(Libero) Cuba: partita la campagna di depapizzazione

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Libero”, 18.4.2003

Partita la campagna di depapizzazione:
processioni vietate e calendario stravolto
La repressione colpisce i cattolici
Sbattuti in galera perfino i ciechi
Nessuna pietà per i dissidenti che si battono contro
l’aborto e sfilano per i diritti umani in piazza.
La storia di Leiva

Non è colpa della guerra in Iraq se centinaia di casi di
ingiustizia, repressione e violazione dei diritti umani
non compaiono sugli organi di informazione. Anche se ci
fosse stata la pace, non si sarebbe saputo nulla delle
decine di dissidenti cubani, tra cui numerosi leader
cattolici, incarcerati senza processo durante la campagna
repressiva più intensa scatenata da Fìdel Castro negli ultimi
anni.

Dal 23 marzo scorso, e per tre giorni di fila, la polizia
comunista ha fatto irruzione nelle case delle persone che
stavano digiunando per chiedere la liberazione del medico
cattolico antiabortista Oscar Elías Biscet, leader della
Fondazione Lawton per i Diritti Umani.
Risultato: ottanta persone arrestate e ancora oggi detenute
nelle prigioni cubane e private della possibilità di
comunicare con le proprie famiglie.

Se fosse stata la crisi irachena a oscurare la notizia,
allora si sarebbe saputo almeno dell’arresto e della
condanna a 25 anni di carcere subite da Biscet, rinchiuso
nel Combinado del Este dell’Avana dopo una sola settimana
dalla sua liberazione, avvenuta il 31 ottobre 2002.
In carcere ci era appena stato, per ben tre anni e senza
processo, solo per essersi opposto alla legge che consente
l’aborto. Stavolta, l’accusa nei suoi confronti è di aver
preteso di frequentare i suoi amici dissidenti.

Ad alienare le simpatie della stampa e delle tv nei suoi
confronti, ci si è messo il 20 gennaio scorso, anche il
governatore della Florida e fratello del Presidente degli
Stati Uniti, Jeb Bush che, elogiandolo per la sua «lotta
per la libertà a Cuba», reclama la sua «libertà
immediata».

Naturalmente, anche la successiva condanna dell’arresto da
parte di Human Rights Watch e Amnesty International è
passata sotto silenzio.
Anche perché combattere contro l’aborto significa
autocondannarsi all’oblìo, oltre che alla galera.
Così è accaduto anche ai suoi coimputati Ángel Moya (20
anni), Orlando Fundora (18 anni) e Miguel Valdés Tamayo (15
anni), dichiarati rei di «atti contro la sovranità e
l’indipendenza del territorio nazionale», la cosiddetta
«legge bavaglio», promulgata appositamente contro gli
oppositori del regime.

Ancora peggio è andata al laico cattolico José Daniel Ferrer
García, per il quale il Tribunale di Santiago di Cuba ha
chiesto di tramutare l’ergastolo in pena di morte.
García è uno dei leader del Movimento Cristiano Liberación
e promotore del Progetto Varela, una petizione firmata da
undicimila cubani per chiedere una serie di referendum a
favore della democrazia.

Il coordinatore del Progetto, il dissidente cattolico
Oswaldo Paya, fondatore del Movimento Cristiano Liberaciòn,
è come il fumo negli occhi per Castro, che però non può
permettersi di incarcerarlo per la sua notorietà.
Così, per impedirgli un viaggio a Washington allo scopo
di ricevere un premio per la sua attività in favore della
democrazia a Cuba, il 30 settembre scorso, il governo ha
scatenato una campagna di repressione contro i suoi
collaboratori, amici e familiari.

Temendo il propagarsi dell’iniziativa, il 27 giugno il
presidente cubano aveva fatto approvare dal suo
Parlamento tre emendamenti alla Costituzione che
rendono “irrevocabile” il comunismo sull’isola.
Di fatto tali emendamenti vanificano il Progetto Varela,
come ha sottolineato lo stesso Paya.
Intanto, cento insegnanti di Manicaragua sono stati
licenziati e minacciati per aver rifiutato di
sottoscrivere il progetto di riforma costituzionale.

In carcere si trova anche un altro oppositore di Castro.
Si tratta di un avvocato cieco, Juan Carlos Gonzàles
Leiva, fondatore della Fraternitad de Ciegas
Indipendientes e presidente della Fundacìon de Derechos
Humanos de Cuba.
Soffre di esaurimento nervoso, ansia e claustrofobia ed è
costantemente minacciato di morte dal compagno di cella
pluriomicida, che gli sottrae anche il cibo.
Lo hanno torturato, fisicamente e psicologicamente, dopo
averlo arrestato il 4 marzo scorso durante una protesta
organizzata in un ospedale, dove era andato a far visita
a un altro dissidente, il giornalista Jesùs Alvarez
Castillo, aggredito lo stesso giorno dalla polizia
politica.
Lui e altri si erano permessi anche di gridare slogan come
«Viva Cristo Re! Viva Cuba libera! Viva i diritti umani!»
nelle corsie.
Ora gli aguzzini rifiutano addirittura di consegnargli una
bibbia in braille che la moglie gli ha portato nella
prigione di Pedernales dove è detenuto.

Del resto, solo pochi mesi fa, il Partito comunista cubano
ha lanciato una campagna esplicita di “depapizzazione”, con
un documento, che esortava membri e sostenitori a lavorare
contro l’influenza esercitata dalla Chiesa cattolica sulla
popolazione.
Detto fatto.
Il 7 settembre scorso, funzionari del governo di Minaglores
Nuevo hanno proibito una processione in onore della Vergine
de la Caridad del Cobre, patrona dell’isola.
Ma allo scopo si modifica perfino il calendario della
Rivoluzione, le cui ricorrenze casualmente quest’anno
coincidono con la Settimana santa.
Finora, il governo ha concesso agli studenti le vacanze per
la settimana di Girón, in cui si commemora la vittoria
nella lotta della Baia dei Porci nel 1961.
Ma stavolta c’era il serio pericolo che ne approfittassero
per seguire la liturgia pasquale.
Perciò, ordine del Partito, le celebrazioni civili slittano
e si va a scuola.

ANDREA MORIGI