Maestro nella vita spirituale? Intransigente custode della fede? Campione nella lotta contro la modernità? Niente di tutto questo.
Vaticano, promosso il vescovo che ha fatto il barbone
In sintesi meno ardimentosi e più conformisti.
L'ultima nomina che va in questa direzione riguarda il Canada, la città di Regina. A ricoprire la sede vacante è andato un giovane vescovo, Donald J. Bolen, noto forse soltanto per avere provato a vivere come un homeless per tre giorni, facendo la fila alle mense, chiedendo l'elemosina, dormendo in alloggi di fortuna, fraternizzando con gli altri senza tetto di Saskatoon, una cittadina canadese di 200 mila abitanti, dove le estati sono calde e gli inverni sono capaci di arrivare anche a meno 50 gradi.
Dopo qualche anno di seminario e di sacerdozio, Bolen in quei giorni ha finalmente riportato una esperienza capace di cambiarlo. “Ho capito molte cose”.
Insomma l'identikit del vescovo 'modello' è il prete callejero, il prete da strada, colui che non ha paura a ignorare l'odio del mondo alla Chiesa, per immergersi solo in uana parte della realtà circostante abbandonando, se occorre, le certezze della fede.
L'orientamento di Bergoglio era stato chiaro sin dall'inizio, anche in Italia, con la nomina di Galantino che da vescovo di Cassano allo Jonio si è ritrovato a fare il segretario della Cei. Catapultato dalla periferia al centro da un giorno all'altro. Uno che non si è mai fatto chiamare “eccellenza” ma solo don Nunzio e che ha sempre viaggiato in seconda classe o guidato la sua utilitaria un po' scassata. Pronto a inchinarsi davanti ai potenti della politica, dell'economia, dei mass media.
Poi è stata la volta dei nuovi arcivescovi di Bologna e Palermo. Altri due esempi illuminanti. Anche lì si è trattato di una sorpresa per il profilo dei prescelti. Il nuovo vescovo di Palermo, Corrado Lorefice, prima era uno sconosciuto parroco siciliano che ha scritto un libro sulla Chiesa dei poveri secondo il Concilio Vaticano II.
A Bologna, invece, Bergoglio ha nominato Matteo Zuppi, già vescovo ausiliare di Roma, con alle spalle una storia di impegno per i poveri e per la pace in Africa. La scorsa estate, invece, aveva mandato a Padova un parroco di Mantova, Claudio Cipolla, anche in questo caso andando a pescare fuori dalla regione ecclesiastica del Triveneto e dai nomi proposti.
da Il Messaggero del Mercoledì 13 Luglio 2016, di Franca Giansoldati con integrazioni
Sulla stessa incredibile vicenda Cfr. La Stampa.
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Nomine episcopali
I nuovi vescovi “targati” Francesco: in tre anni cambiato il volto delle diocesi
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AgenziaSir – Nomine episcopali
I nuovi vescovi “targati” Francesco: in tre anni cambiato il volto delle diocesi
18 giugno 2016 – di M.Michela Nicolais
Sono 85 i nuovi vescovi scelti dal Papa in questi primi tre anni di pontificato. Più di un terzo delle 226 diocesi italiane ha cambiato volto. I nuovi vescovi voluti da Francesco sono "pastori con l'odore delle pecore": quello che conta è la "prossimità" alla loro gente, perché "l'episcopato non è un'onorificenza, ma un servizio". Ecco nel dettaglio come è cambiata la "mappa" della Chiesa italiana, nel segno del Concilio.
Ottantacinque nuovi vescovi, di cui 61 nominati (49 titolari – di questi 3 sono abati – e 12 ausiliari), 23 trasferiti e 1 amministratore apostolico. In tre anni di pontificato, Francesco ha ridisegnato la “mappa” della Chiesa italiana, che in oltre un terzo delle sue 226 Chiese locali ha assunto un volto che appare inedito – grazie anche a vescovi giovani, con un’età media intorno ai 50 anni, e in gran parte provenienti dalle “periferie” – e che, nello stesso tempo, trova le sue radici più profonde nella figura del vescovo tracciata dal Concilio. È la “svolta” del primo Papa latinoamericano della storia: il primo a non aver partecipato al Concilio Vaticano II, ma nello stesso tempo a dichiararsene a più riprese “figlio”, come nel magistrale discorso pronunciato alla metà del Sinodo ordinario sulla famiglia.
