Claudio DAMIOLI
Pietro a Roma – 2
tratto da Il Timone, anno 2 (2000) marzo/aprile, n. 6, p. 20-21.
E’ certo: per la storia il Principe degli Apostoli visse e morì a Roma. Così la vera Chiesa è Una, Santa, Cattolica, Apostolica e… Romana.
“Domine quo vadis?” “Signore dove vai?”, così Pietro, in fuga da Roma – secondo una tradizione popolare -, chiese a Gesù che gli veniva incontro sulla via Appia. “Vengo a Roma per essere crocifisso di nuovo” rispose Gesù. L’apostolo comprese e tornò a Roma per subire il martirio. E lì, lungo la via Appia, vicino alle catacombe di San Callisto, c’è una chiesa che ricorda l’evento. A quel santuario fece visita nel 1983 Giovanni Paolo II, che lo definì “un luogo che ha una speciale importanza nella storia di Roma e nella storia della Chiesa”.
La via Appia fu, probabilmente, la zona in cui Pietro abitò.
Ce lo confermano un’epigrafe conservata nelle catacombe di San Sebastiano, che reca inciso “Domus Petri” e un epigramma di Papa Damaso (366-384), in onore di Pietro e Paolo, in cui leggiamo: “Tu che vai cercando i nomi di Pietro e Paolo, devi sapere che i santi prima abitavano qui”. E’ noto che l’Appia era la via che portava a Roma coloro che, proprio come i due Apostoli, giungevano dall’Oriente.
Un indizio della venuta di Pietro a Roma e della sua eminente posizione in quella comunità cristiana ce lo fornisce la sua Prima lettera ai cristiani dell’Asia Minore: “Vi saluta la comunità che è stata eletta come voi e dimora in Babilonia” (5,13). La Babilonia qui citata simboleggia chiaramente Roma. Anche due scritti anonimi del I secolo, l’Apocalisse di Pietro e l’Ascensione di Isaia confermano la venuta di Pietro a Roma e il suo martirio, per mano di Nerone.
Veniamo, dunque, al martirio di Pietro a Roma. Si sa che il principe degli apostoli fu sepolto in Vaticano. Qui, come rileva la studiosa Margherita Guarducci, esisteva nel I secolo un circo situato in una vasta proprietà dell’imperatore. Quando nel 64 scoppiò l’incendio che, propagatesi dal Circo Massimo, distrusse gran parte della città, Nerone, stando allo storico Tacito, per non esserne incolpato, attribuì la responsabilità ai cristiani. Scatenò contro di loro una feroce persecuzione che si consumò proprio nel circo neroniano ormai unico luogo in cui gli spettacoli circensi potevano svolgersi. Durante questi avvenivano le esecuzioni capitali.
Tacito ricorda che alcuni erano dilaniati da cani feroci, altri, arsi vivi, fungevano da fiaccole notturne per consentire la prosecuzione dei giochi, altri ancora venivano crocifissi. E proprio questo supplizio toccò a Pietro. A ciò alludeva papa Clemente Romano nella sua “Lettera ai Corinzi” del I secolo quando, riferendosi a quegli spettacoli, scriveva della “grande moltitudine di eletti” che, nelle prova estrema, si era “raccolta” intorno a Pietro e Paolo. E’ quindi logico pensare che fra le croci innalzate ai bordi della pista circense ci fosse quella di Pietro.
Anche Giovanni accenna al martirio di Pietro, riferendo una frase di Cristo. “Quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro… ti porterà dove tu non vuoi” (21,18). Nel mondo romano dell’epoca l’espressione “tendere le mani” significava la morte in croce. Secondo una tradizione del III secolo, attribuibile a Origene, Pietro, in segno di umiltà nei confronti del Maestro, si fece crocifiggere a testa in giù. E noi sappiamo che anche per quel sacrificio, per quel sangue versato per la fede, la Chiesa è Una, Santa, Cattolica e, appunto, Apostolica Romana.
(da www.storialibera.it)