Motivazioni e moventi veri di Lutero

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 Motivazioni e moventi veri di Lutero

by · 14 settembre 2016

 

Con il termine “Riforma” s’intende quella importante rivolta religiosa che diede vita al Protestantesimo. Rivolta che ebbe origine con Martin Lutero (1483-1546), il quale, nella notte del 31 ottobre del 1517, espose al pubblico 95 tesi con cui si scagliò contro la Chiesa cattolica.

Perché nacque la Riforma? Prima di tutto va negato ciò che solitamente si afferma e cioè che la Riforma sarebbe nata dalla cosiddetta “vendita delle indulgenze”. In quegli anni si costruiva la nuova Basilica di San Pietro e per finanziare i lavori si decise di raccogliere in tutta la cristianità offerte per lucrare indulgenze. In Germania l’operazione venne affidata ad un personaggio tutt’altro che edificante, Johan Tetzel. Ma attenzione: questo non fu il vero motivo della nascita della Riforma!

Un altro mito da sfatare è quello secondo cui Lutero avrebbe voluto solo “riformare” la Chiesa. Faccio un esempio per farmi capire. Se prendo un vaso prezioso molto impolverato, un conto sarebbe se mi limitassi a spolverarlo, facendolo tornare alla lucentezza originaria, altro se lo scagliassi a terra facendolo in mille pezzi e poi pretendessi di ricostruirlo a mio piacimento. “Riformare” significa tornare alla forma originaria (ri-formare); ebbene, Lutero non riformò ma distrusse tutto. Un solo esempio: su sette sacramenti ne conservò solo due: il Battesimo e l’Eucaristia (ma sarebbe meglio dire uno e mezzo, poi vedremo perché).

Torniamo alle indulgenze. Che la Chiesa del tempo non navigasse in buone acque, è vero. Era quello un periodo assai triste e non era raro trovare cardinali e prelati che preferissero la lettura di Orazio e Seneca piuttosto che delle Scritture. Ma Lutero era fin troppo intelligente per non poter capire che la possibile non santità degli uomini di Chiesa non compromette la santità della Chiesa stessa. Lo aveva capito san Francesco, certamente più sapiente di Lutero ma indubbiamente meno colto, figuriamoci se non lo poteva capire lui, il monaco che tradurrà l’intera Bibbia in tedesco moderno. Tanto lo poteva capire che quando nel 1510 andò a Roma, da novizio, non si scandalizzò della corruzione nei sacri palazzi e concluse così come dovrebbe saper concludere ogni cristiano: un conto è la fallibilità degli uomini altro la santità della Chiesa. Ma poi, dopo l’affissione delle 95 tesi, iniziò ad affermare che il Vescovo di Roma (cioè il Papa) era un “anticristo”, e ciò indipendentemente dal comportamento, degno o indegno che fosse. Insomma, è Lutero stesso a dirlo: non faccio quello che faccio perché scandalizzato da monsignor Tizio o da monsignor Caio, ma perché la Chiesa così com’è non è la chiesa di Cristo. Scrisse a papa Leone X una lettera che accompagnava il suo trattato Sulla libertà religiosa: «Mi sono scagliato contro le dottrine empie, e ho severamente criticato i miei avversari, non a causa dei loro cattivi costumi, ma a causa della loro empietà».

Per quanto invece riguarda il secondo mito (cioè che Lutero avrebbe voluto solo riformare la Chiesa), basti vedere ciò che fece il monaco tedesco. Abolì: il sacerdozio ministeriale, il primato di Pietro, il potere temporale. Affermò la salvezza solo attraverso la Fede, una giustificazione non reale ma apparente (la Grazia non rende veramente giusti ma spinge Dio a considerare giusto l’uomo quando invece non lo è davvero), la libera interpretazione delle Scritture. Negò l’esistenza del Purgatorio. Ridusse i sacramenti da sette a due: Battesimo ed Eucaristia; ma, come ho detto prima, sarebbe meglio dire a uno e mezzo, perché dell’Eucaristia rifiutò il concetto di transustanziazione per accettare solo quello di consustanziazione. In parole più semplici: con l’Eucaristia, secondo Lutero, l’ostia non si trasformerebbe solo in Corpo di Gesù, ma, accanto alla sostanza dell’ostia ci sarebbe la sostanza del Corpo di Gesù. Ciò comportava l’impossibilità di adorare il Santissimo Sacramento perché l’adorazione sarebbe stata rivolta non solo al Corpo di Gesù ma anche all’ostia e ciò avrebbe comportato un atto d’idolatria. Si capisce bene come questa teoria luterana costituisca la possibilità per i suoi seguaci di arrivare a negare totalmente la presenza reale di Gesù nell’ostia consacrata. Infine Lutero apportò modifiche sostanziali alla cristologia.