I nuovi vescovi voluti dal Papa sono “pastori con l’odore delle pecore”: non esiste un “pastore standard” per tutte le Chiese, quello che conta è la “prossimità” alla gente, perché “l’episcopato non è un’onorificenza, ma un servizio”.
E la “mondanità spirituale” per Bergoglio è il primo dei pericoli da cui rifuggire: “Non ci serve un manager, un amministratore delegato di un’azienda, ci serve uno che sappia alzarsi all’altezza dello sguardo di Dio su di noi”, il monito del discorso rivolto il 27 febbraio 2014 alla Congregazione per i vescovi. “La gente percorre faticosamente la pianura del quotidiano, ma ha bisogno di essere guidata da chi è capace di vedere le cose dall’alto”. “L’episcopato non è per sé ma per la Chiesa, per il gregge, per gli altri, soprattutto per quelli che secondo il mondo sono da scartare”. Dettagliato l’identikit del candidato all’episcopato, il cui profilo è fatto di “integrità umana, solidità cristiana, comportamento retto, preparazione culturale, ortodossia e fedeltà alla Verità intera custodita dalla Chiesa, disciplina interiore ed esteriore, capacità di governare, trasparenza e distacco nell’amministrare i beni”.
Prima viene “il santo popolo di Dio”, con il suo fiuto e i suoi bisogni concreti: è il vescovo che deve adattarsi alle esigenze della sua gente, e non viceversa: “Un uomo che non ha il coraggio di discutere con Dio per il suo popolo non può essere vescovo”.
I cardinali e gli “outsider”. Gualtiero Bassetti a Perugia, Francesco Montenegro ad Agrigento, Edoardo Menichelli ad Ancona, sono le porpore targate Francesco che – in attesa del prossimo Concistoro – vedono in “pole position” figure di preti “famosi” per la loro militanza pastorale nelle periferie (anche esistenziali). Spesso accanto ai poveri, ai giovani, alle famiglie, ai migranti, ai lavoratori. Anche quelle di Corrado Lorefice a Palermo e Matteo Zuppi a Bologna sono state lette da molti osservatori come scelte di discontinuità, ma in assoluta coerenza con il profilo del pastore voluto dal Concilio. Un discorso a parte meritano monsignor Nunzio Galantino, nominato da Francesco segretario generale della Cei quando era alla guida della diocesi di Cassano all’Jonio (poi sostituito da Francesco Savino) e monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano, nominato dal Papa segretario del cosiddetto “C9”, il Consiglio di cardinali che lo affianca nell’opera di riforma della Curia, mantenendo l’incarico di vescovo di Albano e assumendo anche quello di amministratore apostolico di S. Maria di Grottaferrata. A reggere l’Ordinariato militare per l’Italia, dal 10 ottobre 2013, è monsignor Santo Marcianò.
Nuovi vescovi ausiliari a Milano, Roma, Napoli e Genova. Il cardinale Angelo Scola compirà 75 anni il 7 novembre. Nel frattempo il Papa ha già nominato tre nuovi ausiliari per la diocesi ambrosiana: Franco Maria Giuseppe Agnesi, Paolo Martinelli e Pierantonio Tremolada. Stessa sorte della sede cardinalizia lombarda, che ha annoverato nella sua cronotassi da Giovanni Battista Montini a Carlo Maria Martini, può vantarla la diocesi di cui Bergoglio è vescovo: a Roma, infatti, il cardinale Agostino Vallini – riconfermato vicario del Papa poco dopo l’elezione al soglio di Pietro, il 23 maggio 2013 – ha già compiuto 76 anni e il suo mandato è stato prorogato. Intanto Francesco ha scelto come vescovi ausiliari Paolo Selvadagi, Paolo Lojudice, Angelo De Donatis e Gianfranco Ruzza. Quattro ausiliari su sei, tutti parroci. Due i nuovi ausiliari che, per volere di Francesco, affiancano il cardinale Crescenzio Sepe, 73 anni, nella cura pastorale della diocesi di Napoli: Gennaro Acampa e Salvatore Angerami. Infine Genova, dove il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha ora un giovane vescovo ausiliare: Nicolò Anselmi, già direttore della pastorale giovanile della Cei.
