1. Dio è solidale con l’uomo. La sua solidarietà soprannaturale si rivela già nel momento della creazione. Creandolo a sua immagine e somiglianza, lo ha chiamato a partecipare della sua vita divina. Benché il peccato originale abbia danneggiato questa prima intenzione del Creatore, Dio, condannando il peccato, ha manifestato contemporaneamente la solidarietà con i peccatori: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).
L’incarnazione del Figlio di Dio è l’espressione più alta di questa soprannaturale solidarietà. La vita terrena di Gesù, e specialmente la sua morte sulla Croce hanno mostrato pienamente cos’è la solidarietà che scaturisce dall’amore e dalla dedizione per gli altri. Così, quando parliamo della solidarietà come relazione reciproca, dobbiamo renderci conto che essa non è radicata nelle incerte e transitorie ideologie, ma nell’eterno amore di Dio, pienamente rivelatosi in Gesù Cristo. La coscienza ravvivata dalla fede che tutti siamo figli dello stesso Dio, redenti dal suo Figlio, dovrebbe aspirare alla solidarietà. Dal canto suo, la Chiesa, proclamando il vangelo della solidarietà che scaturisce dalla rivelazione, realizza la sua missione evangelizzatrice, ed in questo modo serve al pieno sviluppo d’ogni uomo.
E’ questa una strada difficile. Ci si deve confrontare infatti sia con la debolezza interiore dell’uomo, sia con le circostanze esteriori della vita. Ma perché questa strada conduca al riconoscimento della dignità umana, la Chiesa non può non sostenere i programmi di solidarietà che scaturiscono dagli uomini di retto sentire. Lo fa nella fede che lo Spirito Santo rende le singole persone e intere società capaci di realizzare l’idea della solidarietà tramite l’amore.
2. Nello spirito di quest’amore mi rivolgo, a nome del Santo Padre Benedetto XVI che mi ha inviato a questa celebrazione, con un cordiale saluto a tutti voi qui radunati in occasione dell’odierna solennità giubilare. Saluto di cuore gli abitanti di questa magnifica città, Danzica, le sue autorità, come pure i cittadini delle altre città e villaggi. Saluto l’arcivescovo Tadeusz Goclowski, pastore della Chiesa di Danzica, tutti gli arcivescovi, sacerdoti e religiosi qui presenti. Do un cordiale benvenuto ai rappresentanti delle altre comunità religiose. Saluto i membri del Sindacato Indipendente “SolidarnoÊç” con il suo presidente Janusz Sniadek. Con particolare stima mi rivolgo ai qui presenti presidenti della Repubblica Polacca, ai primi ministri ed ai ministri, ai membri del Parlamento come pure agli altri rappresentanti delle autorità pubbliche. Pongo il mio saluto nelle mani del presidente Lech Walesa, i cui meriti per “SolidarnoÊç” sono comunemente noti.
3. Ci siamo radunati oggi a Danzica sotto il monumento delle Tre Croci, che ricorda gli avvenimenti del dicembre 1970, per ringraziare insieme Dio per il dono del movimento sociale che in seguito è diventato il Sindacato Indipendente “SolidarnoÊç”. Il Santo Padre Giovanni Paolo II nel 1987, proprio qui sulla Zaspa, disse che “SolidarnoÊç” è una grande realtà, che appartiene alle risorse del patrimonio nazionale polacco. Un grande tesoro ed orgoglio del nostro popolo! I successivi cambiamenti avvenuti nei paesi dell’Europa centrale ed orientale hanno mostrato che essa non è soltanto un valore nazionale, ma un appannaggio universale. C’è allora un luogo più adatto per cantare oggi il Te Deum di ringraziamento?
Venticinque anni fa, in questa città, gli operai hanno pronunciato in un modo nuovo ed in un nuovo contesto la parola “solidarietà”. L’hanno pronunciata con tutta la forza e la determinazione a nome del futuro dell’uomo. Poiché non si poteva più tollerare un sistema che si nutriva dell’invidia, della lotta di classe, della lotta di un popolo contro un altro popolo, dell’uomo contro l’uomo. Non dimentichiamo che quello storico slancio degli operai polacchi, svoltosi sulla Costa di Danzica, il cui frutto sarà la firma degli Accordi di Agostoa Danzica, a Stettino, e a Jastrzebie, fu preceduto dal Giugno di Poznan nel 1956, dal Dicembre sulla Costa di Danzica nel 1970 e dal Giugno 1976 a Radom, Ursus e Plock.