Dunque, Lutero non fu spinto da ciò che solitamente si dice: corruzione della Chiesa, “vendita delle indulgenze” e quant’altro. Ci fu dell’altro. Visto poi che è sapienza comune del cristiano il saper distinguere tra santità della Chiesa e peccabilità degli uomini di Chiesa, non ci si accorge che se si afferma che tutto ciò che Lutero fece, lo fece solo perché scandalizzato dalla corruzione della Chiesa del tempo (e molto spesso questo lo si dice per motivi ecumenici), a pagarne le conseguenze è la stessa memoria di Lutero. In tal caso, infatti, Lutero figurerebbe come un personaggio dall’intelligenza e dalla preparazione teologica tutt’altro che interessanti.

Allora quali furono i veri motivi che spinsero Lutero? Mi sembra che si possano ridurre almeno a tre. Uno culturale, uno filosofico ed un altro psicologico.

Il motivo culturale ci fa capire che Lutero era figlio dei suoi tempi; tempi di successo dell’umanesimo e del filologismo come “segni” di un evidente antiautoritarismo. Per umanesimo s’intende un vasto movimento culturale e spirituale sorto nei primi decenni del 1400 in Italia, incentrato sullo studio e sulla valorizzazione dell’uomo. Per filologismo s’intende lo studio critico dei testi comprendente la ricerca delle fonti e la loro analisi. L’abolizione luterana del Primato di Pietro, del sacerdozio ministeriale e del Magistero sono segni chiari di questo rifiuto del concetto di autorità.

Passiamo al motivo filosofico. I tempi di Lutero segnavano il trionfo del cosiddetto nominalismo (negazione del valore degli universali) che fu un’estremizzazione della ragione per cui i fatti e le idee erano messi sullo stesso piano. Questo nominalismo avrebbe determinato nel protestantesimo tanto una causa scatenante quanto una causa reagente. Causa scatenante: il razionalismo che venne fuori dal nominalismo facilitò l’insorgere del soggettivismo (senza gli universali non è possibile la metafisica e, senza la metafisica, è possibile solo il soggettivismo). Causa reagente: la reazione allo scetticismo del razionalismo nominalistico condusse facilmente alla fiducia nella sola fede, cioè al fideismo; e infatti il Protestantesimo è convintamente fideista.

E infine il motivo psicologico. Lutero, in realtà, non aveva la vocazione né alla vita monastica né al sacerdozio; da qui la sua infelicità. Una tesi molto accreditata afferma che quando era all’Università di Erfurt, si batté a duello con un compagno, Gerome Bluntz, uccidendolo. Ed entrò nel monastero degli agostiniani solo per sfuggire alla giustizia. Lui stesso lo dice: «Mi sono fatto monaco perché non mi potessero prendere. Se non lo avessi fatto, sarei stato arrestato. Ma così fu impossibile, visto che l’ordine agostiniano mi proteggeva». Questa assenza di vocazione lo rese nevrotico e infelice. Si narra che durante la sua prima Messa, al momento dell’offertorio, stava per fuggire e fu trattenuto dal suo superiore.

Potremmo chiederci: ma se eventualmente si sbaglia la vocazione, è possibile mai che il Signore non dia la grazia sufficiente per andare avanti? Certamente. Il problema di Lutero fu un altro e cioè che non volle rendersi docile alla Grazia. Quando si abbandona tutto e si tradisce la verità è sempre perché si è prima abbandonato la preghiera. Lutero stesso scrisse nel 1516, cioè prima della svolta della sua vita: «Raramente ho il tempo di pregare il Breviario e di celebrare la Messa. Sono troppo sollecitato dalle tentazioni della carne, del mondo e del diavolo».

Fu così che credette di trovare la soluzione della sua infelicità nella Lettera ai Romani (1,17): «Il giusto vivrà per la sua fede». Per la salvezza non occorre nessun sforzo di volontà se non quello di abbandonarsi ciecamente alla fede nel Signore (fideismo).

