La dittatura anticattolica raccontata da Antonio Socci
ZENIT – Il mondo visto da Roma
Servizio quotidiano – 18 Novembre 2004
ROMA, giovedì, 18 novembre 2004 (ZENIT.org).- Quanto è costata in vite umane, in soldi, in devastazioni, libertà e democrazia, la conquista piemontese dell’Italia? Era inevitabile? C’erano vie migliori e, soprattutto, sarebbe stato possibile un’altra via che non discriminasse la Chiesa cattolica?
A queste ed altre domande cerca di rispondere il giornalista e saggista Antonio Socci nel libro “La dittatura anticattolica” (Sugarco Edizioni, pagine 246, 18 Euro)..
Data la rilevanza dei temi trattati e il coraggio con cui si cerca di approfondire e conoscere la storia controversa dell’Unità d’Italia, ZENIT ha voluto intervistare l’autore di questo volume.
Lei parla di dittatura anticattolica. Ci spiega il perchè?
Un’operazione militare che sopprime migliaia di monasteri, conventi, abbazie. Un regime che sacrifica vite umane in conflitto fratricida, un regime che cerca di imprigionare cento vescovi e 8 cardinali e che impedisce la libertà di stampa. Un simulacro di democrazia dove in realtà conta solo l’1 per cento della popolazione ed il 99% del popolo contadino e cattolico non è rappresentato, mantenuto nella più totale irrilevanza e nella miseria. Se questa non è una dittatura anticattolica, che cos’è?
Molti sono convinti che la guerra dei Savoia contro la Santa Sede fu necessaria per arrivare all’Unità del paese.
Si tratta di una storia artefatta che non corrisponde alla realtà. La prima cultura unitaria e nazionale è cattolica. Il Papa è stato visto da tutti come unico punto di riferimento per cercare di federare i diverse regni italiani.
Questa linea consensuale e federalista era stata considerata più realista, ed era quella che non costava vite umane e non costava soldi, perché ricordiamoci la conquista dell’Italia è costata migliaia di vite umane italiane e non straniere, soprattutto al sud, così come un capitale immenso.
Non a caso il regime sabaudo si è rifatto confiscando i beni della Chiesa in tutta la penisola. Questa fu la logica, tutti quegli espropri che nemmeno nei paesi dell’est durante il Novecento sono stati fatti, servivano a finanziare il regime militarista.
La procedura consensuale, come si fa oggi per la costituzione dell’Europa, per adesione degli Stati verso un autorità centrale e federale, sarebbe invece stata la via da preferire. Oggi nessuno si sognerebbe di pensare che il modo per costituire un’Europa unita sia quello di vedere che Francia e Germania si sveglino e mandino le truppe a germanizzare o francesizzare l’Europa. Se lo facessero si direbbe che sarebbe un disegno criminale.
Eppure nel caso dell’Italia si attuò proprio una politica militare. Invece di una politica consensuale e federale si preferì la conquista militare di parte, una violenza di fatto. Una aggressione del Regno sabaudo per fini espansionistici.
Attraverso il lasciapassare di potenze straniere come Gran Bretagna e Germania, l’Italia nasce con un handicap: una democrazia zoppa, non funzionante, antipopolare, tendenzialmente assolutista, e dipendente da potenze straniere con le quali partecipa nell’immane bagno di sangue che fu la prima Guerra mondiale. Un disastro e una sciagura a non finire che continua con il fascismo, il comunismo e poi il nazismo.
E’ stata un avventura nata nel segno della lotta contro la Chiesa e conclusasi con la grande tragedia del Novecento a cui l’Italia purtroppo ha partecipato.
Che ruolo hanno svolto nel Risorgimento personaggi cattolici come Alessandro Manzoni, Silvio Pellico, Massimo D’Azeglio, Vincenzo Gioberti, Antonio Rosmini?
Beh, si tratta di figure diverse, c’è stato chi ha dato un’adesione di opinione e chi invece ha partecipato con azione e decisione. C’è da dire che è abbastanza impressionante che il più feroce attacco contro la Chiesa in Italia in duemila anni di storia, sia stato perpetrato con il consenso o la collaborazione di persone che si professavano cattoliche e non si rendevano conto della situazione.
Faccio un esempio banale, il Manzoni che ha scritto un bellissimo libro “Osservazione sulla morale cattolica”, in cui contesta le tesi di un storico ed economista ginevrino Gismondo de Gismondi, il quale sosteneva che la Chiesa era stata la rovina dell’Italia, paradossalmente è poi colui che non era riuscito a cogliere nei fatti e nella realtà ciò che aveva colto nel dibattito culturale.
