MAURO LEONARDI, Mezz’ora di orazione, Ares, 2003 Milano, pp. 172, euro 13, ISBN 88-8155-265-5.
L’autore, un sacerdote apprezzato collaboratore di Studi Cattolici e autore del romanzo Quare (Edizioni Ares, Milano 2000), con uno stile penetrante e personalissimo trasmette alcuni consigli per trasformare la propria meditazione in un appassionate e fecondo «rapporto» con Dio; inoltre, offre un aiuto per districarsi nelle difficoltà – distrazioni, aridità, e così via – che abitualmente possono sorgere nella vita di preghiera.
Il testo si struttura in due parti.
L’intento della prima parte è di guidare all’incontro con Cristo: in cinque brevi capitoli si dipana, dal punto di vista della Fede, una luminosa riflessione sull’efficacia della preghiera, in grado di offrire al lettore che vi si lasci coinvolgere un autentico itinerario interiore. Il fulcro della seconda parte dimostra che il cuore di ogni uomo aspira a tale incontro con Cristo.
L’autore sviluppa la tesi addentrandosi nella contemplazione di alcuni snodi fondamentali, benché quotidiani, dell’esistenza (quali paternità, maternità e filiazione, femminilità, tentazioni nella vita di coppia, rapporto con il tempo, lavoro, potere), che racconta con un tocco di poesia, ottenendo sulla carta lo stesso effetto emblematico dei grandi affreschi d’arte nelle navate delle chiese; è capace, cioè, di isolare alcuni fatti e situazioni particolari, magari al primo sguardo apparentemente insignificanti, lasciando emergere il valore inestimabile, unico e universale che li caratterizza.
Dalla pratica pastorale dell’autore si viene a conoscere il desiderio di tanti cristiani di riuscire a dedicare una giusta porzione del proprio tempo alla preghiera.
Si ricorda giustamente quanto il ritmo frenetico della vita talvolta faccia scivolare i buoni propositi in secondo piano.
È possibile valutare il fervore di una vita cristiana dal tempo dedicato quotidianamente alla preghiera, che spesso viene confinata in frettolosi ritagli di tempo. Scrive Leonardi: «Dimmi a che cosa dedichi il tuo tempo, e ti dirò qual è la tua gerarchia di valori reale. […] Abbiamo esclusivamente l’istante presente. Possiamo dilatare il nostro spazio esistenziale comprando case, terreni; possiamo spostarci più velocemente con i mezzi di trasporto; internet e i telefonini ci permettono di crederci un po’ “dèi” rispetto al “qui”, ma rispetto all’“ora” restiamo inchiodati. Il tempo è ciò in cui realizzo la mia vita: “mi realizzo” adesso e solo adesso, e questo lo sappiamo tutti quand’anche non ci pensassimo. Il tempo è una morsa a cui nessuno di noi può sfuggire. Per questo dedicare tempo a una persona è forse il modo più vero di amarla. La tentazione di imbrogliare sul tempo della preghiera è forte: orazione per strada, rosario in macchina, liturgia delle ore in confessionale. Se mi accade questo devo chiedermi: credo veramente a Dio? Che tempo gli dedico? Quella è la vera misura del mio amore e della mia fede».
Sono parole incisive che spingono all’esame di coscienza.
Sono parole nate dal confronto con le esperienze di tanti giovani, di uomini e donne maturi, di operai e intellettuali, che hanno chiesto un consiglio per ravvivare la propria anima e forse per intraprendere per la prima volta un dialogo cuore a cuore con Dio.
E l’autore così prospetta i primi passi nella via della preghiera: «La vita d’orazione del cristiano (cioè, in pratica, la sua vita interiore) non è introspezione né tecnica né metodo, sebbene una tecnica e un metodo possano aiutare.
La vita d’orazione del cristiano è semplicemente “orazione”, cioè un raccoglimento essenzialmente riferito a quel Tu che è Dio… non è né pensiero né discorso né, tantomeno, discorso metodico.
È soprattutto “parlare e ascoltare”: dialogo, conversazione, frequentazione amichevole e personale di Dio con l’uomo e dell’uomo con Dio.
Spesso il “progresso” della vita d’orazione non è altro che l’accresciuta scioltezza di quella frequentazione, così come accade nei rapporti d’amore e d’amicizia. Affermazioni che sorgono, come sottolinea lo stesso Leonardi, dall’assimilazione degli insegnamenti di san Josemaría Escrivá, che fu vero “maestro d’orazione”.
Uno dei suoi punti di meditazione più celebri contenuto in Cammino, l’opera più nota del santo spagnolo, offre un eccellente spunto di partenza per affrontare il libro: «Mi hai scritto: “Pregare è parlare con Dio. Ma, di che cosa?”. Di che cosa? Di Lui, di te: gioie, tristezze, successi e insuccessi, nobili ambizioni, preoccupazioni quotidiane…, debolezze! E atti di ringraziamento e suppliche: e Amore e riparazione. In due parole: conoscerlo e conoscerti: “frequentarsi”!» (Cammino, 91).
Le persone di preghiera sanno quanto sia difficile riuscire sempre a mantenere un dialogo vibrante, senza flessioni e appassionato con Dio.
Proprio in apertura del libro si incontrano dei passaggi che sono di grande aiuto per i «pessimisti» che dubitano di poter progredire nella vita interiore.
C’è sempre tempo per una svolta, per rinnovare – ringiovanire – l’amore con Dio: «“Non riesco più a fare orazione”. In genere chi dice così è una persona che fa orazione da tempo, magari da qualche anno, e ha già letto non solo il Vangelo ma anche i libri importanti sull’argomento. Devo dire che chi mi dice “non riesco più a fare orazione”, in genere mi fa una grande simpatia. Ha il coraggio di dire quello che, prima o poi, succede a quasi tutti. Si accorge cioè di aver bisogno di cambiare qualcosa nel proprio modo di pregare. Non tutti hanno questa semplicità. A volte avviene di non riuscire più a fare bene l’orazione da molto tempo, ma si è scoraggiati, non si ha più voglia di affrontare l’argomento. Semplicemente, si è convinti di conoscere già tutte le possibili risposte. Chi dice “non riesco più a fare orazione” sta semplicemente dicendo che è innamorato di Gesù Cristo e che vuole far di tutto perché il rapporto tra lui e Gesù vada meglio. Non sta pensando di smettere di fare orazione. Vuole soltanto essere sicuro che da parte propria sta facendo di tutto. Se è proprio così, vuol dire che è il Signore a volere quella situazione, e allora va bene anche a lui. Tutto qui».
Andrea Germi