Ricordiamo in questo contesto quale grande apporto allo sviluppo di “SolidarnoÊç” hanno dato gli uomini di fede. E’ comunemente riconosciuto il costruttivo contributo all’opera di “SolidarnoÊç”, portato da due eccezionali pastori della Chiesa Cattolica: il Santo Padre Giovanni Paolo II ed il primate della Polonia card. Stefan Wyszynski. Il Papa Giovanni Paolo II possiamo chiamarlo padre di “SolidarnoÊç”. Dalla sua invocazione allo Spirito Santo per il rinnovamento della terra, sparsosi in tutta la Polonia nel 1979, è scaturito quel senso di intraprendenza che si accende nella comunità degli uomini uniti dalla stessa idea e dallo stesso desiderio.
E’ stato il Papa ad accogliere ufficialmente, nel gennaio del 1981, in Vaticano, la delegazione del Sindacato e a pronunciare in quell’occasione un importante discorso, attirando l’opinione pubblica del mondo sul significato e sull’attività di “SolidarnoÊç”. Riferendosi a quello storico incontro, l’11 novembre 1997 in Vaticano, come un padre egli vi ha detto: «Porto nel profondo del mio cuore e ogni giorno affido a Dio nella preghiera i vostri problemi, le vostre aspirazioni, le vostre ansie e le vostre gioie, la vostra fatica unita con il lavoro». Ecco perché, in questo momento solenne, esprimiamo la nostra gratitudine in modo particolare al servo di Dio Giovanni Paolo II. La patria libera è in gran parte messe abbondante della sua seminagione.
Il Primate del Millennio, fermo nella sua attitudine a cercare insieme verità e libertà, ha indicato alla società le fondamenta per accogliere lo spirito della solidarietà. Anche numerosi sacerdoti si sono impegnati nell’opera di “SolidarnoÊç”, e una conferma del loro sforzo pieno di dedizione è la morte da martire del cappellano di “SolidarnoÊç”, il servo di Dio padre Jerzy Popieluszko. Non è mancato neppure l’impegno dei laici, che si sono radunati nelle Sante Messe per la Patria e da qui hanno attinto le forze per sopravvivere.
“SolidarnoÊç” è stato un movimento vicino alla Chiesa, poiché la virtù della solidarietà cristiana costituisce un elemento importante della dottrina sociale cattolica. Le Sante Messe celebrate dai sacerdoti per i partecipanti agli scioperi, le immagini della Madonna di Czestochowa e quelle del Santo Padre Giovanni Paolo II appese sui cancelli delle fabbriche in sciopero, sono state un’eloquente prova che gli operai e i contadini, in maggioranza decisiva, non solo confessavano la fede in Dio, ma che nelle loro azioni si orientavano secondo i valori cristiani.
4. Non c’è dubbio che proprio “SolidarnoÊç” ha risvegliato negli uomini oppressi dal regime totalitario la consapevolezza della loro soggettività sociale. In questo movimento essi hanno avvertito quella che poteva essere la loro forza, prendendo coscienza dell’influsso che potevano esercitare sullo svolgersi degli avvenimenti sociali. “SolidarnoÊç” li ha predisposti pure ad assumere le loro responsabilità circa le forme di vita sociale. Il modello perseguito consisteva non soltanto negli scioperi, come ha tentato di presentarlo la propaganda comunista, ma soprattutto nel cambiamento dell’ambiente di lavoro e nella riflessione sistematica sul lavoro e sull’etica della solidarietà. Un promotore di questa riflessione è stato l’illustre pensatore, reverendo prof. Józef Tischner.
Purtroppo, lo stato d’assedio annientò per buona parte questo sforzo e le sue nobili aspirazioni, deviando in quel momento la Polonia dalla strada del rinnovamento morale e sociale. Chi avrebbe potuto pensare allora che la Polonia sarebbe diventata membro della Nato, e che avrebbe fatto parte della Comunità Europea? Il nostro amato Papa Giovanni Paolo II si doleva per l’introduzione dello stato d’assedio. Mai però perse la speranza che “SolidarnoÊç” sarebbe rinata e avrebbe influito sulle future vicende della Polonia e del mondo. Come scordare le significative parole che egli ha pronunciato durante l’indimenticabile incontro sulla Zaspa a Danzica, il 12 giugno 1987? Tanti di noi oggi qui riuniti hanno davanti agli occhi quell’incontro, e ricordano quale lungo applauso sia risuonato dopo la frase: «La lotta non può essere più forte di SolidarnoÊç». Al che Giovanni Paolo II aggiunse: «Proprio di questo voglio parlare, allora permettete di parlare al Papa, quando vuole parlare di Voi, ed in un certo senso per Voi».
