L’anchorwoman emancipata

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Eva Herman

Bella, bionda, glamour e pro life. Parla l’ex conduttrice cacciata dalla tv tedesca perché ha osato parlare delle donne senza svenderle alla logora ideologia degli anni Settanta

di Vito Punzi

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Tempi.it, 11-9-2008
Il nome di Eva Herman è già noto ai lettori di Tempi. Nel numero pubblicato il 15 novembre scorso presentammo stralci dell’intervento a un Forum di cattolici tedeschi dell’ex conduttrice tv che nel 2006, con il libro Il principio di Eva, subì un primo, duro attacco dalle femministe. La sua colpa? Aver osato proporre una lettura del ruolo della donna a partire dal dato di natura. Se già quel libro suggerì a qualcuno l’“espulsione“ della Herman dalla scena pubblica, il licenziamento della bionda Eva è scattato implacabile poco meno di un anno fa.

Nel corso della presentazione di un altro suo libro, Il principio dell’Arca di Noè – Perché dobbiamo salvare la famiglia, la Herman si permise di accusare i sessantottini di aver distrutto quel poco di buono che era sopravvissuto perfino alla terribile esperienza del nazionalsocialismo: il senso della procreazione e della famiglia, il ruolo della donna. Accusata di difendere e lodare un’immagine nazista della donna, la Herman venne subito licenziata dalla Ndr, la rete televisiva per cui stava lavorando. Da quel momento è iniziata per lei una nuova vita, fatta di incontri pubblici e di libri. L’ultimo, Das Überlebensprinzip. Warum wir die Schöpfung nicht täuschen können (Il principio di sopravvivenza. Perché non possiamo tradire la creazione, Hänssler Verlag, Holzgerlingen 2008), è uscito alcuni mesi fa e, neanche a dirlo, sta facendo molto discutere la Germania.

Signora Herman, lei ha pubblicato di recente un nuovo libro e tiene frequenti conferenze. Dunque sembra proprio che il suo allontanamento dalla tv le abbia donato nuovo vigore e grande desiderio di comunicare.
Sì, ora sto davvero molto bene. Ho ricevuto molto aiuto, ho avuto persone fedeli al mio fianco, la mia famiglia, decine di migliaia di persone, in Germania e all’estero, mi hanno rinfrancata dimostrandomi il loro sostegno. Insomma, non sono stata lasciata sola al mio destino.

Dal momento in cui si è decisa a trattare il tema della maternità, in maniera diretta o indiretta sono stati scritti numerosi libri contro di lei. Per quale motivo si è ritrovata ad avere tanti nemici?
I miei libri hanno per tema la maternità, ma anche la femminilità, ovvio, visto che la maternità è un aspetto della femminilità. A noi donne contemporanee sono stati proposti modelli di femminilità diversi da quelli presenti in precedenza. Attraverso il sistematico cambiamento strutturale della società, giunto fino alla naturale attività lavorativa delle donne, è stata creata una nuova immagine di noi stesse, al quale certo tutte noi abbiamo fortemente contribuito. Questa nuova immagine di donna in attività non la si può più eliminare e tuttavia ci conduce sempre più lontano da quello che è uno dei nostri compiti essenziali: la maternità. Ad esso appartengono infiniti aspetti preziosi che dovrebbero tornare vantaggiosi per gli altri. Per i nostri bambini, per i nostri uomini, per tutti coloro che sono intorno a noi, e anche per noi. Alle donne sono concessi doni diversi rispetto a quelli affidati agli uomini, e questi doni sono irrinunciabili per la società. Doni come la capacità d’immedesimazione, l’intuito, la tenerezza e il disinteresse, un concetto quest’ultimo che il solo nominarlo oggi produce immediatamente rabbia in molte donne. I miei libri per molte di queste donne moderne rappresentano una sfida e per questo non perdono occasione per prendere la parola e scagliarvisi contro. Si tratta tutto sommato di una normale dinamica, in qualche modo prevedibile.

