Lo staff di Trump

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 Il vice-presidente degli Stati Uniti Mike Pence è un “combattente culturale” pro-life e pro-famiglia

 

La vittoria di Trump è fumo negli occhi della comunità “LGBT+” che vede di colpo bruscamente frenare la propria travolgente avanzata avviata sotto l’Amministrazione Obama.

A spaventare gli attivisti della rivoluzione genderista non è tanto la persona di Donald Trump quanto il suo vice Mike Pence, nemico dichiarato delle lobby gay e, per questo, già in passato, bersaglio di numerosi duri attacchi da parte degli attivisti gay. 

Il vice di Trump è stato ora messo a capo del cosiddetto “transition team“, ovvero la squadra che sta gestendo la delicata fase della transizione presidenziale.

Pence, di origini irlandesi, 57 anni, sposato con Karen, padre di tre figli, avvocato e politico di professione, è governatore dell’Indiana da tre anni. Nato cattolico e “rinato evangelico”, sostenitore del Tea Party, l’ala più “dura” del partito repubblicano, si è auto-definito nell’ordine “un cristiano, un conservatore e un repubblicano”.

PREFERITO a Chris Christie

Pence è stato preferito da Trump nel ruolo di vice-presidente a Chris Christie, governatore del New Jersey, malvisto dall’ala più conservatrice del Grand Old Party (GOP), proprio per alcune sue precedenti aperture LGBT. Tra tali imperdonabili colpe, l’aver firmato una legge che mette al bando le cosiddette “terapie riparative” dell’omosessualità per i minori.

Al contrario Mike Pence ha un’ottima reputazione tra i sostenitori pro-life e pro-family.

UN “COMBATTENTE CULTURALE

Il neo vice-presidente degli Stati Uniti è infatti visto come uno dei politici più solidi e affidabili sulle questioni etiche all’interno del partito repubblicano. Pence ha fama di “combattente culturale”, avendo condotto, come membro del Congresso, battaglie ideologiche di ogni tipo: dall’ampliamento del diritto di aborto, ai fondi federali per la ricerca sugli embrioni, dall’opposizione nei confronti dei “matrimoni” dello stesso sesso, fino al blocco di nuovi fondi federali per l’organizzazione abortista “Planned Parenthood“.

Una fama guadagnata sul campo, come quando, in occasione del recente dibattito vice-presidenziale con il senatore democratico Tim Kaine, ex governatore della Virginia e candidato vice di Hillary Clinton, Pence è stato violentemente attaccato dalla succitata “Planned Parenthood” come “il legislatore più estremista del 21° secolo”. Un insulto che ha avuto l’indesiderato effetto di trasformarlo immediatamente in paladino dei difensori della vita in tutto il paese americano.

OPPOSITORE DELL’AGENDA GENDER

Pence è stato ed è anche un fermo oppositore dell’agenda gender arrivando a guadagnarsi un onorevolissimo rating “0 per cento” e una grande quantità di durissimi attacchi da parte della potente lobby LGBT+ “Human Rights Campaign“.

Nel 2006, come capo di una Commissione di studio del partito repubblicano, il vice-presidente degli Stati Uniti si è espresso convintamente a sostegno di un emendamento costituzionale che definiva il matrimonio come unione esclusiva tra un uomo e una donna. In quell’occasione, citando un ricercatore di Harvard, Pence puntò, senza mezzi termini, il dito contro il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso, screditandolo come un “collasso sociale che ha sempre portato in seguito all’avvento del deterioramento del matrimonio e della famiglia“. Interpellato sull’omosessualità l’ormai ex governatore dell’Indiana ha inoltre sottolineato come l’essere gay sia una scelta e che decidere di non legiferare per il “matrimonio” gay non è discriminazione ma esecuzione del “piano di Dio”.

Parole che sono musica per le orecchie dei sostenitori pro-life e pro-family. Ci auguriamo che il nuovo vice-presidente degli Stati Uniti mantenga e confermi la sua fama di “combattente culturale” e metta in campo tutti i suoi poteri, come hanno fatto i suoi predecessori, per invertire il prepotente processo di omosessualizzazione degli Stati Uniti imposto al popolo americano dall’Amministrazione Obama.