In Lutero dunque si ritrova tanto il volontarismo quanto il fideismo. Il volontarismo: darsi una vocazione che non si ha; il fideismo: negare totalmente qualsiasi contributo della volontà. Due errori completamente diversi, ma, proprio perché errori, dalla origine comune.

L’ipotesi di una successione diacronica di volontarismo e di fideismo in Lutero troverebbe conferma negli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola, contemporaneo di Lutero, che impostò la spiritualità del suo Ordine (i Gesuiti) in chiara prospettiva antiluterana. Scrive sant’Ignazio: «Ci sono tre tempi o circostanze per fare una buona e sana elezione. Il primo: è quando Dio nostro Signore muove e attrae tanto la volontà che, senza dubitare né poter dubitare, l’anima devota segue quello che le è mostrato, come fecero san Paolo e san Matteo nel seguire Cristo nostro Signore. Il secondo: quando si riceve molta chiarezza e conoscenza per mezzo di consolazioni e desolazioni, e per l’esistenza del discernimento degli spiriti. Il terzo: è il tempo di tranquillità. L’uomo, considerando prima perché è nato, e cioè per lodare Dio nostro Signore e salvare la sua anima, e desiderando questo, elegge come mezzo uno stato o un genere di vita nell’ambito della Chiesa, per essere aiutato nel servizio del suo Signore e nella salvezza della propria anima. È tempo di tranquillità quello in cui l’anima non è agitata da vari spiriti e usa delle sue potenze naturali liberamente e tranquillamente». Dunque, dice sant’Ignazio, è molto importante non sbagliare la propria vocazione avendo come unico scopo quello di rendere gloria a Dio.

Che ci sia anche un’allusione all’esperienza di Martin Lutero?

http://www.civiltacristiana.com/motivazioni-e-moventi-veri-di-lutero/

Cinque libri su Lutero

 

Il prossimo 31 ottobre a Lund, in Svezia, si apriranno le celebrazioni per il cinquecentesimo anniversario della Rivolta protestante (1517).
Le forze dell'inferno tenteranno, come sempre, di sfruttare l'occasione per colpire la Chiesa, sfigurare l'immagine di Papa Francesco, gettarci nella confusione in nome di una pastorale che distrugge la dottrina: insomma, farci perdere la fede.

Nel prevedibile caos dei mesi successivi, serviranno preghiera e penitenza perchè almeno qualcosa non cambi: l'immutabile fede dell'anima cattolica, in ginocchio, ma incrollabile, in mezzo alla convulsione generale.
Incrollabile con tutta la forza di quanti, in mezzo alla burrasca, e con una forza d'animo maggiore di questa, continuano ad affermare dal più profondo del cuore: Credo in Unam, Sanctam, Catholicam e Apostolicam Ecclesiam, contro la quale, secondo la promessa fatta a Pietro, le porte dell'inferno non prevarranno.

Servirà in modo particolare ignorare quanto vomiteranno i massmedia, tenendo invece a mente la sintesi del Catechismo Maggiore:
"129. Il protestantesimo o religione riformata, come orgogliosamente la chiamarono i suoi fondatori, è la somma di tutte le eresie, che furono prima di esso, che sono state dopo, e che potranno nascere ancora a fare strage delle anime".
Totustuus.it intende tentare di diminuire la colossale opera di manipolazione culturale, già iniziata, riproponendo cinque libri, tra i vari "downloadabili" gratuitamente dal sito.

 

Mons. Cristiani, Balmes, Cat. Trento, Benson, Card. Journet

(Storia) Mons. Leon Cristiani: La rivolta protestante
https://www.totustuus.it/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=75
"Chi oggi parla di ‘protestantizzazione’ della Chiesa cattolica, intende in genere con questa espressione un mutamento nella concezione di fondo della Chiesa, un'altra visione del rapporto fra Chiesa e vangelo. Il pericolo di una tale trasformazione sussiste realmente; non è solo uno spauracchio agitato in qualche ambiente integrista. […] Il protestantesimo è nato all'inizio dell'epoca moderna ed è pertanto molto più apparentato che non il cattolicesimo con le idee-forza che hanno dato origine al mondo moderno. La sua attuale configurazione l'ha trovata in gran parte proprio nell'incontro con le grandi correnti filosofiche del XIX secolo. E' la sua chance ed insieme la sua fragilità questo suo essere molto aperto al pensiero moderno" (Card. J. Ratzinger, Rapporto sulla Fede, cap. XI, ed. Paoline 2005).

