(SL) La storia si ripete…

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Vittorio MESSORI
Intellettuali e beghine
tratto da Pensare la storia. Una lettura cattolica dell’avventura umana, Paoline, Milano 1992, p. 498s.

Spunti da non perdere, nella lettura dei giornali. Ricorrendo l’anniversario del 18 aprile del 1948, Massimo Borghesi scrive: «Non certo all’Italia degli intellettuali, bensì a quella umile e contadina, all’Italia derisa delle processioni e delle “madonne pellegrine” si deve la conservazione della libertà e della democrazia».

In effetti, prima di quelle elezioni decisive, di quella scelta tra democrazia e totalitarismo rosso, la maggior parte dell’intellighenzia si schierò con il Fronte Popolare, l’unione di comunisti e di socialisti. Per fortuna, quelle voci “prestigiose” non giunsero all’Italia profonda, all’Italia delle mille associazioni cattoliche, delle decine di migliaia di parrocchie, all’Italia delle suore, all’Italia, appunto, derisa, quella «delle processioni e delle madonne pellegrine». Fu questa Italia che, guidata dalla Chiesa, nel segreto dell’urna assicurò la libertà per tutti: anche per gli intellettuali “laici” e “democratici” i quali, se in questi decenni hanno potuto fare e dire quel che gli pareva, è proprio agli spregiati “devoti” che lo devono.

Erano bravissimi, quei colti, nel respingere con fastidio le prediche del vecchio parroco e nel pretendere che, di prediche, si ascoltassero solo le loro, così “moderne”, così “intelligenti”. Già: ma se la gente li avesse presi sul serio, se davvero si fosse raccolta sotto il loro pulpito, quel che ci aspettava era la sorte della Romania o della Bulgaria; o, nel caso migliore, della Jugoslavia. Il sussiego, quando non il disprezzo, con cui quei signori hanno guardato in questi decenni a una Italia “clericale” da cui volevano liberarci, va misurato con questa consapevolezza che non deve abbandonarci: furono i “semplici” a vedere giusto; e furono – come sempre – gli intellettuali a non capire niente. Non sta già scritto da qualche parte, nel Vangelo?

Interessante, comunque, quanto rivelato da Giulio Andreotti nel suo libro su De Gasperi: «Tra le centinaia di intellettuali firmatari dell’appello per il voto ai socialcomunisti ve ne erano molti che il Ministero fascista della Cultura Popolare aveva regolarmente e largamente sovvenzionati, facendo rilasciare loro compromettenti ricevute conservate in apposito archivio. De Gasperi rifiutò seccamente il consiglio di rendere noti questi elenchi e mi dette ordine di farli custodire in modo che nessuno potesse accedervi. Ricordo le sue parole: “Mettere in luce queste miserie getterebbe un’ombra su tutta la cultura italiana”».

Un rifiuto, dunque, dettato da comprensione cristiana per le debolezze altrui e da “pietas” di patriota. A tanta nobiltà fa riscontro quella di almeno un “laico”, Benedetto Croce che, dopo il 18 aprile, farà tacere l’anticlericalismo liberale: «Beneditele, quelle beghine di cui ridete, perché senza di esse voi, oggi, non sareste liberi».


(da www.storialibera.it)