardinale Dziwisz: Un sacerdote dovrebbe volontariamente confessare d’aver collaborato con i comunisti al suo Vescovo o se religioso al Superiore, spiegandone i motivi, il carattere dei contatti e gli eventuali danni fatti agli altri. Insieme decideranno come espiare e riparare lo scandalo pubblico. In alcuni casi sarà probabilmente necessario che quelli che ricoprono un ufficio nella Chiesa (soprattutto un ufficio importante) diano le dimissioni dall’incarico. Comunque tutti quelli che spontaneamente si presenteranno possono contare sulla misericordia e sul perdono. Anche perché non credo che ci siano stati numerosi preti collaborazionisti.

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