La protesta di milioni di operai oppressi, riscattata dal sacrificio, dal dolore, come dal dono stesso della vita, s’è iscritta con lettere d’oro nella storia contemporanea del nostro popolo. Tanti attivisti di “SolidarnoÊç” per il loro coraggio hanno pagato con l’internamento, la prigione, la perdita del lavoro, della salute, anzi della vita stessa, com’è successo ai minatori della miniera “Wujek”. Tanti, con le loro famiglie, hanno subito repressioni, numerosi sono stati costretti a scegliere l’amaro pane dell’emigrazione. Ma per fortuna il Sindacato Indipendente “SolidarnoÊç” sopravvisse! E oggi vogliamo ringraziare di cuore tutti gli attivisti di “SolidarnoÊç”, i vivi come i defunti!
5. I cambiamenti storici di cui oggi parliamo si sono iscritti nella storia contemporanea – come ha detto Giovanni Paolo II in un discorso ai parlamentari nel 1991 – quale esempio e insegnamento: l’uomo, nel tendere ai grandi scopi della vita sociale, scegliendo la sua opzione storica, può abbracciare la strada delle aspirazioni più alte dello spirito umano. Può, o meglio dovrebbe, scegliere la via dell’amore, della fratellanza e della solidarietà, e comportarsi nel pieno rispetto della dignità dell’uomo e dei suoi diritti. Non a caso, proprio questi valori furono allora decisivi per la vittoria, senza pervenire ad un grave confronto militare.
Il Sindacato Indipendente “SolidarnoÊç” è nato dunque dalla sollecitudine per l’uomo e i suoi bisogni materiali e spirituali, come pure dal grande senso di responsabilità per il bene comune della nazione. Esso ha dato espressione al bisogno di dialogo e di collaborazione tra le diverse componenti la società – gli operai come l’intellighenzia – insieme rivolte al bene della nazione. Benché raccordasse differenti, e a volte lontane, correnti ideali, aveva tuttavia come riferimento la tradizione culturale e religiosa della nazione. Così risvegliò nella popolazione quel patriottismo, ossia quella forza all’amor di patria che consiste non nella lotta sui campi di battaglia, ma nella sollecitudine per il bene comune, nella dedizione per il bene della patria appunto. Di questo spirito ha bisogno oggi la terza Repubblica e ne ha bisogno l’Europa nel suo processo di unificazione. Senza questo spirito infatti sarà una casa costruita sulla sabbia.
6. “SolidarnoÊç” ha liberato nella popolazione il senso del proprio valore e della dignità, come pure la consapevolezza dei diritti che spettano alla persona umana, specialmente il diritto alla libertà. Nonostante l’introduzione dello stato d’assedio, questo senso della dignità e della libertà non è soltanto sopravvissuto, ma si è rafforzato. Grazie a ciò, “SolidarnoÊç” ha potuto resistere nelle stagioni difficili, contribuendo ai cambiamenti politici, come pure al recupero della soggettività e della libertà della nazione.
E’ noto come “SolidarnoÊç” abbia influito sostanzialmente sullo sviluppo della coscienza dei diritti dei sindacati e degli operai, contribuendo così al loro inserimento nella legislazione polacca. Ma la cosa più importante, ossia l’idea di solidarietà, è penetrata anche nella società. Lo testimoniano le molteplici azioni di aiuto umanitario condotte per i bisognosi nel nostro paese, come all’estero. Un giusto riguardo si deve dare alla vasta e coerente azione che “SolidarnoÊç” conduce fin dagli inizi a favore della famiglia e per la difesa della vita umana.
7. Carissimi fratelli e sorelle! Cambiano i tempi, nuovi problemi sorgono, ma l’essenza della missione della nostra “SolidarnoÊç” polacca, di cui siamo stati e vogliamo continuare ad essere orgogliosi, rimane intatta. Essa consiste soprattutto nell’avere cura del carattere soggettivo del lavoro umano. Seguendo Giovanni Paolo II, dobbiamo dire che si tratta di una nuova cultura del lavoro, la quale prende in considerazione i bisogni materiali e spirituali dell’uomo, una cultura che ne valorizza i principali diritti.