Alice Schwarzer il 4 maggio scorso ha ricevuto il Ludwig-Börne-Preis, un importante riconoscimento per la sua fervente attività femminista. Come valuta questo fatto? Rappresenta la definitiva vittoria del vecchio movimento femminista o piuttosto la fine del femminismo tedesco?
Il femminismo viene ancora celebrato da molti, ma è da tempo sotto gli occhi di tutti il dato del suo fallimento su tutta la linea. Vede, da oltre quarant’anni nel nostro paese si cerca di far arrivare più donne nelle posizioni dirigenziali, eppure non ci si riesce. Se circa trent’anni fa la percentuale delle donne con ruoli guida nella società era del 5 per cento, oggi non si arriva neppure all’8. Tanto più che la donna di oggi è lacerata, polverizzata, come mai prima. Se davvero, grazie al femminismo, ci fossimo avvicinate alla realizzazione del nostro destino dovremmo sentirci meglio, e non peggio, come invece accade. Il risultato sembra essere dunque diverso dalle aspettative. Ci si deve chiedere perché il femminismo finora non abbia potuto imporsi come fatto compiuto, e la risposta è facilissima: perché le donne un tempo non coltivavano alcuna marcata pretesa di potere (le normali eccezioni non fanno altro che confermare la regola). Seppur in tempi particolarmente difficili, anche oggi le donne desiderano avere figli. E nel momento in cui i figli arrivano, inizia a cambiare il modo di considerare tutto. Le priorità diventano quelle che privilegiano la famiglia, l’amore. Contro questo non può nulla neppure il più ostinato femminismo di questo mondo.

Che cosa pensa del cosiddetto “nuovo femminismo”? Che cosa ha a che fare con la salvaguardia della dignità della donna?
La dignità della donna ha molto sofferto, in Germania come in molti altri paesi. Di questo è certo responsabile anche il femminismo, così come ciascuna donna che oggi nella quotidianità decide frequentemente anzitutto per sé e per la propria carriera prima di pensare al bene altrui, rinunciando dunque alla responsabilità verso l’altro. Il femminismo vuol darci da bere che abbiamo una dignità solo se esercitiamo una professione capace di renderci indipendenti. Ma da cosa dovrebbe renderci indipendenti? In realtà esso ci separa dall’amore verso coloro che ci sono vicini ed essenziali: i nostri uomini, i nostri figli, i nostri genitori e da molto altro ancora. Anche perché il femminismo fa crescere nelle donne anche l’idea di una propria onnipotenza che facilmente si cerca di applicare nella prassi quotidiana. In definitiva ci porta fuori da noi stesse, dalla nostra interiorità, lontane dal riconoscerci così come siamo volute dalla creazione. Tutto questo è triste e nasconde fenomeni e conseguenze collaterali spesso tragici.

Lo scandaloso libro Territori umidi di Charlotte Roche solo in Germania ha raggiunto ormai le 500 mila copie vendute: in che senso lei è stata indicata come l’antagonista della Roche?
Non ho letto quel libro e non lo leggerò. Non mi interessa e trovo effusioni come quelle assolutamente inutili, fino ad essere dannose. So del contenuto solo per aver letto alcune recensioni e direi che si tratta di un significativo segno dei nostri tempi  il fatto che abbia così tanto successo.

Come valuta l’“altro femminismo”, quello di Necla Kelek, di Seyran Atefl, di Sonja Fatma Bläser e di Serap Çileli: persone impegnate nella difesa dei diritti di donne con origini turco-islamiche?
E\’
fondamentale che vengano definiti più precisamente i diritti delle donne. Lì dove viene minacciata la libertà della decisione personale e della vita, così come la si vuole determinare personalmente, è essenziale che si aiutino le donne nella difesa dei loro diritti naturali e conformi alla creazione, indipendentemente dal paese in cui esse vivano. Si tratta di un tema enorme che sottintende molti aspetti, un tema che non possiamo avere la pretesa di risolvere a tavolino. Se in questione sono le necessità e i diritti delle donne, devono essere le donne stesse a cercare, trovare e mettere in pratica le soluzioni. Conformemente alla loro mentalità, esse devono trovare la via verso la propria identità, che non può non essere in accordo con la cultura nella quale sono cresciute. E la politica deve sostenere le donne in questa loro ricerca.