La nuova mappa. Le Regioni, cui spetta la palma delle nuove nomine sono Lazio con 9 vescovi più 1 abate (Agostino Vallini, Mariano Crociata, Angelo De Donatis, Augusto Paolo Lojudice, Domenico Pompili, Gianrico Ruzza, Paolo Selvadagi, Luigi Vari, Marcello Semeraro e l’abate di Montecassino Donato Ogliari) e Campania con 8 vescovi e 2 abati (Antonio Di Donna, Gennaro Acampa, Felice Accrocca, Angerami Salvatore, Giovanni D’Alise, Sergio Melillo, Orazio Francesco Piazza, Salvatore Visco e i due abati Riccardo Luca Guariglia, di Montevergine, e Michele Petruzzelli, di Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni). A stretto giro, con 8 vescovi, arrivano Puglia (Domenico Cornacchia, Giuseppe Favale, Fernando Filograna, Claudio Maniago, Luigi Mansi, Vincenzo Pelvi, Luigi Renna, Giovanni Ricchiuti) e Lombardia (Franco Maria Giuseppe Agnesi, Gianmarco Busca, Maurizio Gervasoni, Maurizio Malvestiti, Paolo Martinelli, Antonio Napolioni, Corrado Sanguineti, Pierantonio Tremolada). Cinque nuovi vescovi e 1 amministratore apostolico in Sicilia (Carmelo Cuttitta, Pietro Maria Fragnelli, Giorgio Demetrio Gallaro, Rosario Gisana, Corrado Lorefice, Benigno Luigi Papa; oltre alla creazione del cardinale Francesco Montenegro); 6 nuovi presuli in Toscana (Rodolfo Cetoloni, Roberto Filippini, Stefano Manetti, Andrea Migliavacca, Giovanni Roncari, Fausto Tardelli), 5 nuovi vescovi nelle Marche (Carlo Bresciani, Giovanni d’Ercole, Francesco Manenti, Nazzareno Marconi, Stefano Russo; oltre alla creazione del cardinale Edoardo Menichelli); 5 nuovi vescovi anche in Calabria (Giuseppe Fiorini Morosini, Francescantonio Nolè, Francesco Oliva, Giuseppe Satriano, Francesco Savino). Seguono, con 4 nuovi presuli, Basilicata (Salvatore Ligorio, Antonio Giuseppe Caiazzo, Vincenzo Carmine Orofino, Francesco Sirufo); Emilia Romagna (Erio Castellucci, Mario Toso, Andrea Turazzi, Matteo Maria Zuppi), Liguria (Nicolò Anselmi, Guglielmo Borghetti, Antonio Suetta, Vittorio Francesco Viola) e Triveneto (Claudio Cipolla, Renato Marangoni, Pierantonio Pavanello, Lauro Tisi). Tre in Piemonte-Valle d’Aosta (Marco Arnolfo, Marco Brunetti, Piero Delbosco); 3 in Sardegna (Roberto Carboni, Corrado Melis, Antonio Mura); 2 in Umbria (Paolo Giulietti, Giuseppe Piemontese; oltre alla creazione del cardinale Gualtiero Bassetti); 2, infine, in Abruzzo-Molise (Giuseppe Petrocchi, Camillo Cibotti).
Singolare la scelta di affidare le sorti sia pure “pro tempore” di una diocesi, quella di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela a un vescovo emerito: Benigno Papa, già vescovo di Oppido Mamertina-Palmi e Taranto, nonché vicepresidente della Cei. Nella sua nuova veste di amministratore apostolico, a 81 anni è tornato tra i membri effettivi della Conferenza episcopale italiana.