PROVARE L’UTILITA’ E VERIFICARE I RISCHI PER LA SALUTE UMANA NEL RISPETTO DELL’AMBIENTE E DELL’ETICA ECONOMICA:
LA CHIESA IN ATTEGGIAMENTO DI APERTURA VERSO LA SCIENZA A SERVIZIO DELL’UOMO ATTENDE RISPOSTE CERTE SUGLI `OGM’
– Intervista con mons. Elio Sgreccia –
Si allarga e si approfondisce anche nel mondo cattolico il
dibattito sugli `Ogm’, gli organismi geneticamente modificati,
usati in campo agricolo: c’è bisogno di maggiori informazioni
`pro e contro’ perché il pubblico, i consumatori, i cittadini
possano capire e decidere su un aspetto tanto importante
quale è quello del cibo per la salute umana, per l’ambiente,
per gli equilibri economici e per i risvolti etici.
Luca Collodi, del nostro programma “One-o-five live” ha
interpellato il vescovo Elio Sgreccia, vicepresidente della
Pontificia Accademia per la Vita e direttore del Centro di
Bioetica dell’Università Cattolica del “Sacro Cuore”:
R. “Prima di tutto non ci deve essere chiusura per l’intervento
dell’uomo sulle piante e sugli animali anche nel campo genetico,
qualora questo risulti esente da danni e utile per l’uomo
stesso.
Il secondo punto è che ci sia una verifica dei rischi, una
verifica che deve essere obiettiva, deve essere scientifica, che
deve essere fatta sui prodotti naturali ma anche sui farmaci e,
per una ragione ancor più delicata, sugli organismi geneticamente
modificati.
E’ la verifica del rischio, il cosiddetto principio di
precauzione.
Finora non sono stati denunciati, se non come allarme, gravissimi
rischi.
Mi sembra che si vada con le debite cautele, con una sorta di
sperimentazione prima di immettere sul mercato.
Un’altra condizione è che si rispetti anche l’equilibrio ecologico,
cioè si rispetti la biodiversità .
Le specie nuove non debbono soppiantare quelle preesistenti.
La biodiversità deve essere custodita nel mondo perché è una
ricchezza di tutti.
Terzo, il cittadino deve essere informato, cioè noi siamo per una
etichettatura dei prodotti.
Del prodotto che viene immesso nel mercato si deve sapere se è
`ingegnerizzato’, non `ingegnerizzato’ anche perché, vero o no il
rischio, si dia tempo alla gente di persuadersi, ma a quel punto
ci sia la libertà e la consapevolezza di sapere se il prodotto è
`ingegnerizzato’ o no.
In ultimo, questa materia – ecco l’altra componente del problema –
deve essere anche rispettosa dell’etica economica a livello
internazionale.
Cioè, prodotti `ingegnerizzati’ non devono servire per esclusiva
utilità delle grandi imprese, delle grandi industrie.
Tutte le industrie hanno il loro vantaggio, devono avere il loro
giusto vantaggio, ma non deve essere un monopolio che diventi
gravoso per chi fosse costretto a utilizzare questi prodotti.
Il discorso sulle biotecnologie non deve poi essere utilizzato a
fini protezionistici.
Di questa istanza si è fatto portavoce il cardinale Ersilio
Tonini, e cioè la paura che i prodotti preesistenti possano venire
in concorrenza con quelli nuovi a loro svantaggio.
Ci deve essere un equilibrio, un rispetto anche delle ragioni
etiche del mercato, non solo quelle etiche della salute.
D. Quando parliamo di tematiche così delicate, c’è sempre un
impatto molto attento da parte della gente …
R. Su questo problema, come su molti altri di grande importanza in
questo scorcio di storia, il segreto sta nel congiungere insieme
la scienza, con le sue indubbie capacità di avanzare, di verificare
le verità oggettive, di carattere sperimentale, e l’etica che metta
in confronto le risorse della scienza con i valori umani e con la
persona che deve stare al centro.
L’etica, inoltre, deve guardare anche ai processi economici a
carattere internazionale, globalizzati.
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(C) Radio Vaticana, 5 agosto 2003