Oggi, come 25 anni fa, la Polonia ha bisogno di una grande solidarietà di animi, di cuori e opere; quella solidarietà che è capace di superare divisioni e divergenze, per poter attendere conseguentemente ad una società più giusta, più libera e più fraterna. Il “qui ed ora” della Polonia esige l’impegno e il contributo di ciascuno per la creazione di quelle condizioni economiche, sociali, culturali e religiose, che sono favorevoli all’unità e alla solidarietà della famiglia, rafforzano il senso e la stima per la vita, e si oppongono alle ragioni della violenza e dell’ingiustizia. Occorre contrastare infatti ogni forma di dissoluzione della cellula della società e coraggiosamente indicare le strategie del suo sviluppo, in grado di cambiare le palesi situazioni di ingiustizia, disuguaglianza, alienazione e povertà. Mentre occorre sostenere l’iniziativa e l’autonomia sociale, la responsabilità reciproca e la partecipazione alla vita pubblica. E’ necessario porre in essere quelle condizioni che contribuiscono al graduale ma sistematico superamento della disoccupazione che danneggia tante famiglie.
Permettete che, in questo contesto, ricordi le parole del Santo Padre Giovanni Paolo II pronunciate proprio a voi, cari sindacalisti, durante un indimenticabile incontro in Vaticano, il giorno della Festa dell’Indipendenza del 2003: «Più volte ho parlato ultimamente del problema della disoccupazione, che in molte regioni della Polonia acquista dimensioni pericolose. Apparentemente sembra che i sindacati non abbiano influenza su questo. Occorre però domandarsi se non abbiano influenza sul modo di assumere i dipendenti, dal momento che con una sempre maggiore frequenza esso ha carattere temporaneo, oppure sul modo di procedere ai licenziamenti che vengono fatti senza alcuna cura per le sorti dei singoli dipendenti e delle loro famiglie. Sì, “SolidarnoÊç” dimostra una maggiore attività nelle grandi aziende, specialmente in quelle di proprietà dello Stato. Ci si può tuttavia domandare se il sindacato sia abbastanza sollecito per le sorti dei dipendenti nelle aziende piccole, private, nei supermercati, nelle scuole, negli ospedali o in altri soggetti dell’economia di mercato, che non dispongono della forza che hanno le miniere o le acciaierie. Bisogna che il vostro sindacato prenda apertamente le difese degli uomini del lavoro ai quali i datori del lavoro negano il diritto di voce, il diritto di opporsi ai fenomeni che violano i diritti fondamentali del lavoratore…». «Oggi “SolidarnoÊç”» – continuava il Santo Padre – «se veramente vuole servire la nazione, dovrebbe tornare alle proprie radici, agli ideali che l’illuminavano come sindacato. Il potere passa di mano in mano, e gli operai, gli agricoltori, gli insegnanti, gli operatori sanitari e tutti gli altri lavoratori, indipendentemente da chi detiene il potere nel paese, attendono aiuto nella difesa dei loro giusti diritti. Qui “SolidarnoÊç” non può mancare. E’ un compito difficile ed esigente». Queste parole del Santo Padre ci obbligano tutti.
Dunque, è compito del Sindacato impegnarsi a favore del ristabilimento del diritto al riposo domenicale, come di opporsi alla violazione delle 8 ore lavorative, adoperandosi per superare i modi disumani di trattare gli operai e in particolare le operaie, e dandosi cura della giusta ricompensa per il lavoro di ciascuno. Dobbiamo ricordare che la solidarietà consiste nella partecipazione alla vita delle altre persone, e soprattutto nella realizzazione del bene comune; è un servizio che va compiuto sull’esempio di Cristo, che «non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc. 10,45).
8. Sì! Grazie a “SolidarnoÊç” molto è cambiato in Polonia e nel mondo. Di questo oggi ringraziamo di cuore il Signore. Siamo ugualmente consapevoli che c’è ancora bisogno di nuovi sforzi e nuovi sacrifici, per migliorare qui e altrove la situazione materiale della gente. Sulle orme del servo di Dio, il Santo Padre Giovanni Paolo II, affidiamo alla nostra Madre, Regina della Polonia, il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro. Maria vigili sul nostro popolo e sul mondo. Ci insegni ad ascoltare Cristo e a far tesoro del suo insegnamento. Amen.