 

di Rodolfo de Mattei, per Corrispondenza Romana del 12/11/2016
https://www.osservatoriogender.it/vice-presidente-degli-stati-uniti-mike-pence-un-combattente-culturale-pro-life-pro-famiglia/

 

Chi sono i cardinali e i vescovi Usa che gongolano per l’elezione di Donald Trump

Antonino D'Anna per http://formiche.net/2016/11/14/vescovi-usa-cardinali-trump/

Donald Trump ha vinto. Una vittoria che ha avuto la sua parte anche cattolica, come hanno sottolineato già diversi osservatori. E c’è stato chi, più o meno apertamente, nella Gerarchia negli States ha fatto il tifo per lui e oggi può dirsi soddisfatto.

“Negli Stati Uniti ci sono 196 vescovi locali, che diventano 240 se aggiungiamo gli ausiliari e 350 con gli emeriti – ha detto a Repubblica il vaticanista John Allen – Hanno tutti posizioni diverse fra loro e inserirli in un unico schema è impossibile. Si può in ogni caso dire che un venti per cento ha posizioni teologiche conservatrici, mentre un dieci per cento è più progressista. Tutti gli altri possono pendere più a destra o più a sinistra a seconda del momento”. Comunque, ha aggiunto Allen, in queste elezioni, diversamente dal passato, i vescovi sono stati più prudenti. E lo sono stati sia rispetto a Clinton che rispetto a Trump. In qualche modo, entrambi non li convincevano. Tuttavia, se è vero che la maggioranza dei cittadini cattolici ha votato per Trump, sarà interessante vedere come, e se, i vescovi useranno questo credito che hanno verso il nuovo presidente. Su molte posizioni sono distanti da Trump, ma hanno un credito da giocare. Vedremo come si comporteranno”.

Si può dire già, comunque, cosa taluni hanno detto. Il cardinale arcivescovo di New York, Timothy Dolan, ha alzato la voce nel mese di ottobre, avendo peraltro incontrato ambo i candidati. Ha scritto una vibrante lettera ai fedeli nella quale osserva:

La dignità della persona umana, da difendersi e promuoversi come prima priorità, che non dipende da razza, permesso di soggiorno, azioni possedute, età o salute; la sacralità della vita umana dal concepimento al santo momento della morte, va difesa vigorosamente (…). Siamo così grati come americani del fatto che questi due principi siano alla base della nostra Repubblica. Ma siamo anche vigili perché sono sotto attacco; e siamo impegnati come cittadini patrioti e cattolici a promuoverli e difenderli.

Luci e ombre invece si possono leggere nelle parole del vescovo di El Paso (Texas), Mark J. Seitz che ha addirittura emesso un comunicato nel quale, tra l’altro, sia pur affermando che entrambi i candidati alla presidenza Usa avevano assunto posizioni contrarie ai principi cattolici e in grado di preoccupare non poco, scrive:

Crediamo che ogni essere umano non importa a quale stadio di vita, quale sia il suo sesso, origine, stato economico o disabilità abbia diritto ad essere amato, rispettato e protetto. Per questo motivo, sulla base delle posizioni spesso assunte dal nostro Presidente eletto, possiamo trovare ragioni per la speranza ed anche per serie preoccupazioni.

Seitz quindi plaude alla difesa della vita:

Siamo felici del fatto che chi è negli stadi iniziali della vita, al concepimento prima della nascita, chi ha diritto alla protezione durante il suo viaggio dal ventre materno, riceverà più protezione e aiuto. Speriamo che quelli alla fine del viaggio della sua vita si preoccuperanno di lui e non lo uccideranno in qualche contorta nozione di misericordia.

Ma a preoccuparlo sono “i fratelli e le sorelle rifugiate e i migranti in fuga o che stanno scappando da inenarrabili violenze”, ma anche: “Siamo preoccupati per i nostri fratelli e sorelle che sono musulmani e possono essere scacciati solo sulla base della loro confessione religiosa”. Qui monsignore si riferisce alle parole con cui Trump aveva promesso di cacciare gli islamici dal Paese, parole che avevano sollevato non poche preoccupazioni.

Seitz però è fiducioso e battagliero: “La retorica della campagna elettorale è qualcosa che passa. Ora viene il compito di governare, per cui un leader deve lavorare con gli altri e cercare il compromesso. A chi ha paura, ricordiamo che la Chiesa starà dalla sua parte”.