Il suo ultimo libro contiene un colloquio con l’editore Friedrich Hänssler: che cosa intende con il «principio di sopravvivenza»?
Solo chi si muove nel contesto delle leggi definite da Dio creatore, solo chi le riconosce e a loro presta attenzione viene avvantaggiato nel senso da Lui voluto. Chi vi si contrappone viene infine annientato da quelle stesse leggi che lui trasgredisce, poiché quelle leggi funzionano con assoluta precisione, sono assolutamente affidabili, nel bene come nel male. Tutto questo è nella Bibbia: tu raccoglierai ciò che hai seminato. E questo va riferito a tutto ciò che chiamiamo vita: alla propria identità, alla famiglia, al lavoro, alla salute e all’amore.

Intende questo quando sostiene che «non possiamo ingannare la creazione»?
Esattamente. Mia madre mi diceva sempre: «Tutti i nodi vengono al pettine». Aveva ragione. Anche se noi difficilmente riusciamo a immaginarcelo, è vero che Dio vede tutto: il suo mulino macina lentamente, ma è assolutamente affidabile. Chi riconosce questo prenderà le proprie decisioni sulla vita con maggiore circospezione. è bene che sia così.

Come giudica l’attuale politica familiare del ministro federale per la Famiglia, la signora Ursula von der Leyen?
Il nostro ministro appartiene alla Cdu, un partito che dovrebbe essere caratterizzato, stando al suo nome, dal termine “cristiano”. Chi cerca tuttavia di far credere con ostinazione alla popolazione di questo paese che il bene della società consista nell’organizzare il prima possibile all’esterno della famiglia la vita dei bambini più piccoli, così che le donne possano recarsi al lavoro il prima possibile per guadagnare soldi, ebbene chi opera in questo modo ignora un elemento decisivo, cioè che attraverso questo tipo di sviluppo le famiglie vanno sempre più frequentemente in frantumi e ai bambini viene sottratto il fondamento della loro fiducia e della loro autocoscienza, come pure la facoltà di stabilire vincoli, necessaria per la loro vita futura. Questo non è certo un contributo cristiano, anzi, esso favorisce e antepone a qualsiasi altro valore il materialismo e la mentalità consumistica. Il ministro si è assunto molta responsabilità e dopo aver preso, come ha fatto, pesanti decisioni legislative enormemente danneggianti le famiglie c’è da chiedersi come potrà giustificare tutto questo nel momento in cui si troverà al cospetto di Dio.

Che cosa pensa di papa Benedetto XVI, in particolare del suo insegnamento sul rapporto tra fede e ragione?
Benedetto XVI è molto coraggioso e dice spesso cose che oggigiorno in molti vorrebbero non sentire. è fondamentale che egli trasmetta una tale sovranità. Questo è tanto più importante perché oggi sono in molti ad essere fortemente insicuri a riguardo della propria personale posizione nel mondo. Fede e ragione: è una questione sulla quale si riflette da millenni. Il papa cita Giovanni e il prologo al suo Vangelo, che inizia con le parole: «In principio era il logos». Così vengono intesi Dio e le sue leggi perfette. Dio opera usando il “logos”, dice il Papa, e il “logos” è insieme ragione e parola, una ragione che è creativa e che può comunicarsi, proprio in quanto ragione. Ogni uomo ragionevole dovrebbe dunque riconoscere le leggi della creazione e attenersi ad esse. L’altro aspetto importante è l’amore, il Suo amore infinito e misericordioso verso noi uomini. E quest’amore onnipotente è solo di Dio. Lui, il Creatore, Lui che ha pensato a noi uomini più che ad ogni altra cosa: nulla può indirizzarci a Lui, se non il riconoscerlo. E questo non è possibile attraverso la sola ragione, piuttosto attraverso la verifica del suo messaggio, dei suoi comandamenti e delle sue leggi, per esempio di quella della semina e del raccolto, come ho già ricordato. Ogni uomo sa che non può commettere un’ingiustizia e non gli è consentito di fare del male ad un altro uomo. E sa anche che la soddisfazione e la pace ci sono concesse solo quando possiamo perdonare l’altro.