Pare comunque che dopo le vicende di Roma Manzoni si fosse ammutolito, poiché si era reso conto di quello che stava accadendo.
Lei sostiene nel libro che i Pontefici sono intervenuti più volte nella storia dell’Italia per salvarla dalle dittature e dai disastri. Ci fa alcuni esempi?
Storicamente, senza il Papato, questa Italia non sarebbe esistita proprio, sarebbe stata una prateria dove avrebbero scorrazzato gli eserciti stranieri.
A salvarla è stata il Papato che fin dall’inizio ha protetto Roma e l’Italia dalle scorrerie dei barbari, dalle conquiste dei saraceni e dei turchi. E’ stato il Papato che ha dato ed ha consolidato l’identità nazionale, culturale e spirituale di questo paese. Non lo dico io, ma lo dice uno storico laicista come Gibbons parlando di Gregorio Magno.
Per non dire quello che i Papi hanno fatto nel mondo civile e culturale. Insomma la presenza della Chiesa è stata la vera gloria dell’Italia. Obbiettivamente questo è sotto gli occhi di tutti ed è assolutamente incontestabile.
L’Italia ha avuto la forza e la grandezza e l’amore di questa autorità spirituale planetaria che è stato il Papato, che ha letteralmente allevato e protetto la nazione italiana, come una madre fa con un figlio.
Quali secondo lei i tratti salienti della testimonianza cristiana di un Santo come Don Bosco?
Don Bosco è stato una dei più grandi Santi dell’epoca moderna. Innanzitutto, figlio del popolo contadino e cattolico, quindi proprio un emblema che si contrappone alle aristocrazie laiciste e volterriane che detenevano il potere.
Don Bosco ha intuito che bisognava ripetere quello che era accaduto sul lago di Tiberiade tanti anni fa, facendo incontrare Gesù con tanti ragazzi che per la iniziale industrializzazione si trovavano nello stato di abbandono.
A questi ragazzi ha fatto conoscere una compagnia che si occupasse di loro e attraverso di essa l’amore di Gesù Cristo.
Un’opera straordinaria che anche dal punto civile ha avuto effetti straordinari, perché ha sviluppato l’opera educativa, di avviamento al lavoro, di cura dell’emarginazione assolutamente unica.
In quel tempo lo Stato sabaudo dedicava il 40/50 per cento delle finanze pubbliche al bilancio militare e appena l’uno, due per cento alle spese per la sanità e l’educazione, quindi uno Stato assolutamente antipopolare.
Don Bosco è stato un maestro anche per un altro motivo: seppure schierandosi in maniera decisissima a favore della Chiesa non ha assunto un atteggiamento reazionario, ma ha tentato di ricavare spazi di libertà per la Chiesa e per la sua opera attraverso il realismo cristiano. Non rimpiangeva i tempi antichi, ma concretamente si dava da fare per il bene dei ragazzi e delle opere cristiane.
Il veterolaicismo anticattolico che sembra dominare nell’Europa odierna ha qualche affinità con la rivoluzione anti-Chiesa che sconvolse l’Europa nella metà dell’800?
L’affinità è sempre questa, ogni potere ha sempre trovato nella Chiesa, e le vicende del Novecento ne hanno dato una prova suprema e tragica, un nemico per il semplice fatto che essa si è sempre opposta ad una pretesa assoluta del potere.
Faccio un esempio banale. La contestazione che la Chiesa fece nell’Ottocento è la stessa di quella che fece al fascismo, cioè l’idea di uno Stato etico, l’idea che lo Stato sia la fonte dei diritti della persona.
Per la Chiesa esiste un diritto naturale della persona che lo Stato non può conculcare, neanche la maggioranza di uno Stato democratico può conculcare, ma si tratta di una dimensione che esso deve rispettare.
Se si pensa alle discussioni di oggi sulle manipolazioni genetiche, sulla legge 40/2004, in qualche modo riproducono questo stesso problema. La Chiesa dice: guardate che ci sono diritti fondamentali come il diritto alla vita su cui non si può transigere con nessuna disposizione di uno Stato, neanche di un parlamento democratico. Questo diritto lo Stato lo deve soltanto proteggere e garantire.
Invece alcuni sostengono che lo Stato può legiferare su quello che vuole, da cui deriverebbe che se oggi un parlamento democraticamente eletto decidesse di reintrodurre le famigerate leggi razziali introdotte in Germania negli anni Trenta, in base a quei principi lì diventerebbero legittime, mentre sono una aberrazione infame.
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