A proposito di allusioni, William Murphy, vescovo di Rockville Centre nel Long Island  alla fine di ottobre aveva inviato una lettera ai fedeli sottolineando che: “l’appoggio all’aborto squalifica qualsiasi candidato e gli impedisce di ricevere il vostro voto”. Nel testo della lettera, pubblicata a due settimane dalle elezioni, egli sottolinea:

Ho tre domande per voi:
1. Pensate che il nostro Paese stia andando nella direzione giusta o sbagliata? Credo stia andando in quella sbagliata. Se ho ragione, quindi,
2. Dei due candidati a Presidente (…) quale continuerà a spingerci sulla strada attuale o quale è più probabile che riporterà giustizia in queste aree che hanno bisogno di giustizia (si riferiva all’aborto, N.d.R.)?
3. Quali candidati ci porteranno in una direzione più vicina alla vita, più a favore della famiglia e della verità? Quali riconosceranno e rispetteranno il ruolo della religione nelle vite dei cittiadini e il diritto della Chiesa a mediare le verità del Vangelo e l’insegnamento della Chiesa come parte della vita pubblica del nostro Paese (…) senza essere forzata ad adottare e facilitare quelle pratiche culturali che non sono consone all’insegnamento della Chiesa?

Qui il riferimento è alle email della Clinton, del suo staff e del suo disprezzo per i cattolici che aveva irritato specialmente i conservatori americani.

Ci sono anche i laici a essere contenti. March for Life è un’organizzazione che si occupa di combattere l’aborto ed è vicina anche al mondo cattolico americano (ogni anno, prima della Marcia, si celebrano diverse Messe tra cui una alla Basilica del Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington). Il commento ufficiale davanti alla vittoria di Trump è stato espresso da una serie di tweet: 

Hillary Clinton e la sua fervida promozione dell’aborto sono stati battuti;
Planned Parenthood ha speso oltre 30 mln di dollari per far eleggere Hillary, e ha perso;
Siamo felici dei risultati di stanotte: Camera, Senato e presidenza riflettono il consenso pro life degli americani

Può dirsi soddisfatto anche l’arcivescovo di Kansas City, Joseph F. Naumann che si era mosso con attenzione nei mesi precedenti le elezioni per ricordare i valori non negoziabili. E nel video pubblicato sul sito dell’Arcidiocesi, aveva ricordato insieme ai confratelli: “Quando votiamo le nostre scelte non devono mai essere risolte in un mero interesse, ma una valutazione di quello che è bene per la società”. Attenzione alla Dottrina Sociale della Chiesa, l’applicazione dei principi morali. Ma soprattutto, come abbiamo detto, la tutela delle vite dei bambini, la libertà religiosa e affermazione del matrimonio tra uomo e donna, unico possibile. Anche se l’appello al rispetto dei migranti certo non è quello che Trump rispetterà. Una cosa però è certa: Naumann aveva demolito Kaine, candidato vicepresidente della Clinton scialbamente cattolico, definendolo cattolico da bar.

Una voce che si è fatta sentire molto, e con giudizi taglienti, in questo periodo è quella di Thomas J Tobin, vescovo di Providence che sulla sua pagina Facebook ha voluto dire la sua sulle elezioni. Non solo aveva anche lui bastonato Tim Kaine, ma all’indomani della votazione ha scritto:

L’elezione di Donald Trump non garantisce nulla. Speriamo, tuttavia, che Trump manterrà le sue promesse pro-life. Speriamo e preghiamo che sotto la sua guida la nostra nazione si muoverà per eliminare aborti, il loro finanziamento federale, e toglierà i fondi a Planned Parenthood (a favore della “salute riproduttiva” e che era vicina alla Clinton, N.d.R.). Oh, e comunque, crediamo che un’amministrazione Trump, come promesso, cancellerà e sostituirà l’Obamacare, fermando la persecuzione delle organizzazioni religiose.

Papa Francesco magari non approverà, ma una cosa è certa: i vescovi americani hanno preso atto della situazione. E, come ha dichiarato il loro presidente monsignor Joseph Kurtz, vescovo di Louisville, i vescovi sono pronti a collaborare con Trump, richiamando la sua attenzione alla tutela della vita umana dall’inizio alla fine, la libertà di fede, i migranti,  le persecuzioni dei credenti nel mondo e infine la tutela della libertà religiosa e del matrimonio tra uomo e donna.