(Apologetica) Jaime Balmes: Conoscere il protestantesimo
https://www.totustuus.it/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=185
https://www.totustuus.it/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=206
El protestantismo comparado con el catolicismo (1842), è una poderosa opera – scritta per confutarne una sullo stesso tema del calvinista ginevrino François Pierre Guillame Guizot (1787-1874) -, che ha reso Balmes il più brillante apologista di ogni tempo. Il saggio conosce un immediato successo in tutta Europa, con traduzioni in francese, inglese, italiano e tedesco. In esso Balmes dimostra il valore anche umano del cattolicesimo, e come esso sia connaturato, quasi consustanziale, al vero progresso della civiltà europea, mentre il protestantesimo abbia invece storicamente svolto un ruolo disgregatore non solo in campo religioso, ma anche culturale, sociale e politico: "il protestantesimo porta nel suo seno un principio sovversivo […] è il libero esame, già presente in seno a tutte le sette e riconosciuto come germe di tutti gli errori". Chiaroveggente è l'accenno al legame tra i movimenti protestanti e la diffusione della secolarizzazione: "Non serve troppa logica per passare dal Protestantesimo al Deismo, e da questo all'Ateismo c'è solo un passo".

(Magistero) Catechismo del Concilio di Trento
https://www.totustuus.it/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=29
Il primo Catechismo Universale nella storia della Chiesa Cattolica, cioè destinato a tutti i parroci del mondo, di ogni tempo e luogo e perciò utile anche ai laici. Auspicato e poi supervisionato da San Carlo Borromeo, fu promulgato nel 1566 dal Papa San Pio V: «Mossi da tale stato di cose i Padri del Concilio Ecumenico Tridentino, con il vivo desiderio di adottare qualche rimedio salutare per un male così grave e pernicioso, non si limitarono a chiarire con le loro definizioni i punti principali della dottrina cattolica contro tutte le eresie dei nostri tempi, ma decretarono anche di proporre una certa formula e un determinato metodo per istruire il popolo cristiano nei rudimenti della fede, da adottare in tutte le chiese da parte di coloro cui spetta l'ufficio di legittimi pastori e insegnanti» .

(Romanzo) Robert H. Benson: Con quale autorità?
https://www.totustuus.it/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=212
Un formidabile romanzo storico ambientato durante il terrore anglicano di Elisabetta I. "Nel pomeriggio fu discussa la dottrina della giustificazione per la fede, ma al giovane, che incominciava a comprendere tutta l'importanza di un'autorità vivente, parve che anche questa fosse una questione secondaria, e tutta la sua attenzione si concentrò sul prete dal volto aperto e risoluto, che ascoltava sereno le volgari invettive dell'avversario e rispondeva ai suoi attacchi con abilità e destrezza. Trascorso il tempo stabilito, la disputa fu sospesa dal governatore della Torre, e i prigionieri furono ricondotti nelle loro celle".

(Teologia) Card. Charles Journet: il primato di Pietro nella prospettiva protestante e nella prospettiva cattolica
https://www.totustuus.it/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=153
"Il punto di dissidio più evidente – se non più profondo – tra protestantesimo e cattolicesimo è costituito dal fatto che il Papa è, nell'ordine della giurisdizione, capo supremo di tutta la Chiesa. Ma occorre ricordare che l'ordine giurisdizionale, pur necessario e divino, non è la più alta e la più divina realtà della Chiesa e che esso deriva tutta la sua grandezza dalla propria destinazione, che è la carità: non una carità generica e umanistica, ma la carità della verità, cioè il servire la Chiesa custodendo il deposito della fede tramandata dagli Apostoli. Su questi temi l'accordo tra protestantesimo e cattolicesimo è impossibile".

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Vi sono, infine, vari altri classici della Contro-Rivoluzione in argomento (tutti scaricabili gratuitamente), scritti da: Reck-Malleczewen, Christopher Dawson, Hilaire Belloc, Sant'Edmondo Campion, Robert Hugh Benson.